Francesco Cecchini

La tragedia di Bophal non va dimenticata né perdonata. La notte tra sabato 2 e domenica 3 dicembre 1984, nello stabilimento della Union Carbide India Limited (UCIL, consociata dellamericana Union Carbide) della città di Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh, avvenne la più grande tragedia industriale dellera moderna in India e nel mondo. Nello stabilimento costruito nel 1980 si produceva per il mercato indiano linsetticida Carbaryl, conosciuto come Sevin, un pesticida ancora oggi prodotto. Non particolarmente tossico per luomo, era ed è un prodotto fitosanitario efficace, preferibile al DDT, che in quegli anni era ancora molto usato in Asia e in India. Per ottenere un profitto limpianto avrebbe dovuto produrre 5.000 tonnellate allanno di Sevin. All inizio trovarono impiego circa 1.000 operai, ma le cose non andarono bene. Nel primo anno furono prodotte 2.700 tonnellate, che scesero l anno successivo a 2.300. Un ruolo importante lo ebbe la siccità che colpì lIndia e fece crollare la domanda di insetticidi da parte di contadini e di proprietari di terre. LUnion Carbide decise di ridurre prima gli organici e poi nellestate del 1983 di terminare la produzione. Va sottolineato che lUnion Carbide non costruì l impianto con gli stessi standard di sicurezza del correspettivo americano. Per risparmiare, naturalmente. La produzione del Sevin richiede lutilizzo di un pericoloso componente: lIsocianato di Metile (MIC), un liquido chiaro, incolore, tossico, con un odore pungente di cavolo cotto. È altamente infiammabile, reattivo e solubile in acqua. Questo prodotto chimico richiede notevoli misure di sicurezza, come detto, non applicate a Bhopal. Fermata la produzione, trasferite alcuni parti ad altre industrie del gruppo in varie parti del mondo, nellautunno dell83 venne deciso, per risparmiare sui costi dellenergia elettrica, di spegnere gli impianti di raffreddamento delle cisterne; tre di queste, la 611,612 e 619, contenevano ancora complessivamente circa 61 tonnellate di Isocianato di Metile, il quale avrebbe dovuto essere conservato a zero gradi centigradi. Poco dopo, sempre per risparmiare, venne spenta anche la fiamma pilota del bruciatore della torre di emissione, che in caso di emergenza, aveva proprio il compito di distruggere il gas in fuga. L abbandono totale della fabbrica avvenne il 26 ottobre 1984. Alla mezzanotte di sabato 2 dicembre 1984, a distanza di sei mesi dallultima manutenzione, tre operai provenienti da unaltra fabbrica indiana sempre del gruppo della Union Carbide, ignari del contenuto delle 3 cisterne e delle attività originariamente svolte dallimpianto di Bhopal, iniziarono il loro compito, che consisteva nel pulire le condotte immettendovi acqua; a seguito delle incrostazioni accumulatesi, però, il flusso dacqua venne deviato proprio nella cisterna 611, quella con 42 tonnellate di Isocianato di Metile. LIsocianato di Metile diventa molto reattivo in presenza dacqua, dando luogo ad una reazione fortemente esotermica. La pressione nella cisterna aumentò finché le valvole di contenimento saltarono e il gas raggiunse attraverso le condutture la torre demissione, da dove fuoriuscì formando una nuvola mortale, pesante due volte laria e contenente una miscela tossica di cianuro, isocianato di metile, fosgene e monometilammina. La nuvola, anche a causa di un leggero vento, ricadde proprio sulla zona popolare della città, una baraccopoli, uccidendo solo quella notte migliaia di persone.In virtù delleterogeneità compositiva della nuvola gli effetti sulle vittime furono molto diversi, per via della differenza in peso dei gas tossici, che arrestarono la loro corsa più o meno lontano dallimpianto a seconda della loro densità; ciò non fu daiuto ai medici delle strutture sanitarie della città nellindividuare ed elaborare una procedura clinica. Ma un aiuto non arrivò nemmeno dai tecnici della Union Carbide che, contattati dai responsabili medici di Bombay (oggi Mumbai), si rifiutarono di offrire informazioni sulla natura dei composti stoccati nellimpianto poiché non in possesso dellautorizzazione a divulgare informazioni sulla composizione dun prodotto protetto da brevetto (sicǃ). A seguito dellincidente, negli Stati Uniti furono intraprese 145 azioni giudiziarie contro la Union Carbide, ma il governo indiano, con la legge Bhopal gas leak Act emanata il 25 marzo 1985 si assunse lonere esclusivo di rappresentare le vittime del disastro, impedendo ai cittadini dintraprendere iniziative legali