FRANCESCO CECCHINI
Il 5 novembre 2012, un articolo del quotidiano colombiano El Espectador informò che dal 2013 militari italiani saranno impiegati in operazioni nelle selve della Colombia.
L’accordo fu firmato dall’allora ministro della Difesa colombiano Juan Carlos Pinzón, quello che intendeva concedere un’amnistia per i crimini commessi dalle forze armate colombiane, e l’omologo italiano Giampaolo Di Paola. In Italia la notizia passò sotto silenzio, escluso una nota dell’Associazione Nazionale Nuova Colombia e un ottimo articolo di Antonio Mazzeo su Peacelink.
http://www.peacelink.it/disarmo/a/37277.html
In merito vi fu anche un’importante carta aperta /appello firmata da molte personalità della politica e della cultura che ebbe attenzione mediatica. Tra l’altro fu pubblicata dal sito del Ministero della Difesa e dal Manifesto. Dietro l’accordo c’era anche l’intento dell’industria bellica italiana di fare affari in America Latina. I militari italiani alla fine non andarono nella giungla colombiana, ma la vicenda è un esempio che la Colombia ha sempre cercato rapporti di collaborazione di paesi aderenti alla NATO o con la NATO stessa.
A fine 2016 il presidente Manuel Santos annunciò un prossimo accordo di cooperazione con la NATO. L’accordo fu firmato a Bruxelles il 25 giugno 2017 e approvato lo scorso luglio dal parlamento colombiano con una legge . L’accordo segue quello firmato con gli Stati Uniti, il 30 0ttobre 2009, “Accordo complementare per la cooperazione e l’assistenza tecnica in difesa e sicurezza”. In pratica un’annessione della Colombia agli Stati Uniti, in quanto a disposizione basi militari e aeroporti, anche civili, che possono essere utilizzati dalla NATO. L’accordo fu firmato da Álvaro Uribe Vélez, dal suo successore Juan Manuel Santos e da Barack Obama. Rodrigo Londoño Echeverri, Timochenko, ex capo militare della FARC-EP e ora candidato a presidente per il partito FARC ha criticato l’accordo di cooperazione militare con la NATO, in quanto può far intervenire truppe colombiane in lontani paesi del mondo a difendere i profitti di grandi consorzi internazionali o a destabilizzare il vicino Venezuela.
La Colombia è di gran lunga il paese che spende maggiormente gli armamenti in tutta la vastità dell’America latina. Questo è dimostrato incontrovertibilmente un documento pubblicato dalla Banca Mondiale. Il governo colombiano ha assegnato nel 2016 alle spesi militare il 3,4% del suo prodotto interno lordo (PIL). Una cifra che è simile a quella degli Stati Uniti, il 3,3%, e quasi 6 volte superiore a quella assegnata dal Messico, un paese con maggiori problemi di criminalità. Il maggior fornitore di armamenti alla Colombia sono gli Stati Uniti.
A dimostrazione di quanto sopra lo scorso lunedì 6 novembre truppe del Brasile, del Perù e della Colombia con l’appoggio degli Stati Uniti hanno iniziato manovre militari nella zona della triplice frontiera, in Amazzonia, che dureranno fino al 13 novembre. L’iniziativa, chiamata AmazonLog 17, non ha precedenti. Gli Stati Uniti partecipano con un aereo di trasporto Hercules C-130 e circa 30 soldati. La base logistica per il coordinamento delle attività è a Tabatinga, una città nello stato brasiliano di Amazonas. Ufficialmente l’operazione è fatta per eventuali emergenze umanitarie, ma la spiegazione è poco credibile. Perù, Brasile e Colombia non hanno nemici esterni, ma possibili nemici interni, guerriglie come in Colombia. Inoltre bisogna tener conto che il Venezuela bolivariano è considerato dagli Stati Uniti di Trump un nemico.