Sono di una generazione a cui hanno insegnato che quando ti dicono di sederti per il pranzo ti devi sedere, che non ti devi alzare da tavola senza motivo, che devi stare composto, che devi mangiare tutto quello che hanno preparato per te. Sono cresciuto sapendo che a tavola, come nel resto della vita, ci sono delle regole che devi rispettare. Poi magari quelle regole non ti piacciono e allora fai di tutto per cambiarle, ma questa è un’altra questione. Ho imparato queste regole che riguardano come si sta a tavola, sia in famiglia che a scuola.
Questa breve premessa per dire che io sono assolutamente convinto che la mensa a scuola sia un momento formativo importante, come l’insegnamento della matematica, e quindi che sono fieramente contrario al fatto che possa diventare un’attività senza regole, dove ogni alunno può portarsi da casa un panino o la gamella con le pietanze preparate da mamma e papà. E quindi non riesco proprio a considerare una battaglia per la libertà quella condotta da molte famiglie affinché i propri figli possano portare a scuola il pranzo, senza servirsi di quello preparato per tutti dalla mensa scolastica.
Però quelle famiglie pongono un problema, a cui credo occorra dare una risposta. Occorre fare un passo indietro. Alla fine del secolo scorso, quando facevo l’amministratore nel mio Comune, mi sono occupato per qualche anno di ristorazione scolastica, che è uno dei servizi gestito da questo livello di governo locale. E considero una mia sconfitta politica il fatto che in quegli anni abbiamo cominciato a considerare questi servizi meno importanti e abbiamo messo le basi allo sfacelo in cui si trovano oggi. Ovviamente non è successo solo a Granarolo, è una sconfitta collettiva, di cui tanti di noi portano un pezzo di responsabilità, più o meno grande. In quegli anni abbiamo cominciato a pensare e a dire che un servizio come la ristorazione scolastica non dovesse essere più a carico della fiscalità generale, ma dovesse essere pagato interamente dalle famiglie che ne usufruivano. E così di conseguenza abbiamo da un lato cominciato ad aumentare le rette e dall’altro, per non pesare troppo sui bilanci familiari, abbiamo cercato, spesso in maniera affannosa e confusa, di contenere i costi.
Una delle prime cose che abbiamo fatto è stata quella di ridurre il numero delle cucine: a Granarolo ne avevamo una in ogni plesso scolastico. Si trattava di cucine piccole, a volte non del tutto a norma, più simili a cucine di casa che a moderni centri di produzione pasti, e quindi questa scelta ci sembrava ancora più razionale. Poi abbiamo cominciato ad affidare pezzi del servizio ai privati, prima le sostituzioni del personale in caso di assenze temporanee e alla fine, man mano che il personale comunale andava in pensione, la gestione tout court del servizio, compresa l’attività di riscossione delle rette.
In quegli anni ci spiegavano da ogni parte che quello era l’unico modo per risparmiare, che dovevamo impostare i servizi tenendo conto delle economie di scala e soprattutto che il privato sarebbe costato meno del pubblico. Per inciso quando dico che il problema della sinistra in Italia non è renzi o il pd, ma quello che noi abbiamo fatto allora, mi riferisco esattamente a queste pratiche di governo, che erano condivise da tutti. Era come un mantra, ce lo ripetevano di continuo e anche noi cominciammo a ripeterlo, fino a quando ci convincemmo che era vero. E poi ci raccontavano la balla che avremmo mantenuto il controllo del servizio, solo cambiando funzione, passando da quella di gestori a quella di controllori. Non è vero, abbiamo lasciato che i privati, spesso – ulteriore mea culpa – i nostri “cugini” della cooperazione, di cui pensavamo di poterci fidare di più, facessero quello che volevano, riducessero la qualità dei pasti forniti e comprimessero, fino ad annullarli, i diritti dei lavoratori. E progressivamente, ma molto rapidamente, gli amministratori pubblici sono passati da gestori non a controllori, ma a punching ball dei privati, che potevano preparare pasti sempre meno buoni e sempre più cari, sapendo che le lamentele sarebbero ricadute sui sindaci e sugli assessori, il cui unico compito rimane quello di prendersi la colpa.
La proposta di legge del pd che vieta alle famiglie di dare il pasto ai propri figli completa questo percorso, cominciato ormai quasi trent’anni fa. E’ la resa definitiva del pubblico al privato: se vuoi mangiare a scuola devi pagare e far guadagnare i privati che gestiscono il business. Da un certo punto di vista fanno bene i genitori a opporsi a questa legge, ma temo che le conseguenze saranno peggiori. Per molti bambini il pasto a scuola è fondamentale, è spesso l’unico pasto equilibrato da un punto di vista nutrizionale. I panini sono buoni, piacciono ai bambini, ma una dieta di panini non è l’ideale per una piccola persona che deve crescere. Poi la mensa è a suo modo democratica, perché tutti mangiano le stesse cose, quando non ci sarà più, il panino del figlio dei ricchi sarà più grande e più farcito di quello del figlio dei poveri, magari questo sarà più sano, ma vallo a spiegare a tuo figlio che lui non può mangiare tutti i giorni il prosciutto.
E allora facciamo una battaglia per la mensa scolastica, pubblica e a carico della fiscalità generale: questa sì che è una cosa di sinistra. Riparate ai danni che noi abbiamo fatto e lottate affinché tutte le bambine e tutti i bambini possano mangiare a scuola, cibi di qualità e nutrizionalmente equilibrati, cucinati da personale professionale, regolarmente assunto e pagato di conseguenza, e con un costo sostenibile per tutte le famiglie, anche quelle più difficoltà. I vostri figli impareranno a stare a tavola e che valore ha stare a tavola con gli altri.

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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