E’ molto irritante, per chi è sensibile alla causa ambientale, notare che, nonostante tutto quel che si scrive o si dica, nonostante sempre più persone, interne o esterne alla comunità scientifica, sensibilizzino in tutti i modi e luoghi socialmente efficaci, nulla mai cambi. Ormai davvero chiunque è a conoscenza di quali siano i rischi che stiamo correndo e del male che, quotidianamente, ora dopo ora, continuiamo ad infliggere, incuranti, al nostro pianeta, ma ciò continua a non scalfire affatto la nostra esistenza.
E’ una riflessione che non possiamo non porci, soprattutto quando vediamo immagini come quella che mi ha ispirato questo articolo: alcune donne indiane le quali, all’interno del giardino di Lodhi, un parco pubblico a Nuova Delhi – la città più inquinata al mondo – non rinunciano al loro yoga mattutino. Nella foto si vedono queste persone meditare completamente immerse in una nube di smog, visibile ad occhio nudo e quasi tangibile, tanto è grande.
La situazione di Delhi è indicativa di come vadano le cose nei Paesi in via di sviluppo; la rincorsa al welfare, o presunto tale, economico, ha la priorità sul benessere dei cittadini, i quali pagano le gravi conseguenze di uno sviluppo industriale a macchia d’olio, non pianificato nè tantomeno indirizzato. Le autorità provano a prendere le dovute contromisure: ordinano la cancellazione di eventi ed attività pubbliche all’aria aperta, disdicono manifestazioni sportive e chiudono le scuole primarie, ma è come voler spegnere un incendio con una bottiglietta d’acqua; per tutto il mese di novembre l’AQI (indice della qualità dell’aria) si è attestato su valori compresi tra 450 e 490. Perché la qualità dell’aria sia buona, tale valore non deve superare quota 50, perciò è facilmente comprensibile quanto puliti siano i polmoni degli abitanti di Delhi; anche quelli che non escono di casa perché, com’è ovvio, le particelle inquinanti se le porta con sè il vento, dappertutto.
Le persone però non vogliono rinunciare alle loro abitudini, alle loro attività, ai loro passatempi e, dunque, continuano a portare avanti le loro passioni e i loro hobby, anche in condizioni estreme di inquinamento, per cui a Delhi si continua a meditare, fare passeggiate, uscire con il cane e fare ginnastica.
L’aria impregnata di uno smog così denso però causa problemi respiratori anche gravi, danneggiando polmoni e mucose. La situazione nella metropoli indiana è allarmante a dir poco, tanto che anche l’Alta Corte di Delhi ha definito la città, senza troppi giri di parole, una vera e propria camera a gas. In questa città, così come in tutte le megalopoli indiane, la qualità dell’aria è una delle principali cause di morte prematura, e la questione si ripropone in tutti gli Stati in via di sviluppo. La rivoluzione industriale che inquinò i cieli inglesi ed europei, prima di quelli americani, è attualmente in corso nei Paesi emergenti e dopo questi forse investirà anche il Terzo Mondo. Questo modello di sviluppo è davvero sostenibile per il nostro pianeta?