Gli abusi contro cittadini stranieri nella caserma di Aulla: indagati 37 carabinieri per 189 capi di imputazione. Tra loro anche un tenente colonnello
di Ercole Olmi
UN GRUPPO DI PATRIOTI DI AULLA CHE HANNO MANIFESTATO A MARZO 2017 IN SOLIDARIETÀ AI CARABINIERI. A PRESCINDERE
Sono 37 i carabinieri indagati per presunti abusi, ai danni di cittadini stranieri, avvenuti nelle caserme di Aulla e Licciana Nardi, due comuni in Lunigiana, provincia di Massa Carrara. Gli Acip, atti di chiusura delle indagini della procura di Massa Carrara, sono stati notificati nei giorni scorsi ai militari, interessati nel complesso da 189 capi di imputazione. Brigadieri, marescialli, appuntati, ma tra gli indagati, sebbene per «episodi marginali», ci sono anche il tenente colonnello Valerio Liberatori, già comandante provinciale di Massa Carrara e il comandante della compagnia di Pontremoli, Saverio Cappelluti, entrambi accusati di favoreggiamento, per aver «aiutato i carabinieri indagati ad eludere le investigazioni dell’Autorità».
Nelle carte della Procura che hanno portato ad accusare i carabinieri si parla di atti intimidatori e vessatori, soprattutto nei confronti di cittadini extracomunitari. Alcuni militari avrebbero usato frasi del tipo: «Se parli ti stacco la testa», «Ti spezzo le gambe». Si evidenziano inoltre lesioni personali e contusioni multiple per aver sbattuto la testa di un extracomunitario contro il citofono della caserma; colpi di manganello sulle mani appoggiate alle portiere delle auto durante i controlli; scariche elettriche prodotte da due storditori per costringere uno spacciatore (sempre straniero) a rivelare dove tenesse la droga. Contravvenzioni immotivate.
E poi c’è la descrizione di sevizie contro un giovane marocchino in caserma «costretto a subire atti sessuali senza ragione alcuna se non razziale», si legge sempre nelle carte della Procura di Massa Carrara. Gli episodi sono emersi nell’ambito dell’inchiesta partita a febbraio 2017 e chiusa nei giorni scorsi. A giugno quattro carabinieri furono arrestati, solo uno finì in carcere, e per altri otto scattarono diverse misure cautelari, tra cui il divieto di dimora e la sospensione dai pubblici uffici. Secondo la Procura, è difficile pensare che i vertici non fossero a conoscenza del modus operandi della squadra della Lunigiana e anche per questo nel registro degli indagati sono finiti i due comandanti, quello provinciale e quello di stazione a Pontremoli con l’accusa di favoreggiamento. Il colonnello Liberatori è stato trasferito da Massa Carrara ma per vicende non legate, dicono dal comando provinciale, all’inchiesta giudiziaria. Per i 37 militari i reati contestati a vario titolo vanno dalle lesioni, falso in atti, abuso d’ufficio, rifiuto di denuncia, sequestro di persona, violenza sessuale (un solo episodio avvenuto in caserma ad Aulla), possesso di armi, coltelli per lo più trovati dalle perquisizioni nelle case degli indagati.
Va ricordato che il difensore di alcuni dei 9 carabinieri è un potente avvocato della zona ed è appena diventato sindaco di questa città al confine tra Toscana e Liguria, 12mila abitanti, finora nota solo per le bizzarrie di un suo vecchio sindaco socialista, Lucio Barani, che ha spaccato a metà una piazza per intitolarla a Craxi mentre il rimanente continua a chiamarsi Piazza Gramsci. Socialista, quindi, nel controverso significato assunto in Italia dopo gli anni della Milano da bere, agli albori del saccheggio liberista di risorse e diritti. Allora quel sindaco vietò l’ingresso in città a chiunque avesse a che fare con mani pulite proclamando Aulla «comune dedipetrizzato». Ora quel sindaco è senatore eletto con il Popolo della libertà e ha festeggiato l’elezione a sindaco di Roberto Valettini, del Pd che, giusto un mese prima di lanciarsi nella corsa alle amministrative, ha assunto la difesa dei militari coinvolti nell’inchiesta secondo un’impressionante lista di 104 reati ipotizzati dai pm. Era il mese di marzo e il Pd si fece carico di raccogliere i boatos della rete, la retorica agghiacciante di chi sta con le forze dell’ordine senza se e senza ma, promuovendo una manifestazione cittadina a sostegno dell’Arma in perfetto stile Coisp, il sindacatino di polizia famoso per le sue controverse dichiarazioni contro le vittime di malapolizia, contro i loro familiari e contro i giornalisti che osino fare cronaca e contro i migranti di fede islamica.
