Francesco Cecchini

Luciano Benetton, nato nel 1935 a Treviso, ha oggi   82 anni. Nel 1965, assieme alla sorella Giuliana e ai i fratelli Gilberto e Carlo ha fondato un’impresa famigliare, il Benetton Group di cui a solo vent’anni è stato il presidente. La sede fu, e lo è ancora, a Villa Minelli, sempre a Treviso. Look casuale, innovazione nel jersey di lana con colori forti e un’industria tessile globale sono stati il segno distintivo del gruppo Benetton fin dalle sue origini. Dopo solo quattro anni inaugurava il primo negozio in Parigi. Negli anni seguenti si espanse in molti paesi del mondo con negozi in 120 paesi. I profitti crebbero e si aggiunsero nuovi marchi: Sisley, Playlife e Killer Loop. La famiglia Benetton arrivò a possedere una banca di investimenti immobiliari e a essere azionista del gruppo Pirelli e a investire in 21 imprese.  Investì anche in Formula Uno, gareggiando tra il 1986 e il 2001 con momenti di gloria con Michael Schumacher. Nel boom economico Luciano Benetton si diede anche alla politica. E’ stato Senatore della Repubblica nella XI Legislatura, dal 1992 al 1994, eletto nelle file del Partito Repubblicano Italiano, il partito di Berlusconi. L’ industria tessile Benetton fu una grande sfruttatrice nei mercati mondiali, con i peggiori salari. Per ridurre i costi esternalizzò la produzione in paesi in cui la manodopera era economica e abbondante come ad esempio in Turchia dove sono stati segnalati per lo sfruttamento minorile di bambini di età compresa tra 9 e 13 anni che hanno prodotto vestiti. Un caso eclatante è stato nel 2013 quando una fabbrica tessile in Bangladesh che produceva per Benetton è crollata causando la morte di 1.132 lavoratori e lasciato 2.500 feriti.  Dapprima Benetton si rifiutò di pagare alcun compenso, ma a causa della perdita di prestigio che il suo atteggiamento aveva causato fu costretto a farlo. Luciano Benetton, lasciò nel 2008 l’impresa al figlio Alessandro con un attivo di 155 milioni di euro, ora il passivo è di 81 ben milioni. Di fronte a questo disastro economico Luciano Benetton in un’intervista alla Repubblica del primo dicembre ha fatto dichiarazioni pesantissime: ” Provo dolore, la gestione è stata malavitosa.” ” Adesso mi riprendo tutto.” Per il rilancio Luciano Benetton va quindi a rimettere in piedi la squadra vincente del boom, innanzitutto la sorella Guliana e in prima fila il fotografo Oliviero Toscani. Toscani il prossimo gennaio inizierà una campagna pubblicitaria con la partecipazione di 28 bambini di 14 figli di migranti, di nazioni, di 13 nazioni e di 4 continenti.                                                                     

Prima domanda. Vi saranno nella campagna pubblicitaria anche foto di bambini mapuche della Patagonia argentina?                                                                      

In Patagonia nel 1975 l’azienda “Great Western”, appartenente ai proprietari terrieri della borghesia argentina, acquistò il pacchetto azionario di “The Company” fino al 1991 quando sotto il governo di Menem, Luciano Benetton divenne di quelle terre fino ad oggi. Attraverso la holding internazionale del gruppo Benetton, Edizione srl, Luciano ha acquistato per 50 milioni di dollari i quasi 900.000 ettari situati al 98% nelle province di Santa Cruz, Chubut, Río Negro, Neuquén e Buenos Aires, dove principalmente si è dedicato a produzione di lana. Ora ha anche che nuovo mercato da sfruttare, quello petrolifero,  un giacimento petrolifero a Vaca Muerta, sempre territorio Mapuche.  Solo nelle terre argentine di sua proprietà Luciano Benetton ha 280.000 pecore che producono 1.300.000 chili di lana all’anno. Lo sfruttamento minerario, depositi situati nella provincia di San Juan, è stato incorporato attraverso il Min Sud (Minera Sud Argentina S.A.) con sede in Canada. Per molti anni Benetton ha saccheggiato risorse nazionali argentine senza pagare tasse, non registrando i lussuosi edifici costruite  sulla loro terra.  Ironia della sorte, Benetton ha un museo con pezzi archeologici di culture autoctone, alcuni dei quali hanno 13.000 anni, situato a Leleque. Sicuramente rubati da territori delle comunità Mapuche e Tehuelches.

