il manifesto, 4 ottobre 2017. «Donald Trump e i repubblicani in Congresso si sono limitati a delle frasi di circostanza; rimangono ostaggi della potente National Rifle Association, che costituisce uno dei pilastri del blocco di potere oggi dominante.
Stavolta non si trattava di fanatici delle armi, come Adam Lanza, il responsabile del massacro nella scuola elementare di Sandy Hook, in Connecticut, nel 2012 e Dylann Roof, l’autore della strage in una chiesa di Charleston nel 2015. Non c’entra la paranoia di due studenti mentalmente disturbati, come accadde a Columbine, nel 1999. E, nonostante la rivendicazione, neppure si può dare la colpa allo Stato Islamico e alle guerre in medio oriente, come nel caso degli attacchi di San Bernardino, in California nel 2015, e di Orlando, in Florida, nel 2016. No, domenica a Las Vegas l’autore della strage è un pensionato, per di più milionario, due categorie finora mai incontrate nel quadro degli atti di terrorismo.
Stephen Paddock, 64 anni, era un giocatore, apparentemente fortunato, che passava gran parte del suo tempo a Las Vegas al casinò, oppure partecipava ai tornei di poker on line da casa sua, in un quartiere residenziale di Mesquite, sempre in Nevada. Della sua vita lavorativa si sa solo che era finita molti anni fa, da decenni si occupava solo delle sue proprietà immobiliari, anche in questo caso con successo. Al contrario di altri terroristi americani non era un cacciatore, non aveva una passione per le armi da fuoco, non era un reduce dal servizio militare, com’era stato, per esempio, Timothy McVeigh, l’autore dell’attentato di Oklahoma City nel 1995.
continua…