Lo sciopero contro il blocco degli scatti stipendiali dei professori ha acceso un fuocherello di protesta nell’università. Fino al 31 ottobre, 5.444 professori e ricercatori universitari e ricercatori di enti di ricerca, di 79 università si asterranno dal primo degli appelli degli esami per 24 ore. L’esame non andrà perduto, ma spostato a un appello straordinario dopo il quattordicesimo giorno dalla data dello sciopero. I promotori assicurano che gli esami successivi saranno assicurati insieme alle attività come l’approvazione delle prove ai fini delle lauree e i crediti necessari per studenti Erasmus e borse di studio. Queste modalità rispondono alle indicazioni del garante degli scioperi per tutelare gli studenti.
ALLA PROTESTA COSÌ concepita potranno unirsi, se lo vorranno, i 49 mila professori e ricercatori universitari nel giorno corrispondente al primo appello dei corsi di cui si sono titolari o dove sono in commissione d’esame.
L’agitazione è stata proclamata dal movimento per la dignità della docenza universitaria ed è coordinata da Carlo Vincenzo Ferraro (Politecnico di Torino), Carmela Cappelli (Federico II), Carla Cuomo (Università di Bologna); Paolo D’Achille (Roma Tre). Ieri i promotori hanno pubblicato un documento in cui sostengono che, in caso di riuscita, lo sciopero porterebbe a «nuove battaglie» per recuperare «il ruolo e la dignità che merita l’università».
LA PROTESTA È L’ULTIMO episodio di una lunga negoziazione durata tre anni. Agli ultimi governi i docenti hanno chiesto di eliminare il blocco degli stipendi. Davanti al «muro di gomma», lo sciopero è sembrato l’unica alternativa. Alle motivazioni economiche i docenti hanno aggiunto la denuncia dei tagli all’università e alla ricerca che impedisce ai giovani di accedere alla carriera, alla ricerca di progredire e al diritto allo studio di raggiungere un livello minimamente dignitoso.
La protesta è inedita nella storia dell’università. Nemmeno nel momento più alto della conflittualità tra il 2008 e il 2010, si è arrivati a un blocco limitato degli esami. Tra i sindacati e gli studenti non c’è nessun dubbio sulla sua legittimità, ma è giunto l’invito a generalizzare le sue ragioni contro gli effetti della riforma Gelmini. «Per poter essere alla lunga capace di incidere – dottorandi, studenti, docenti e sindacati (Adi, Aipac, Andu, Crnsu, Flc Cgil, Link, Udu e Rete29aprile) – la protesta dovrebbe unire le parti che compongono l’università e non limitare a un singolo tema. Solo così il disagio provocato può diventare stimolo all’azione comune e non un momento di divisione che andrebbe, inevitabilmente, a rafforzare la controparte».
LA RICHIESTA È quella di organizzare assemblee in tutti gli atenei a partire da settembre inserendo, oltre allo sblocco delle classi e degli scatti stipendiali dal 2015, la richiesta di un reclutamento di almeno 20 mila posti di ruolo, 4 mila all’anno per cinque anni; l’estensione del diritto allo studio; lo sblocco della contrattazione per il personale tecnico-amministrativo e per i lettori e un ripensamento «delle procedure di valutazione e accreditamento». Una generalizzazione dello sciopero dovrebbe collegare il blocco degli stipendi a quelli del pubblico impiego, imposto dal 2009. Visto che è in preparazione una nuova stagione contrattuale, e considerati gli aumenti modesti previsti, la protesta potrebbe coordinarsi con altri settori del pubblico.
Maurizio Sacconi (Energie per l’Italia), presidente della Commissione Lavoro del Senato, ritiene che lo sciopero non sia una delle conseguenze della riforma imposta dal governo Berlusconi, di cui faceva parte, ma sia «una lunga deriva corporativa nel mondo universitario». Di tutt’altro avviso è Mdp, nella maggioranza che sostiene il governo Gentiloni: «Spero che anche gli studenti siano sensibili alle ragioni dello sciopero che ha assunto modalità responsabili allo scopo di non danneggiarli», sostiene il senatore Miguel Gotor. Il Movimento 5 Stelle ha presentato un’interrogazione parlamentare dove chiede al governo, accusato di «impasse inconcepibile» di «trovare una soluzione immediata a questo problema e di garantire lo svolgimento degli esami».
LA MINISTRA dell’università Valeria Fedeli aveva promesso di intervenire «al più presto». Nel frattempo lo sciopero è iniziato. Una rassicurazione sui fondi necessari per sbloccare gli scatti è arrivata ieri da Francesco Verducci, Responsabile Pd università: «Li troveremo nella legge di bilancio».