A volte sembra che la Le Pen (e quelli come lei) stia lì a interpretare il ruolo del lupo cattivo, affinché al momento decisivo si possa dire al popolo: attento a chi voti, sennò arriva il lupo cattivo.

Essendo alieno da suggestioni complottiste, non penso ovviamente che la Le Pen sia pagata per fare la Le Pen, ma è certo che se non ci fossero quelli come lei bisognerebbe inventarli, poiché costituiscono l’elemento necessario per rendere digeribile ciò che altrimenti ti rimarrebbe sullo stomaco.

Ora, premesso che la logica del meno peggio in politica, e non solo in politica, è sacrosanta, essendo sempre preferibile portare a casa un sia pur modesto risultato piuttosto che restare a mani vuote, e premesso pure che il ruolo del “peggio” la Le Pen (e quelli come lei) lo interpreta egregiamente, si tratta di verificare nella fattispecie se l’alternativa al peggio presentata come meno peggio sia effettivamente tale.

Difficile sostenere che lo sia per i ceti medio-bassi la sua politica economica, perché dietro i modi affabili di questo presidente, che sembra costruito al computer come un eroe virtuale, c’è la cultura del neoliberismo e della deregolamentazione, che proprio sui meno abbienti ha fatto pesare i suoi effetti.

Ma anche per quanto riguarda la difesa dei valori della République, qualche dubbio viene. A quanto risulta, infatti, le divergenze con Hollande furono dovute al fatto che Macron giudicasse il jobs act francese troppo poco “coraggioso”, non all’indignazione per le scelte dell’ex presidente di conferire la legion d’onore al principe saudita o di andare a offrire armamenti al regime egiziano approfittando della crisi diplomatica col nostro paese dovuta al caso Regeni. L’impressione è piuttosto che il neoeletto, come molti di coloro che esultano per la sua vittoria, sia sì un difensore di quei valori, ma solo a condizione che non disturbino gli affari.

Paradossalmente, ma non troppo, direi che Macron presidente (presidente, non persona) è peggio di Le Pen. Perché se la vittoria della leader del FN avrebbe potuto forse mettere l’opinione pubblica di fronte alla deriva di valori in atto nelle società europee, rendere tangibile la direzione verso la quale stiamo andando, scuotere in qualche modo la gente dal torpore post-moderno nel quale ormai un’opinione vale l’altra, generare un barlume di nuova coscienza civile e spingere la sinistra a mettere in campo un progetto valido e convincente, nonché una nuova idea di Europa, la vittoria di Macron rappresenta di fatto il rilancio di questa Unione Europea.

Lo spettro, però, rimane all’orizzonte, visto che il mondo dal quale proviene Macron non è quello che ha combattuto il diffondersi del virus Le Pen, bensì quello che l’ha prodotto. La leader del FN esce più forte da questa sconfitta, avendo raddoppiato i voti rispetto al padre in termini assoluti e in percentuale (senza contare un 25% di non votanti e un 10 di schede bianche), e, cosa peggiore, ne esce legittimata come alternativa, avendo ormai scalfito il cosiddetto front républicain. La vedremo ripresentarsi puntuale tra cinque anni, mentre le prospettive per il fronte progressista saranno quelle di continuare ad abbassare l’asticella ed accontentarsi.

Di questo passo, finirà che bisognerà applicare la logica del meno peggio anche quando la scelta sarà tra Marine Le Pen e la nipote, ancor più fascistoide di lei.

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Di Giovanni

"Trascorsi nell'antico Pci, ho lavorato in diverse regioni italiane e all'estero (Francia, Cina, Corea), scrittore per hobby e per hobby, da qualche tempo, ho aperto anche un blog ( quartopensiero ) nel quale mi occupo, in maniera più o meno ironica, dei temi che mi stanno a cuore: laicità, istruzione, giustizia sociale e cose di questo tipo."

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