Mia moglie e io non facciamo molti acquisti su Amazon, ma ovviamente ci capita di girare su quel sito. Ho scoperto che vendono, a circa due euro, una cosa che si chiama dash button. In pratica è una scatolina, grande come il telecomando di un’automobile, in cui c’è un tasto e l’indicazione di una marca commerciale. Se il tasto viene premuto, parte l’acquisto di un oggetto di quella determinata marca su Amazon. Ci sono anche delle foto che ne illustrano i possibili utilizzi: in bagno, accanto alla lavatrice, puoi attaccare un dash button del tuo detersivo, quando ti accorgi che l’hai finito o lo stai per finire, schiacci il tasto, parte l’ordine, ti tolgono i soldi dalla carta di credito e in pochissimo tempo arriva un operatore da Piacenza con quel flacone di detersivo. Immagino che vicino al water tu possa attaccare il dash button per la carta igienica, anche se in caso di emergenza credo tu non possa aspettarti che Jeff Bezos risolva così velocemente il tuo problema.
Ricordo che quando andavo alle elementari uno dei “lavoretti” che la maestra ci fece fare per la festa della mamma fu un piccolo tagliere di colore verde con attaccato un notes e la matita, e sopra la scritta cosa manca oggi… Perfino io sono diventato moderno: adesso quando mi accorgo che in casa qualcosa sta per finire scrivo un messaggio sul telefono. Poi quando vado a fare la spesa, mi dimentico che ho scritto quel messaggio e non compro quello che dovevo comprare, ma questa è un’altra storia. Fatte salve pochissime cose davvero indispensabili, di cui è necessario avere sempre in casa una piccola scorta – vedi la carta igienica di cui sopra – per il resto puoi fare senza. Tra l’altro internet ti risolve parecchi i problemi: un giorno che volevo fare un dolce e mi sono accorto di non avere in casa né lievito né latte, mi è bastato digitare “dolce senza lievito e senza latte” per trovare la ricetta di un’ottima torta, che da allora è diventata uno dei miei cavalli di battaglia.
Scusate se ho un po’ scherzato fino ad ora, ma devo ammettere che scoprire che esiste un oggetto del genere mi ha molto preoccupato. Come mi preoccupa l’enfasi che da ogni parte c’è stata sul black friday. Noi esistiamo solo quando consumiamo. E un oggetto come il dash button, di cui dovremmo disseminare casa nostra, vuole che siamo consumatori sempre meno attenti: l’importante è che compriamo; senza metterci troppo a pensare.
Andare al negozio ci impegna, ci costringe a pensare se quella cosa ci serve davvero, se non ne possiamo fare a meno. Poi sappiamo bene che i negozi – e specialmente i supermercati – sono costruiti in modo da farci comprare cose che non volevamo comprato: i grandi cesti messi in mezzo alle corsie in cui immancabilmente urtiamo e da cui molto spesso prendiamo il prodotto che c’è dentro, la disposizione sempre diversa dei prodotti che ci costringe a guardare ogni volta tutte le scansie in modo da vedere altri prodotti oltre a quelli che cercavamo, l’escamotage di mettere le cose ingombranti alla fine in modo da non farci riempire subito il carrello. Siamo vittime di questi trucchi, lo sappiamo bene, ma riusciamo a volte anche a confrontare i prezzi, a leggere un’etichetta, a scegliere un prodotto invece di un altro.
Il dash button è un passaggio in più: per comprare ci basta stare a casa e spingere un tasto. E il dash button ci fidelizza su una marca, perché compreremo sempre e solo quella marca di detersivo, sempre e solo quella marca di carta igienica. Andare in un negozio ci permette, se riusciamo a schivare le trappole, di provare prodotti diversi, perché, anche se andiamo con l’intenzione di comprare quel detersivo, ci accorgiamo che ci basta acquistare un detersivo, magari uno che costa meno o anche uno che costa di più, perché di maggiore qualità. Il dash button in qualche modo annienta la concorrenza: uno strano paradosso nella società che celebra a ogni piè sospinto le bellezze del libero mercato.
Poi andare in un negozio ci costringe anche a fare i conti con il nostro portafoglio, perché alla fine del percorso a ostacoli delle offerte c’è la cassa. A volte siamo riusciti a calcolare quanto abbiamo speso – perché magari potevamo spendere solo quelli – a volte la cassiera ci annuncia un totale che ci lascia increduli e torniamo a casa arrabbiati, ovviamente imputando a nostra moglie di aver comprato cose care e inutili. Il dash button ci illude che quel detersivo non costi nulla, spingiamo il bottone e il prodotto ci arriva casa, il fattorino di Amazon ci porta la nostra bella scatola marrone e non ci chiede soldi.  Ma la banca a fine mese fa bene i conti e se magari noi i soldi per comprare quel detersivo non li avevamo, ce li presta, con un tasso da strozzino. L’importante è che compriamo.
E sembra che questo ci dia più libertà, mentre ci rende sempre più schiavi. Ricorderete certamente una delle scene più divertenti di Tempi moderni. Charlot, operaio alla catena di montaggio incaricato di stringere due bottoni viene scelto per un esperimento: viene legato a un macchinario che gli metterà in bocca il cibo, lasciandogli le mani libere di lavorare. Anche quella macchina concedeva all’uomo un’apparente libertà, svolgendo al suo posto il compito di mangiare, ma era una libertà che qualcuno, in quel caso il padrone della fabbrica, gli aveva imposto. E così adesso sta succedendo a noi. Apparentemente il dash button ci regala più tempo libero. Ma per fare cosa? Per comprare altre cose. Già adesso per molte persone andare in un centro commerciale è un modo normale di trascorrere la domenica, gli outlet sono diventati una comune meta di vacanza, guardare un canale televisivo di shopping è un modo come un altro di passare una serata. Esistiamo quando compriamo.
Per favore non spingete quel tasto.

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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