Esiodo racconta che Zeus, volendo punire gli uomini per il fatto che Prometeo aveva rubato per loro il fuoco, mandò sulla terra Pandora, dandola in sposa a Epimeteo, il fratello meno intelligente di Prometeo. Pandora portava con sé un vaso che le aveva donato Zeus, ordinandole di non aprirlo. Naturalmente Pandora lo aprì e dal vaso uscirono la vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia e il vizio; quando la giovane donna si rese conto di quello che era successo cercò di chiudere il vaso, impedendo alla speranza di uscire. Solo più tardi, quando ormai i mali usciti dal vaso si erano diffusi nel mondo, Pandora lo riaprì e lasciò che anche la speranza uscisse.
Il mito è notissimo, l’espressione vaso di Pandora è diventata proverbiale. Questa storia è uno dei modi in cui gli antichi tentavano di giustificare il male nel mondo, dando la colpa a una donna, qui la curiosa Pandora che apre il vaso che non avrebbe dovuto aprire, in un’altra tradizione l’ambiziosa Eva che mangia la mela che non avrebbe dovuto mangiare. C’è una parte del mito che mi è sempre suonata un po’ strana: perché nel vaso in cui Zeus aveva stipato tutti i mali del mondo c’era anche la speranza? E allora come la dobbiamo considerare? Forse come un male?
Ho ripensato a questa storia e a questa contraddizione leggendo la storia di Charlie Gard, il bambino inglese affetto da una malattia molto rara, la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, che i medici considerano incurabile e che è destinato a morire. In questi giorni i genitori di Charlie si aggrappano a una speranza e si battono affinché Charlie non venga staccato dalle macchine che lo tengono in vita. Questa speranza, assolutamente comprensibile – ciascuno di noi che si trovasse nelle condizioni dei genitori di Charlie immagino avrebbe gli stessi pensieri – viene alimentata da chi si batte contro la decisione dei medici inglesi. Immagino che in alcuni casi chi alimenta questa speranza lo faccia in buona fede, che sia intimamente convinto di avere la possibilità di cambiare il corso delle cose. Temo che molti altri lo facciano per altri scopi, per averne un beneficio politico ed elettorale, per combattere la propria guerra santa contro l’eutanasia, per fare pubblicità alle proprie ricerche scientifiche. La speranza dei genitori di Charlie vale moltissimo, ma ha valore ovviamente solo fino a quando il bambino è vivo.
Non riesco a mettermi nei panni di quel padre né in quelli dei medici che devono prendere una decisione così terribile. Credo che questa storia avrebbe meritato il silenzio, che quel dolore avrebbe meritato il silenzio, ma ormai abbiamo visto che il vaso di Pandora è stato scoperchiato. E ho la terribile impressione che anche la speranza ne sia uscita e che sia un male tra gli altri mali.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…