La campagna elettorale per le presidenziali negli USA è entrata nel vivo. Naturalmente, la cosa è inevitabile, siamo a un mese e mezzo da martedì 3 novembre, quando si voterà per riconfermare Donald Trump alla Casa Bianca, oppure sostituirlo con Joe Biden. Da una parte e dall’altra si fanno comizi – più che altro a distanza, data la particolare situazione del momento, con la morsa del nuovo coronavirus ancora salda – e si è messa in moto la macchina degli spot e della promozione sui social.

Accanto ai due candidati presidenti, naturalmente, vi sono i due vice, coloro i quali assieme a loro compongono il cosiddetto ticket presidenziale. Trump correrà con Mike Pence, già suo vice dal 2016 (sfuma così la possibilità di proporre Nikki Haley, ex governatrice del South Carolina ed ex rappresentante USA presso le nazioni Unite, di cui si era parlato come figura papabile) mentre con Biden si è candidata Kamala Harris, governatrice della California e una delle prime a ritirarsi dalle primarie dem dello scorso inverno.

Joe Biden e Kamala Harris a Houston, 12 settembre 2020. (AP Photo/David J. Phillip)

L’approccio Harris

Tutto è politica. Ora più che mai, dato che la campagna elettorale è, a questo punto, senza più nessuna esclusione di colpi. Se Joe Biden si presenta come il veterano – ha infatti 78 anni e nella sua vita, a parte gli inizi come avvocato difensore d’ufficio, ha sempre fatto politica – la figura affidabile e su cui puoi contare in quanto è un politico di professione a tutti gli effetti, nel bene e nel male, Kamala Harris vuole tentare un approccio più informale, per attirare anche qualcuno di quei giovani che, pur costituendo una costola importante del Partito Democratico, hanno ben poco da spartire con Biden.

L’ex vicepresidente di Barack Obama, infatti, è una figura piuttosto lontana dai giovani, non incarna affatto i valori e gli ideali di quella sinistra che stringe l’occhio al socialismo sbandierata da Bernie Sanders e, soprattutto, dalla sua ideale delfina, Alexandria Ocasio – Cortez, fortissima tra gli under-40. Se la parabola politica del radicale governatore del Vermont appare conclusa – Sanders è stato sconfitto in due primarie consecutive – quella di AOC non è che agli inizi. A Milwaukee, durante la convention democratica, la rappresentante del Bronx, la quale formalmente appoggia Biden senza remore, non ha mai nominato il candidato presidenziale, sebbene abbia più volte ringraziato Sanders per il suo impegno e la sua grinta. Bernie ha un esercito di giovani elettori alle spalle, se Biden non sarà in grado di conquistarli, le sue possibilità di trasferirsi a Washington saranno risicate.

In che cosa consiste l’approccio Harris? Per quale motivo potrebbe fare breccia tra i giovani? Le ragioni sono svariate. Innanzitutto c’è il fatto di essere afroamericana. Numerosi giovani hanno popolato in questi mesi le strade delle città americane protestando al grido di Black Lives Matter, le vite dei neri contano, un movimento che Harris, così come tutto il suo partito, hanno appoggiato in pieno, schierandosi apertamente al fianco di chi protestava. Siamo ancora ben lontani dal Black Renaissance che pensatori e intellettuali di colore auspicano da tempo; eppure qualcosa sembra si stia finalmente muovendo. Nessuno, tra gli altri componenti dei ticket presidenziali, può rappresentare l’ottica BLM meglio della governatrice della California. Ora, molti tra i miei lettori staranno già pensando che una procuratrice distrettuale, la quale siede al Congresso USA, abbia poco da sentirsi discriminata e trattata come una cittadina di serie B. Almeno, però, Harris può fare suo il disagio di chi protesta, ripensando alle discriminazioni che subì da bimba. Biden, Trump e Pence non possono certo dire lo stesso.

In secondo luogo, c’è la sua dialettica. Harris è una donna diretta, non ama nascondersi dietro un registro oratorio politico, lontano dalla gente comune. Tutt’altro. Carismatica, la candidata è solita essere molto chiara, sa farsi capire e la sua reputazione di persona forte e determinata, assieme a quella di vincente (ha vinto tutte le elezioni cui ha preso parte fino ad oggi), affascina molto quei – tanti – giovani che sono in cerca di modelli di ispirazione e di vita.

E in terzo luogo, ci sono le sue scarpe.

Kamala Harris ai tempi della campagna per le primarie democratiche (Ap Photo).