Il territorio fu tappezzato di manifesti mentre nei social circolavano post a sfondo razzista su una presunta emergenza sicurezza che questa città non ha mai vissuto. Nelle cronache recenti, piuttosto, si registrano episodi di vandalismo e bullismo commessi da rampolli giovanissimi di famiglie perbene e se di degrado si deve parlare va piuttosto riferito alle criminali e dissennate politiche urbanistiche che hanno consentito che si cementificasse l’impossibile finché il fiume Magra non ha detto stop con la spaventosa alluvione del 2011 che uccise due persone e cacciò di casa decine di famiglie delle case popolari costruite dove non doveva succedere. Da allora c’è un viavai di emissari di Striscia la notizia perché le scuole sono ancora ospitate nei container.
L’emergenza sicurezza, come spesso succede, anche ad Aulla si declina nel suo contrario: si è insicuri perché scorazzano militari e agenti che si sentono al di sopra della legge e commettono abusi come se l’illegalità fosse la normalità. E’ quello che scrivono i magistrati pur sottolineando che sarebbero solo mele marce, che la fiducia nell’Arma è intatta eccetera eccetera.
Quell’11 marzo, il Pd portò decine di persone, complice anche il passaggio dal mercato settimanale, nella piazza del Comune e potrebbe farlo ancora dopo gli arresti di ieri. Allora furono distribuiti volantini di vicinanza all’Arma dando anche la possibilità ai passanti di lasciare un messaggio di solidarietà per i carabinieri, scrivendo un biglietto da inserire in una teca. «La Procura sta mal interpretando la realtà della strada – si leggeva su un volantino – penalizzando l’esecuzione della nostra sicurezza». «Conosciamo bene quei ragazzi in divisa – avevano spiegato alcuni nella piazza – e conosciamo anche coloro che li hanno accusati, sono quelli da cui ci proteggevano». Durante la manifestazione era stata fatta suonare anche una sirena simile a quella delle auto dei carabinieri in servizio, seguita da un lungo applauso e dal grido «Viva i nostri carabinieri». E in rete giravano frasi fatte come “Loro fanno tanto per noi, e noi per loro?“. Nessun dubbio, ad Aulla come a Roma, da parte del Pd, sui frutti avvelenati di un’emergenza sicurezza costruita ad arte proprio da chi ha governa i processi mostruosi dell’austerità e del neoliberismo. La guerra dei penultimi contro gli ultimi è lo strumento più pratico per distrarre i poveri dalle responsabilità di chi li deruba di futuro. Il Pd non è solo il partito che difende i carabinieri di Aulla e Albiano Magra, ma è il partito dei decreti Minniti-Orlando, i suoi padri nobili – Napolitano e Veltroni – hanno inventato i “lager” per migranti e il primo pacchetto sicurezza. Non esisteva ancora ai tempi di Genova 2001 ma i suoi soci fondatori, Ds e Margherita, non hanno mai voluto una vera inchiesta parlamentare sulle violenze di quel luglio preparate dalla sanguinosa anteprima della mattanza di Napoli, il 17 marzo del 2001, dall’allora ministro degli Interni Enzo Bianco, oggi sindaco Pd a Catania. Dopo l’11 marzo, ad Aulla, anche Forza Italia volle fare un security day in una rincorsa che, anche a livello nazionale, vede impegnati i rispettivi partiti in gara a chi è più razzista, autoritario, sicuritario, anticostituzionale.
E’ uno scampolo di quella che potremmo ricordare come l’estate nera dell’Arma per via dei ripetuti fatti di cronaca nera e giudiziaria che vedono uomini della Benemerita, dai piantoni di campagna ai piani alti di viale Romania, protagonisti di accuse di stupro, di abusi, di collusioni con la mafia, di oscure trame come nell’inchiesta Consip. Sì, forse abbiamo un problema con i carabinieri.