Qualcuno sostiene che una maggiore comprensibilità popolare sul tema dello “ius soli” avrebbe agevolato la sua presentazione al Parlamento e la sua approvazione.
Non sono molto sicuro che questa tesi avrebbe trovato riscontro davanti alle intenzioni di tattica politica messe in essere dal governo in questa particolare fase di riposizionamento di tutte le formazioni partitiche e movimentiste.
Basta osservare come sia stata sfruttata la vicenda proprio per determinare distinguo da parte di forze di governo che intendono rendersi indipendenti da ogni rapporto col PD; da parte di forze di opposizione che vogliono mostrare delle vittorie che, in realtà, non hanno minimamente ottenuto poiché non hanno esercitato alcuna azione parlamentare per avere un successo su cosa? Sul rinvio o sulla bocciatura della legge sullo “ius soli”? Non si comprende ancora bene nemmeno la qualità della decisione assunta da Gentiloni che, su questo punto, pare in contrasto con Renzi il quale invece avrebbe voluto una approvazione della materia in questione già nel periodo estivo.
Le barricate parlamentari annunciate da Salvini, nel caso la legge tornasse (sarebbe meglio dire “arrivasse”) alla lettura e discussione delle Camere, sono francamente l’ultima preoccupazione. Il provvedimento era ampiamente insufficiente per essere classificato come una “conquista di civiltà” e di democrazia sociale. Tuttavia poteva essere una timida base di partenza per aprire un vero e proprio dibattito non solo parlamentare, ma sociale.
Questa nostra Italia, l’Europa intera, persino il mondo, hanno bisogno di più spazi di discussione per fare uno sforzo di comprensione – quindi di analisi e di studio – di problemi che solo in apparenza toccano esclusivamente coloro che ne sono in prima persona investiti. In realtà lo “ius soli” ci lambisce con durezza, con impeto, perché riguarda una visione differente dei parametri di convivenza che non siamo ancora pronti ad accettare, ad affrontare.
In pochi lustri, abbiamo visto le nostre città, il Paese intero cambiare volto: eravamo abituati alle migrazioni degli albanesi su quelle grandi navi che sembravano stare a galla in mare per un qualche non ben spiegabile miracolo divino, ed eravamo abituati alle migrazioni di un po’ di marocchini e tunisini.
Poi, con le celeberrime esportazioni della democrazia da parte dell’Occidente, l’immiserimento e la fame, la morte che avanzava virulenta, come un rullo compressore, ci hanno messo davanti a migrazioni incessanti: tanto dal Medio Oriente quanto dall’Africa. Ma abbiamo assistito anche a migrazioni che con la guerra, la fame, le carestie e le esportazioni della democrazia non hanno nulla a che fare: si tratta dell’aumento del numero degli asiatici tanto in Italia quanto in Europa. E la manifestazione più visibile di tutto ciò sono stati non soltanto il crescendo di aperture di ristoranti di sushi e di cucina cinese ma anche i negozi di merce indiana, di chincaglieria che è prodotto povero di un mercato che prova a sfruttare tutte le persone possibili, togliendo loro la dignità di poter magari trovare un lavoro che non sia semplicemente quello di vendere giocattolini “made in China” o “in Taiwan”.
Così, si continua a gridare all’invasione quando ci vengono mostrate le immagini dei migranti che muoiono o che sbarcano sulle nostre coste, ma non ci siamo accorti che nel pianeta è in atto davvero una globalizzazione dei consumi che porta ad una esportazione delle merci senza alcun bisogno di uno “ius soli”.
I mercatini rionali e cittadini sono ricchissimi di magliette, scarpe, jeans, di prodotti per l’igiene, di stereo e di apparecchiature telematiche a bassissimo costo: cinesi, ovviamente.
L’economia del gigante asiatico si fa spazio in Europa e domina in Africa con l’acquisizione di grandi società che vengono svendute: i dicendenti di Mao le acquistano e le rimettono sul mercato. Magari cambiano loro la ragione sociale ed economica, le trasformano in luoghi di produzione a bassissimo costo: lo sfruttamento degli africani avviene anche così…
L’economia di mercato non può avere scrupoli: sfrutta chiunque le venga a tiro. Paradossalmente, in ciò, è terribilmente “democratica” ed “egualitaria”.
Dunque, la vicenda dello “ius soli” è stata solo un esercizio di tattica parlamentare e governativa per darsi tempo nel cercare di capire come possa il governo tirare avanti ancora qualche mese insieme ad Alternativa Popolare di Alfano, mettendo però in imbarazzo chi nel PD pensa di poter ripetere di essere di sinistra per accreditarsi una contrapposizione con quelle destre che Berlusconi, Meloni e Salvini tenteranno di aggregare in vista della tornata elettorale del prossimo anno.
Mentre tutto ciò avviene, quella Cina sempre più vicina è una migrazione meno spaventosa: non arrivano barconi e gommoni di cinesi, visibili, tangibili, inquadrabili dalle telecamere così che il giornalista di destra di turno possa urlare all’invasione. Ma la loro economia arriva nel Vecchio Continente e investe nelle borse, investe nei mercati più piccoli: è la goccia che scava la roccia. Ma intanto, continuamo a farci spaventare dall’arrivo dei migranti da un continente che, economicamente parlando, non potrà – almeno per qualche decennio e più ancora – essere un concorrente della nostra sciagurata economia…