Erano gli anni del confronto nucleare tra Stati Uniti e Unione sovietica, gli anni della paura della bomba. La situazione rimane in equilibrio, anzi la pace è garantita proprio da questo equilibrio muscolare, ma un giorno a una flotta di bombardieri americani viene emanato l’ordine esecutivo di dirigersi verso le basi russe e di attaccarle. Quando ci si rende conto che non è più possibile annullare l’ordine di attacco fatto scattare dal generale Ripper, il presidente Muffley convoca nella war room i generali e i suoi consiglieri più fidati e, a sorpresa, l’ambasciatore De Sadeski. Molti militari sono contrari al fatto che il rappresentante del paese nemico sia lì, ma Muffley si impone e chiama al telefono il premier Kisov, con cui concorda di abbattere gli aerei americani prima che raggiungano i propri obiettivi in Unione sovietica. Sembra che questo scambio di informazioni, assolutamente irrituale, riesca a bloccare l’attacco e quindi a salvare il pianeta, ma un aereo riesce comunque a sganciare il proprio ordigno sulla base di Laputa. Naturalmente nulla di tutto questo è mai accaduto veramente; fosse successo, non saremmo qui a raccontarlo. Sapete che si tratta di un film, del capolavoro di Stanley Kubrick Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba.

Ho raccontato questa storia come fosse vera – e forse è più vera di molte notizie che leggiamo quotidianamente sui giornali – perché in questi giorni un altro presidente degli Stati Uniti, a dire il vero molto diverso da quello interpretato da Peter Sellers, è accusato di aver fornito informazioni riservate, se non addirittura segrete, alla Russia, che non è più l’Unione sovietica, ma è pur sempre una potenza concorrente, anche se forse non la più temuta da Washington: è cambiato parecchio il mondo in questi cinquant’anni.

Devo dire che è piuttosto ipocrita l’atteggiamento degli avversari di Trump. I governi da sempre si scambiano informazioni riservate, vere e false, segreti veri, facendo finta che siano falsi, e segreti falsi, facendo finta che siano veri. E si scambiano tutte queste informazioni anche se sono nemici, perché magari servono per combattere contro un nemico di entrambi o contro qualcuno che potrebbe diventare un nemico. Teoricamente Stati Uniti e Russia adesso dovrebbero combattere come alleati contro i terroristi islamici e quindi dovrebbe essere normale questo scambio di informazioni segrete. Ma forse nessuno di loro ha troppa voglia di far sapere all’altro quali sono i terroristi “amici”. Anzi meno si combatte con le armi, anche se donne e uomini continuano a morire in tutto il mondo a causa delle guerre, più si combatte per e con le informazioni, perché da sempre sapere è potere.

Non ho alcuna stima né di Trump né di Putin, anzi credo che entrambi abbiano molto meno potere di quanto vogliano farci credere o di quanto forse loro stessi credano di avere. Sono altri, in altri luoghi, che decidono che guerre fare, contro chi e con quali obiettivi, e che soprattutto decidono che informazioni possono essere scambiate e soprattutto quali possono arrivare fino a noi. Ci sono segreti ben custoditi, a cui non accedono né il presidente degli Stati Uniti né l’autocrate che siede al Cremlino, ma che sono gelosamente custoditi in qualche grattacielo di Wall street o in qualche luogo ancora più anonimo.

Era un mondo che faceva paura quello raccontato da Stanley Kubrick, era un mondo sempre sull’orlo del precipizio, un mondo che poteva essere distrutto da un generale impazzito perché diventato impotente o da un ragazzino entrato con il suo computer nel “cervellone” del Pentagono. Ma era anche un mondo più semplice, in cui si sapeva da che parte stare e in cui la politica aveva un peso: se i leader degli Stati Uniti e dell’Unione sovietica si parlavano e si mettevano d’accordo, magari scambiandosi qualche reciproco segreto, qualcosa poteva cambiare. Quando Trump e Putin si incontreranno, chi decide davvero, chi decide per loro, saprà già contro chi sarà la prossima guerra, a quanto si venderanno le armi e le materie prime necessarie per l’industria bellica, quanto guadagneranno da quel conflitto. E noi, che siamo le vere vittime di questa guerra, la guerra di classe contro i poveri, contro i lavoratori, possiamo far finta che ci siano segreti da svelare, mentre è tutto così chiaro, tutto sotto i nostri occhi.

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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