Prosegue sulla stampa italiana il processo di “reductio ad Hitlerum” per Nicolas Maduro
di Omar Minniti
Puntuali, come per ogni leader antimperialista o di un paese sovrano che si rispetti, arrivano le “prove” per alimentare il processo di “reductio ad Hitlerum” per Nicolas Maduro, presidente del Venezuela bolivariano. Dopo i “campi di sterminio per gay in Cecenia” di Putin ed i “forni crematori” di Assad, ecco le “camere a gas mobili” della dirigenza socialista di Caracas. Ormai all’appello mancano solo gli “esperimenti genetici sui gemelli” di Duterte e l’istituzione dei “Kapò”, da attribuire all’Evo Morales o al Lenin Moreno di turno.
La Repubblica non è affatto nuova a fake news sul Venezuela. E’ il collettore privilegiato della peggiore propaganda smistata dai gruppi più facinorosi dell’estrema destra anti-chavista. Gruppi la cui strategia golpista e terrorista si è esplicitata da anni, ma ha raggiunto l’apice negli ultimi mesi, con azioni sempre più violente ed eclatanti contro il legittimo governo venezuelano. Sull’edizione online di oggi, il quotidiano diretto da Mario Calabresi propone un articolo con foto ed un video con l’intento di dimostrare l’utilizzo, da parte della polizia di Caracas, di un camion frigorifero riempito di gas lacrimogeno, in cui sarebbero stati rinchiusi degli studenti fermati dopo intensi scontri.
Secondo La Repubblica, che cita solo fonti unilaterali di esponenti dell’opposizione, “una quarantina di studenti universitari sono stati fermati mentre si dirigevano verso la sede del Consiglio nazionale elettorale. Gli scontri con la polizia sono iniziati con lanci di pallettoni di gomma. Poi, dopo aver rubato zaini e telefoni cellulari, i poliziotti hanno caricato i ragazzi su un camion e prima di chiudere il portellone del mezzo hanno esploso un candelotto lacrimogeno al suo interno”. Intanto va chiarito che le suddette persone oggetto di fermo erano dei manifestanti tutt’altro che gandhiani e pacifisti. Lo stesso video si apre con le immagini degli scontri, in cui si vedono decine di oppositori a viso coperto, con caschi e scudi, armati di mazze e fionde ed intenti a lanciare pietre, bombe molotov ed ogni altro genere di oggetto contro le forze dell’ordine. Poi, per quanto riguarda gli zaini ed i cellulari sequestrati (non rubati, come scrivono i Goebbels di Repubblica), non risulta che le polizie di altri paesi applichino procedure differenti nei confronti di persone fermate o arrestate in flagranza di reato.
Ma veniamo all’accusa di aver rinchiuso quei presunti studenti dentro un camion, nel quale poi sarebbe stato esploso un candelotto contenente gas lacrimogeno.
Il video, dal minuto 0.40 in poi, mostra l’ingresso dei fermati nel mezzo. Lo scenario è limpido, non c’è nessun fumo. Questo compare successivamente, nello spezzone ripreso da un’altra visuale, probabilmente tramite un telefono cellulare. Proviene dall’esterno e non c’è alcuna immagine che dimostri lo sparo del lacrimogeno dentro il mezzo. Cosa che, tra l’altro, se fosse avvenuta davvero, avrebbe provocato feriti gravi, se non addirittura vittime, tra i fermati vista la distanza ravvicinata.
Numerose persone sono morte, in manifestazioni svoltesi in ogni parte del globo, per l’impatto con candelotti sparati anche da svariate decine di metri di distanza. Figuriamoci l’effetto che avrebbe provocato un colpo sganciato da soli 2 o 3 metri dal camion. Il fumo che compare nel video può risalire ad un lacrimogeno lanciato in lontananza, sul terreno degli scontri, oppure a qualche incendio appiccato dagli stessi manifestanti. Sta di fatto, che nessuna immagine mostra i fermati tossire e denotare gli altri tipici effetti dell’inalazione di quel gas. Che sarebbero stati ancora più evidenti, visto lo spazio ristretto e poco areato in cui si trovavano, con potenziali conseguenze letali.
Insomma, nessuna “Auschwitz mobile del nuovo Hitler Maduro”. Solo l’ennesima fake news delle opposizioni golpiste venezuelane, che ha trovato subito un megafono tra i “media liberi” italiani, con la solita Repubblica in prima linea.