Di seguito la traduzione, parziale, del discorso che Jeremy Corbyn ha tenuto presso il Palais des Nations, la sede delle Nazioni Unite di Ginevra, l’8 dicembre scorso, durante un panel sulla cooperazione internazionale. Il testo originale può essere letto integralmente su Jacobin Magazine.
—
Grazie per avermi invitato a parlare, qui, in questo luogo storico, al Palais des Nations a Ginevra, una città che è stata un luogo di rifugio e filosofia sin dai tempi di Rousseau.
[…] Vorrei utilizzare questa opportunità […] per concentrarmi sulle più grandi minacce alla nostra comune umanità e sul perché gli stati debbano dedicarsi anima e corpo a una vera cooperazione internazionale e ai diritti umani – individuali e collettivi, sociali ed economici, legali e costituzionali in patria e all’estero – se si vogliono affrontare e sconfiggere queste minacce.
Il mio stesso paese si trova a un incrocio. […] Alcuni vogliono utilizzare la Brexit per far chiudere la Gran Bretagna in se stessa, rifiutando il mondo esterno, vedendo tutti come un avversario da temere. Altri la vogliono utilizzare per esacerbare le disuguaglianze e le insicurezze del nostro attuale sistema economico, trasformando la Gran Bretagna in un paradiso fiscale senza alcuna regola, con salari bassi, diritti limitati e servizi pubblici tagliati all’osso in una distruttiva gara al ribasso.
Il mio partito vuole un futuro completamente diverso per quando lasceremo l’Unione Europea, attingendo dalle migliori tradizioni internazionaliste del movimento laburista e del nostro paese. Vogliamo relazioni strette e cooperative con i nostri vicini europei, fuori dall’UE, basate sulla solidarietà, sui vantaggi reciproci e sul commercio equo, assieme a un internazionalismo maggiormente proattivo in tutto il mondo. […]
La cooperazione internazionale, la solidarietà, l’azione collettiva sono tutti valori che siamo intenzionati a proiettare sulla nostra politica estera. Questi valori permeeranno tutto ciò che farà il prossimo governo laburista sulla scena mondiale, utilizzando la diplomazia per espandere un sistema internazionale progressista, regolamentato, che garantisca giustizia e sicurezza a tutti. Questi valori devono essere genuinamente universali e vanno applicati ai più forti così come ai più deboli se vogliamo che suscitino fiducia e un consenso globale: non possono essere utilizzate per disciplinare i deboli, mentre i forti fanno ciò che vogliono, altrimenti diventeranno uno strumento di potere, non di giustizia.
È per questo che dobbiamo fare in modo che i potenti sostengano e rispettino le regole e le leggi internazionali. Se non lo facciamo, gli ideali della Dichiarazione universale dei diritti umanidel 1948 rimarranno un’aspirazione, piuttosto che una realtà, e le regole internazionali saranno viste come un menù à la carte per i poteri globali che prendono le decisioni a livello internazionale. Con un’urgenza sempre maggiore dobbiamo lavorare con gli altri paesi per far compiere passi in avanti alla causa dei diritti umani, per affrontare le quattro minacce più grandi, e interconnesse fra loro, che la nostra umanità comune si trova di fronte.
Primo, la crescente concentrazione di una ricchezza e di un potere incalcolabili nelle mani di una piccola élite corporativa, un sistema che molti chiamano “neoliberismo”, che ha nettamente aumentato le disuguaglianze, la marginalizzazione, l’insicurezza e la rabbia in tutto il mondo.
Secondo, i cambiamenti climatici, che stanno creando instabilità, alimentando i conflitti in tutto il mondo e minacciando il nostro futuro.
Terzo, il numero senza precedenti di persone che fuggono dai conflitti, dalle persecuzioni, dalle violazioni dei diritti umani, dalle fratture sociali e dai disastri climatici.
E, da ultimo, l’uso unilaterale di azioni e interventi militari, piuttosto che della diplomazia e delle negoziazioni, per risolvere le dispute e i cambi di governo.
Per un’economia sociale Il sistema economico globale dominante ha fallito. Sta producendo un mondo dove i pochi ricchi controllano il 90% delle risorse globali; un mondo di crescenti insicurezze e livelli grotteschi di disuguaglianze all’interno e fra le nazioni […].
L’ortodossia neoliberista […] sta crollando. Questo momento […] ci fornisce un’opportunità che capita una volta in una generazione per costruire una nuova economia e un consenso sociale che mettano al primo posto gli interessi dei molti.