I governi argentini hanno sempre difeso i Benetton. Un esempio. Il kirchnerismo nel 2011 approvò una legge  che limitava la proprietà straniera delle terre a 1.000 ettari per proprietario non era retroattiva.  Pertanto i Benetton poterono dormire tranquilli. Macri ha reso la legge ancora più flessibile Anche le autorità, l’esercito e la polizia difendono i Benetton, reprimendo da mesi la comunità mapuche Pu Lof,tra cui donne e bambini, che reclamano le loro terre usurpate e coprendo la sparizione Santiago Maldonado. Vi sono responsabilità dirette del Ministro della Sicurezza Patricia Bullrich e del suo Il capo di stato maggiore Pablo Noceti.  Anche governatore del Chubut, Mario Dan Neves del Chubit è complice di azioni repressive. Il giudice Otranto ha fatto imprigionare leader mapuche considerandoli, senza alcuna prova, terroristi.

Il rapporti tra Luciano Benetton e il popolo Mapuche sono da circa 10 anni molto conflittivi e in alcune situazoni Benetton è in difficoltà. Nel 2007, la comunità Mapuche di Santa Rosa Leleque è ritornata sul proprio territorio indigeno, recuperando 625 ettari della estancia di Leleque della Compañía de Tierras Sud Argentino (Grupo Benetton), situata tra Esquel e El Bolsón. Il caso ha avuto ripercussioni nazionali e internazionali. Rosa Rúa Nahuelquir e Atilio Curiñanco, autorità della comunità, si sono recati a Roma insieme al premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel. Si incontrarono con la famiglia Benetton, che promise di donare terreni a Chubut. Ma la Compañía de Tierras Sud Argentino offrì, poi solo terre che erano improduttive. La comunità si rifiutò e chiarì che le popolazioni indigene non accettavano la “donazione” ma la “restituzione” delle terre che le erano state rubate da privati. Il caso è andato avanti in tribunale, c’è stato un tentativo di sfrattarli, ma la comunità è rimasta nel posto. Benetton non ha mai accettato la sconfitta tra le altre cose perché avrebbe permesso alle altre comunità di ripetere l’azione. Nel novembre 2014 lo Stato ha concluso l’indagine sulle terre della comunità di Santa Rosa Leleque. Nell’ambito della legge nazionale 26.160, ha riconosciuto il possesso e l’uso dei 625 ettari da parte dei Mapuche. La comunità ha sempre denunciato le irregolarità dell’acquisite da Benetton. Il fatto è spiegato in dettaglio nel libro “Ese ajeno sur”, del ricercatore Ramón Minieri.

http://www.elcamarote.com.ar/home/revista/07/camarote7_b.pdf

Il 13 marzo 2015 vi è stato un’altro tentativo di riappropiazione nella propietà di Leleque dei Benetton.  Situati nella provincia di San Juan.                            Benetton ha scaricato tutte le sue armi legali e mediatiche contro il popolo Mapuche, ha assunto un’agenzia di stampa e lobby internazionale il JeffreyGroup, per una campagna mediatica a tutti i livelli. Il responsabile in Argentina di JeffreyGroup è Diego Campal, che viene presentato come uno specialista in risoluzione dei conflitti e gestione delle crisi per diverse imprese capitalistiche. Nella sua attività professionale ha partecipato a progetti di gestione delle crisi in America Latina per Walmart (Argentina), Ford (Venezuela), Metrovías (Argentina), Costa Crociere, Accor Services (Argentina) e DIRECTV (Uruguay). Campal, che assistito Adidas, BP, ENAP Sipetrol, Colgate-Palmolive, Ford, Hewlett-Packard, Intel, Gruppo Danone, Gerdau, Gruppo Suez, Monsanto, Cervecería y Maltería Quilmes (Anheuser-Busch InBev) e Energizer, lo ha fatto anche con la Sud Argentino Land Company (Grupo Benetton).

Jeffrey Goup, attraverso Diego Campal, invia sistematicamente informazioni, via e-mail, a media e giornalisti su eventi che riguardano interessi di Benetton e che difende.

Seconda domanda. A questo punto Luciano Benetton, oltre a rimettere in piedi il disastrato gruppo, penserà anche di restituire le terre che occupa in Patagonia al legittimo e storico proprietario, il popolo Mapuche o continuerà a occupare queste terre?

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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