Uno dei suicidi collettivi prodotti dall’abusivismo e al conseguente condonismo, mali endemici dell’Italia della piccola e grande speculazione immobiliare. il Fatto quotidiano, 22 agosto 2017
«Nel maggio 2009 smantellato il primo abuso disposto dalla Procura di Napoli: da allora il “Comitato per il diritto alla casa” si batte con cortei e manifestazioni di piazza perché il terzo condono sia applicato anche all’isola. Che figura al 4° posto nella classifica degli ecomostri stilata nel dossier “Mare Monstrum 2017” di Legambiente»
Seicento case colpite da ordine di demolizione dal 2009, oltre 27mila “le pratiche di condono presentate dagli abitanti in occasione delle tre leggi nazionali”. E’ Legambiente a tracciare, nel dossier Mare Monstrum 2016, i contorni della piaga che da decenni divora Ischia: l’abusivismo edilizio. In una nota congiunta, i sei sindaci dei comuni dell’isola stravolta dal terremoto minimizzano e “deplorano le notizie false relative alle inesistenti connessioni tra l’evento sismico e i fenomeni legati all’abusivismo”, ma in attesa di capire le connessioni causali tra il sisma e i crolli, le cifre raccontano una realtà desolante. Nella classifica degli ecomostri stilata nel 2017 dall’associazione ambientalista, “quelli che in virtù della loro storia, del loro impatto sul territorio e della loro forza simbolica rappresentano meglio di altri la devastazione illegale e impunita”, le “case abusive dell’Isola di Ischia figurano al 4° posto dopo “gli scheletri di Pizzo Sella a Palermo, il villaggio di Torre Mileto a Lesina in provincia di Foggia, le 35 ville nell’area archeologica di Capo Colonna, a Crotone”.
Fu una battaglia, ma alla fine la prima delle 600 demolizioni disposte dalla Procura di Napoli arrivò: era il 16 maggio 2009. A finire sbriciolato fu un soppalcone in cemento e mattoni di 80 metri quadrati nella frazione Terone, comune di Barano. L’immobile era stato costruito nel 1998 e non aveva beneficiato del condono edilizio perché inattuabile sull’isola, area sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico. Il lunedì successivo gli allora sindaci dell’isola, più quello di Procida, si erano riuniti nella sede del comune di Casamicciola minacciando le dimissioni: “Vogliamo – spiegavano – richiamare l’attenzione del governo affinché il terzo condono edilizio (quello del 2003 varato dal governo Berlusconi, ndr) abbia efficacia sulle isole del Golfo di Napoli”. Dove secchio, cazzuola e betoniera sono gli strumenti di una redditizia liturgia praticata soprattutto nottetempo, che ha quasi del religioso e che ha eretto in 35 anni qualcosa come 135mila vani in calcestruzzo.
Il 25 luglio 2010 la protesta faceva un salto di qualità: in piena stagione turistica, il Comitato per il diritto alla casa riusciva a portare in strada un migliaio di persone in un corteo che, partito alle 19,30 da Lacco Ameno, si concludeva alle 23,30 a Piazza Antica Reggia nel Comune di Ischia, paralizzando per 4 ore il traffico e gli spostamenti di migliaia di turisti. Gli isolani erano furiosi perché il 23 marzo, a 6 giorni dalle Regionali, il governo Berlusconi li aveva sedotti approvando un decreto legge che bloccava le demolizioni in Campania e poi, vinte le elezioni con Stefano Caldoro, e li aveva abbandlasciando che il testo si fermasse alla Camera grazie anche alle assenze tra i banchi della maggioranza. Le proteste, i cortei e le fiaccolate continuavano ma la mano salvifica del terzo condono sull’ufficio del catasto di Ischia non si posava. E continua tutt’oggi a non posarsi.
Così prime, seconde case, poi gli alberghi, poi i ristoranti venuti su come funghi in un paio di notti senza licenza continuano a essere abusivi. Una cementificazione che gli abitanti difendono coltello tra i denti e carta bollata alla mano: “Solo per il Comune di Ischia sono state presentate 7.235 domande di condono in 30 anni – Sandro Simoncini, ingegnere e docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale alla Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA – 4.408 delle quali risultavano ancora da evadere ad aprile dello scorso anno: molte di queste si riferiscono ad abusi che non possono essere sanati e che quindi, qualora le istanze fossero esaminate, sfocerebbero in ordinanze di demolizione. Senza dimenticare – prosegue Simoncini – che ciò significa anche che migliaia di edifici sono sprovvisti dell’agibilità e delle altre certificazioni”.
http://www.eddyburg.it/2017/08/sisma-ischia-600-case-da-abbattere-e.html