Una campagna elettorale in sneakers

Si, l’ultimo punto può lasciare interdetti. Eppure anche le scarpe possono parlare. Il nostro look, i vestiti che indossiamo, gli accessori con cui ci agghindiamo, dicono davvero molto di noi. Gli studiosi di linguaggio non verbale – fondamentale in politica – ci insegnano che l’apparenza ha un potere enorme nei confronti della persona con cui ci dobbiamo interfacciare. Se mi presento in pubblico con sandali, pantaloncini sportivi e una maglietta larga e slavata, ho una credibilità. Se lo faccio in giacca e cravatta, con un completo ben stirato e scarpe da cerimonia lucide che mi ci posso specchiare, ne ho un’altra. Posso poi dire le stesse identiche cose in entrambi i contesti ma non otterrò certo lo stesso risultato. I primi secondi sono importantissimi: il biglietto da visita che lasciamo all’interlocutore si ricorda meglio di qualunque cosa diciamo.

Kamala Harris utilizza fondamentalmente due diversi tipi di scarpa. Le celeberrime décolleté a punta indossate praticamente da ogni donna che abbia mai contato qualcosa a Washington – indispensabili per entrare nella Camera del Congresso, il cui dress code è davvero severo – oppure delle sneakers. Non “delle” sneakers, “quelle” sneakers. Harris ha una marca preferita, dalla quale è praticamente ossessionata: le Converse All – Stars Chuck Taylor. Durante la campagna elettorale le ha sfoggiate spessissimo.

Foto: Footwearnews.com

Che la governatrice adori queste sneakers è risaputo da ben prima della campagna vicepresidenziale. Harris non ha scelto di presentarsi in questo modo soltanto adesso, lo fa da anni. “Corro sempre da un aeroporto all’altro e le mie scarpe da ginnastica Converse sono ideali. Ho un’intera collezione di Chuck Taylor: bianche, in pelle nera, adatte al caldo, adatte al freddo e che si abbinino bene con un tailleur pantalone.” Confessò la candidata alla rivista The Cut nel 2018, in un intervento poi ripreso da La Stampa. Se si passano in rassegna le sue apparizioni pubbliche, si può facilmente verificare questa affermazione – oltre a farsi una buona idea dei modelli proposti dal produttore, entrato nel 2013 nell’orbita di Nike. Kamala Harris ha indubbiamente del talento nell’abbinare la scarpa a qualunque cosa: blazer, tailleur, giacca di paillettes? Nessun problema, la governatrice possiede una Converse adatta ad ogni occasione: è questo quel che si intende quando si parla di sneakers culture. Se alla casa servisse un testimonial per le sue pubblicità, forse lo ha trovato.

La scarpa, veicolo di propaganda

Partendo dal presupposto che l’abito faccia, a tutti gli effetti, il monaco – diversamente da quel di cui ci vuole convincere la saggezza popolare – le sneakers di Kamala Harris possono avere un effetto davvero positivo sui giovani elettori democratici, i quali probabilmente si sentiranno più empatici con una 55enne giovanile e vestita come loro, che con un quasi 80enne che appare sempre nel suo elegante – e troppo costoso – completo sartoriale com’è Biden.

Le Converse non sono solo un curioso dettaglio di moda, poco interessante a chiunque non si curi di moda, bensì sono pietra angolare del momento culturale che stiamo vivendo, in quanto hanno un grande potere perché rappresentano un guanto di sfida lanciato ai vecchi concetti di femminilità. Per dirla con Elizabeth Semmelhack, autrice di Sneaker X Culture: Collab: “Le sneakers sono l’equivalente sartoriale della disponibilità a rimboccarsi le maniche.” In questo modo, indossando scarpe da ginnastica, Harris fa passare il messaggio di essere una donna pronta all’azione. Inoltre, le Converse sono l’abbigliamento più politically correct possibile: il loro prezzo non supera i 65 dollari, sono totalmente unisex, uguali da sempre, indossate da tutti e in grado di valorizzare chiunque, poiché non stanno male a nessuno. Un’altra grande fan delle Chuck Taylor, la quale è solita acquistare i modelli in edizione limitata, si chiama Michelle Obama. Queste sneakers porteranno a Kamala Harris la stessa fortuna che hanno donato alla ex first lady?

Di Mattia Mezzetti

Mattia Mezzetti. Nato nel 1991 a Fano, scrive per capire e far capire cosa avviene nel mondo. Crede che l’attualità vada letta con un punto di vista oggettivo, estraneo alle logiche partitiche o di categoria che stanno avvelenando la società di oggi. Convinto che l’unica informazione valida sia un’informazione libera, ha aperto un blog per diffonderla chiamato semplicemente Il Blog: http://ilblogmm.blogspot.it.

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