«Il Giro è una grande campagna mediatica, di quelle che scollano le parole dai fatti», scrive Flavia Lepre. «Nell’immediato serve a Israele per distrarre dalla sua aperta volontà d’impossessarsi non solo di tutta Gerusalemme ma anche della Valle del Giordano e di altre aree della Cisgiordania e di umiliare la parte palestinese»
di Flavia Lepre
Roma, 20 novembre 2017, Nena News – Non si sa se ridere o piangere nel leggere l’incipit dell’articolo del 16 novembre 2017 di Repubblica sulla solenne investitura della squadra ciclistica israeliana con il compito di “ambasciatrice di pace” nel Giro d’Italia 2018.
“Superare barriere e divisioni attraverso il linguaggio comune dello sport, in questo caso il ciclismo, disciplina che come poche altre sa aggregare e unire le persone”.
Mozzafiato. Le “barriere” vengono superate. Anche quella eretta da Israele a partire dal 2002 e giunta a oltre 730km di lunghezza e 8mt di altezza e che, lungi dal seguire il confine del 1967, si addentra nei territori palestinesi occupati da quell’anno fino a 10km per inglobarne le illegali colonie (israeliane) ed i pozzi d’acqua? Quella stessa condannata da una sentenza del Tribunale Internazionale dell’Aja nel 2004 e che in questo 2017 ha avuto un’ulteriore estensione nelle colline a sud di Al Khalil (Hebron) (1) ?
Continua…