indipendenti. La causa contro la Union Carbide iniziò nel settembre 1986 nel foro di Bhopal. Le corti americane non ammisero nessuna delle cause anteriormente promosse, in base al principio del forum non conveniens, cioè della loro incompetenza di giurisdizione, dichiarando che la Union Carbide doveva sottostare alla giurisdizione della corte indiana. Nel novembre 1987 furono rinviati a giudizio la Union Carbide, la Union Carbide Eastern Inc., la Union Carbide India Limited e lex amministratore delegato della Union Carbide Warren Anderson (andato in pensione lanno prima) assieme ad otto dirigenti indiani della Union Carbide India Limited. Le accuse: omicidio colposo, lesioni gravi e danni permanenti attraverso lesercizio irresponsabile di attività e di tecnologie altamente pericolose. Due anni e mezzo dopo il processo passò alla Corte Suprema indiana, che raggiunse un accordo extragiudiziale tra il governo indiano e la Union Carbide, la quale simpegnava a pagare un risarcimento definitivo di tutte le pretese, diritti e responsabilità nascenti del disastro di Bhopal: 470 milioni di dollari, una cifra ridicola per i morti, gli invalidi ed i danni causati, che tra laltro non sono stati ancora interamente pagati e solo con infinite difficoltà burocratiche. Bhopal oggi. LIndia post-Bhopal ha migliorato, sulla carta, la propria legislazione riguardo a disastri provocati dalle industrie chimiche e anche la sicurezza dei lavoratori, ma nella pratica si tratta di un impegno ampiamente incompleto. Trentatre anni dopo si è lontani da una soluzione del dramma di Bhopal non solo per quanto successo quella tragica notte, ma perché la risposta è stata incompetente e insensibile. Il risultato è che Bhopal vive una doppia tragedia: quella immediata del 1984 e unaltra che si è sviluppata negli anni. La fuga di gas tossico di trentanni fa è stato il maggiore disastro industriale dellIndia. Fino ad allora, i governi avevano gestito alluvioni, cicloni e terremoti. Di conseguenza si trovarono impreparati. Da allora sono stati redatti leggi e regolamenti, ma ciononostante lIndia continua a perdere la battaglia riguardo la produzione e la gestione di sostanze pericolose per la salute e per lambiente. Gli incidenti industriali continuano a ripetersi con frequenza, spesso non denunciati e la contaminazione di terreni e falde acquifere è un problema crescente. Nel 2010 il Ministero per lAmbiente e le foreste ha individuato dieci siti con migliaia di tonnellate di scarichi nocivi. Oggi le conseguenze della tragedia di trentanni fa che ancora coinvolgono la popolazione di Bhopal, nel frattempo raddoppiata, arrivando a sfiorare i due milioni di abitanti, riguardano 120.000 superstiti con tracce indelebili della contaminazione e oltre mezzo milione di abitanti complessivamente interessati da quella fuga di Isocianato di Metile. Tuttora, la città è minacciata da una catastrofe almeno equivalente. Sono migliaia e migliaia gli abitanti che vivono a ridosso dellimpianto inutilizzato, ma mai realmente bonificato. Nel 2009 una ricerca indipendente in loco ha riscontrato elevati livelli di contaminazione del suolo e dellacqua sul sito della Union Carbide e nelle aree circostanti. Elementi contaminanti come pesticidi, composti di cloro e di benzene e metalli pesanti, tutti riferibili ai processi produttivi. Nonostante un gran numero di procedimenti legali, denunce e impegni, la bonifica non ha responsabili e finanziatori. L accordo extragiudiziale della Union Carbide con il governo di New Delhi avvenne, come scritto, nel 1989. LUnion Carbide fu acquistata da Dow Chemical, che nel 1994 cedette l impianto e le sue attività indiane a una consociata, che a sua volta cambiò nome e struttura, ma senza mai produrre nulla nellimpianto che ancora domina la città. Una doppia beffa per le vittime ancora in vita della catastrofe, per i nati negli anni con gravi malformazioni e per la cittadinanza a rischio di quella che per gli ambientalisti è Bhopal 2.0, ovvero una catastrofe annunciata, in corso e che peggiorerà. Di Bophal sI è impadronita sia la letteratura, Mezzanotte e cinque a Bophal di Dominique Lapierre e Javier Moro, che il cinema, Bophal a prayer for rain ed altri. Si sono prodotti anche vari documentari. L attore e autore di teatro Paolini molti anni fa ha magistralmente spiegato e raccontato il dramma di Bophal in un monologo che può essere visto su You Tube:

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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