Valore è una parola difficile da definire, ma forse è meglio così, perché dovremmo parlarne meno: i valori bisognerebbe soprattutto metterli in pratica.
Prima di tutto credo occorra dire che non esistono i valori tradizionali, che pure per tante persone paiono fondamentali e grazie ai quali sono state create carriere e fortune. La tradizione è qualcosa che creiamo noi, giorno dopo giorno, e spesso non dura da sera a mattina. E’ rassicurante pensare che i nostri sbagli derivino da quelli dei nostri genitori, dei nostri nonni, e ancora più in là, ma prima o poi dobbiamo prenderci una qualche responsabilità e accettare che la tradizione siamo noi, con tutti i nostri limiti.
Personalmente credo che non esistano neppure i valori della civiltà occidentale, anche questi molto celebrati. Ho perfino qualche remora a definire cosa esattamente sia questa civiltà occidentale, anche se in suo nome stiamo combattendo guerre in diverse parti del mondo. Provo a fare qualche esempio banale, preso dalla cronaca di questi giorni. Vietare a una persona di girare per strada armato di un lungo coltello è un modo per difendere questi valori occidentali? No, è semplicemente – anche se nulla è mai semplice – il criterio per applicare una legge – peraltro di buon senso – che impedisce alle persone di andare in giro armate. Non è un valore, anche perché immagino che in altri paesi – ad esempio gli Stati Uniti, che penso possiamo definire un paese occidentale o che comunque si considera tale – quell’uomo potrebbe andare tranquillamente in strada con il suo lungo coltello rituale, così come chiunque altro può tenere armi da fuoco; e usarle perfino. Dobbiamo forse invadere gli Stati Uniti per portare in quel paese il divieto di portare armi? Sembra che per alcuni popoli la forza sia l’unico criterio pedagogico e infatti siamo andati in giro a insegnare la democrazia, ma non credo sia il caso.
E i valori universali? Tendono a cambiare anche questi e quindi faccio un po’ fatica a considerarli tali. Sapete quanto io ami la Grecia antica, credo che quel mondo ci insegni tantissimo. Vedo spesso citato, con tutte le migliori intenzioni, il celeberrimo discorso che Tucidide fa pronunciare a Pericle nell’occasione solenne del ricordo dei caduti ateniesi durante il primo anno della guerra del Peloponneso. Tanti considerano quel discorso un manifesto politico della democrazia. Verissimo, lo è ed è un manifesto della civiltà occidentale da voi tanto decantata, ma vorrei sommessamente ricordare che per Pericle la schiavitù era una cosa normale. Atene era una democrazia con gli schiavi: una cosa adesso inconcepibile. Non che la schiavitù oggi sia sparita, ma si esercita sotto altre forme.
So che adesso molti di voi penseranno che questo è il solito discorso “buonista”, perché finendo per non riconoscere i “nostri” valori finisco per accettare i “loro”, e soprattutto quelli di quegli “altri” là, quelli con cui ci dicono che siamo in guerra. Io non mi considero “buonista”. Anzi spero di essere sempre più “cattivo”, ma soprattutto verso di noi, perché a essere cattivi verso gli altri, verso quelli che non conosciamo, sono capaci tutti, è piuttosto facile, mentre tendiamo a essere indulgenti verso chi conosciamo. Invece proprio perché vi conosco bene, non vi sopporto.
Faccio un altro esempio, per essere pedagogico. Condanno le società in cui le donne non sono libere di studiare, di lavorare, di esprimere i propri talenti, ma non posso pensare che la nostra società, con i suoi supposti valori, sia un modello. Ovviamente se avessi una figlia preferirei che crescesse in Europa piuttosto che in Arabia saudita – lo preferirei anche per un ipotetico figlio maschio – ma penso con dolore a una società come la nostra in cui una è donna è considerata quasi esclusivamente per il suo aspetto, in cui una ragazza ha meno opportunità di un suo coetaneo maschio, anche quando è più intelligente, in cui il corpo delle donne è uno strumento per vendere e creare ricchezza. Non capisco perché dovrei combattere per far togliere il velo alle donne musulmane per poi costringerle a una nuova forma di schiavitù, non meno odiosa di quella da cui le potremmo aver liberate.
Certamente un giovane che cresce nella “loro” cultura perde enormi opportunità, conosce un sistema di valori malato, asfittico, per molti versi crudele e ingiusto, ma quando quel giovane arriva qui che valori gli facciamo conoscere? Con che valori cresciamo i nostri figli? Gli insegniamo che l’unico vero valore a cui teniamo davvero è quello di possedere, le cose e le persone, gli insegniamo che una persona vale per quello che consuma e che quando smette di consumare può essere gettato, gli insegniamo che il potere ci vuole sfruttati e consumatori e che anche lui, per essere “occidentale” come noi, dovrà diventare sfruttato e consumatore.
Questo è il vero karma di noi occidentali e comunque vada panta rei and singing in the rain.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…