Quando il caldo si fa duro e c’è la caccia ai saldi, generalmente l’alzataccia è di rigore in modo da essere sul posto all’apertura.

Palermo non fa eccezione e le temperature italiane da Torino in giù confermano. A parte qualche mitragliante grandinata e qualche diluvio dilagante lo conferma anche la secca del Po.

Palermo è una gran bella città, poliedrica, multietnica, stravagante, colpevole anche di atti imperdonabili e vili come quello commesso ai danni dell’effigie di Giovanni Falcone in una scuola a lui e a Paolo Borsellino intitolata e dove è particolarmente curata la cultura illuminante della legalità e della memoria di quanto Giovanni Falcone ha fatto non solo per la Sicilia ma per l’Italia e il mondo. Ne fa testimonianza l’uso adottato da ogni tipo di investigativa del suo metodo contro la criminalità organizzata.

Che a Palermo a cavallo tra due date il 23 maggio e il 19 luglio si sia potuta usare la testa della statua di Giovanni Falcone per farsi strada all’interno della scuola è abbassante nei confronti della dignità e del pensiero dei palermitani che continuano a portare avanti quanto egli ha iniziato. E tutto quello di cui ha lasciato il segno. I suoi atti lo seguono, parafrasando il titolo di un libro. E devono essere seguiti dalle persone di buona volontà, degne di chiamarsi esseri umani pensanti. Sono questi bruti incapaci di pensieri autonomi che ispirano ribrezzo, prezzolati, comprati, con un nulla, fieri del loro nulla che al nulla li conduce.

Gente indegna. Altri sono i segni che Arabi e normanni hanno lasciato Gli arabi ci hanno dato lo zero, senza il quale saremmo ancora in un mare di incertezze e molta architettura. E ancora : monumenti normanni e gotico normanni sorgono per ogni dove. Qui Ciullo D’Alcamo ha pensato e scritto per primo in italiano la sua poetica. Qui ha avuto inizio la nostra lingua italiana che molti oggi torturano.

Botteghe e bottegucce di spezie e pietre orientali riempiono la vista e penetrano le narici e ad un angolo appaiono belle donne in sari dai ricami d’oro su tessuti aerei e scintillanti, altre a capo coperto rigidamente abbigliate di nero e altre ancora vivacemente sottolineate da abiti ridondanti di toni di colore acceso blu verde giallo arancione.     Gli uomini si accontentano di abiti quasi sempre occidentali. Non hanno regole rigide da osservare, le donne, se pure una minoranza, sì. Questa è via Maqueda, si può pronunciare alla spagnola o all’italiana non fa differenza, forse un lieve snobismo sottolinea la discendenza da chi la tracciò, Bernardino de Cardenas duca deQuemada, vicerè di Sicilia. Via Maqueda ha una storia antica. I quattro canti di citta, i quattro canti di campagna, quadrivi formati dal suo incrocio con altre strade e, agli angoli dei palazzi che delimitano i canti, statue che rammentano gli omenoni di Milano

 

 

Una strada costituita di nobili palazzi che è andata via via decadendo come i suoi proprietari, gli abiti di broccato si sono sfilacciati,le facciate sgretolate, gli ampi portali fatiscenti danno su cortili favolosi ornati di loggiati maestosi e leggiadri e precari a seconda dell’origine dell’architettura e del trascorrere del tempo. Nobili e decaduti. Cadenti. Poco più avanti la fontana della vergogna, così denominata per via della nudità delle statue e dove troneggiano i quattro fiumi di Palermo, Oreto Papireto, Gabriele e Maredolce, scolpita in marmo di Carrara, destinata al giardino di una villa fiorentina e dopo alterne vicende acquistata dalla città di Palermo.

Foto 4

L’antefatto per spiegare l’inspiegabile : il fascino che Palermo esercita.

Calura a oltranza, pochissima ombra, asfalto che manda arrosto piedi e gambe, il resto del corpo  è compito del sole grigliarlo. Palazzi e cortili che danno, si è detto su atri e cortili, di un bianco sporcato da secoli, piastrellato in modo oramai ondeggiante, ballano un cadenzato tip tap. Le mura dei cortili mostrano brecce e pietre crepate. Di ombra neanche l’ombra, ma c’è un cartello d’invito ad una mostra e, all’interno, il ricordo delle camere dello scirocco degli arabi e dei nobili, scavate nel tufo , nei sotterranei per dare agio e ristoro dalla calura. Le sale di esposizione sono quelle dell’archivio storico della città, si compenetrano, danno una nell’altra e sfociano nelle sale dell’archivio dalle pareti di legno lucidissimo, raggiunte da una  monumentale scala a chiocciola, alte più o meno quanto il palazzo con delle immense bacheche al centro dove sono esposti i documenti relativi al teatro :  Antiche locandine, piante disegnate e acquarellate di teatri, conteggi di spese, uno spartito di Donizetti manoscritto, ricordi del popolo palermitano e dei nobili accomunati nel divertimento : una mostra ormai chiusa ma che si può ancora visitare, incompleta. – “Teatri e vita musicale a Palermo (1750-1850). Testimonianze bibliografiche e documentarie”a cura di Eliana Calandra e Antonella Balsano.

 

 

Dal pieghevole : Attraverso l’esposizione di oltre un centinaio di documenti (tratti dal fondo Amministrazione teatrale dell’Archivio) e libretti d’opera (appartenenti al patrimonio della Biblioteca), la mostra offre uno spaccato sulla vita  dei teatri e della cultura musicale a Palermo in un periodo – a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento – ricco di fermenti e di grandi e piccole realtà teatrali – dal teatro Carolino, al S. Cecilia, ai teatri “effimeri” alla Marina, in un contesto di vivacità culturale che già preannuncia la felice stagione dei nuovi grandi teatri cittadini di fine Ottocento.

 

Si tratta di una documentazione originale preziosa per illuminare i diversi aspetti della gestione dei teatri, da quello relativo alla pubblica sicurezza, disciplinato da norme ben precise, a tutte le spese necessarie per la manutenzione delle strutture e la messa in scena delle opere; dai rapporti e scambi culturali con teatri nazionali ed esteri alle complesse e delicate dinamiche del rapporto tra impresari privati e amministratori locali.

 

E’ divertente notare molte analogie tra gli usi e i costumi di Palermo e di Roma, gare ippiche, nautiche, combattimenti, concerti di bambini prodigio, melodramma, commedie e tragedie, all’aperto o al chiuso;  folle che si accalcano – Piazza Marina come piazza Navona  se pure in tempi diversi.

 

La nostra guida, competente ed entusiasta,  Valentina  Di Fazio,indica i documenti di maggiore interesse, le curiosità, racconta la storia , si può dire, di ognuno.

Al suono della sua voce è come se i fogli prendessero vita si sentono le dita del ragazzo prodigio che pigiano i tasti del pianoforte, i piedi dei danzatori che battono sul parquet, i vestiti che frusciano mentre gli spettatori prendono posto, il denaro che cambia di mano al momento dell’acquisto dei biglietti, la penna intinta nell’inchiostro che traccia segni sul foglio dei rendiconti.

 

                                                                                                           

E “ sì, è permesso fotografare”.

 

Una mostra un po’ diversa.

 

 

A rivederci Palermo

Di Tracce

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