Ma il crollo del sistema delle élite globali e la loro prerogativa di prendere, incontrastate, le decisioni ha portato alcuni politici ad alimentare la paura e le divisioni. E a deridere la cooperazione internazionale facendola passare come una capitolazione nazionale. Lo sciagurato Muslim Ban del presidente Trump e la sua retorica anti-messicana hanno rinfocolato il razzismo e la misoginìa e spostato il focus lontano da ciò che la sua amministrazione dominata da Wall Street sta davvero facendo. […]
C’è un’alternativa a questo ordine dannoso e in bancarotta. Non può essere permesso alle società e alle banche più grandi del mondo di scrivere le regole e truccare il sistema a loro favore. L’economia mondiale può e deve occuparsi del bene comune e della maggioranza delle persone. Ma questo richiederà un cambiamento reale e strutturale a livello internazionale.
Le Nazioni Unite hanno un ruolo centrale da giocare, per consolidare un nuovo consenso e dei punti d’incontro basati sulla solidarietà, sul rispetto dei diritti umani e per le regolamentazioni internazionali e la cooperazione. Questo include un programma per i leader democratici che devono dire la verità sul potere smisurato.
Un momento del genere c’è. Fu il 4 dicembre del 1972, quando il presidente del Cile Salvador Allende, eletto nonostante l’enorme interferenza statunitense, intervenne all’Assemblea Generale dell’ONU a New York. Lì, chiese un’azione globale contro le minacce dalle corporazioni transnazionali, che non rispondono a nessuno stato, nessun parlamento o nessuna organizzazione che rappresenti l’interesse comune. Nove mesi dopo, Allende fu ucciso durante il golpe del generale Augusto Pinochet, che introdusse una brutale dittatura durata 17 anni e trasformò il Cile in un laboratorio del libero mercato fondamentalista.
Ma 44 anni dopo, in tutto il mondo, le persone stanno reagendo e stanno dicendo basta al potere sregolato delle compagnie multinazionali che possono evadere le tasse, rubare la terra e le risorse per due soldi, spolpare la forza lavoro e le comunità.
Ecco perché, oggi, prendo un impegno: il prossimo governo laburista in Gran Bretagna supporterà attivamente gli sforzi del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per creare un trattato vincolante legalmente che regoli le società transnazionali sotto le leggi per i diritti umani internazionali. […]
Per troppo tempo lo sviluppo è stato guidato dal dogma infondato che il mercato senza regole e le compagnie multinazionali senza alcuna responsabilità sono la chiave per risolvere i problemi globali. Quindi, il Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale del prossimo governo laburistaavrà la doppia missione di eradicare la povertà e di ridurre le disuguaglianze in tutto il mondo. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo intervenire sullo scandalo globale dell’evasione fiscale […] – che derubano i paesi in via di sviluppo e sottraggono risorse ai nostri servizi pubblici. […]
La corruzione non è un qualcosa che accade “laggiù”. […] È una questione globale che richiede una risposta globale. Quando le persone sono tenute in povertà, mentre i politici dirottano i fondi pubblici nei paradisi fiscali, quella è corruzione, e un governo laburista interverrà con fermezza sui paradisi fiscali […].
Per la giustizia ambientale e per i diritti dei rifugiati I cambiamenti climatici sono la seconda minaccia più grande alla nostra comune umanità. Il nostro pianeta è in pericolo. Il riscaldamento globale è innegabile; il numero di disastri naturali è quadruplicato dal 1970.
Gli uragani come quelli che hanno recentemente colpito i Caraibi sono più grossi perché assorbono l’umidità da mari più caldi. È il cambiamento climatico che sta riscaldando i mari, causato soprattutto dalle emissioni prodotte dai paesi più ricchi. E sono i paesi che inquinano meno, che sono per la maggior parte le nazioni in via di sviluppo, a venire colpiti duramente dalla distruzione scatenata dai cambiamenti climatici – con i danni ambientali che alimentano le insicurezze alimentari e la disgregazione sociale. […]
La comunità internazionale deve mobilitare risorse e coloro che inquinano di più devono farsi carico di buona parte del peso. […]
Dobbiamo agire come una comunità internazionale contro l’ingiustizia dei paesi che provano a riprendersi da crisi climatiche che non hanno causato mentre con difficoltà cercano di ripagare i debiti internazionali. Vale la pena ricordare le parole di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, pronunciate all’Organizzazione dell’Unità Africana nel 1987, un paio di mesi prima che venisse assassinato anche lui nel corso di un golpe. “Il debito non può essere ripagato. […] Se non lo ripaghiamo i creditori non moriranno. Ma se lo ripaghiamo… moriremo noi”.
Le crescenti crisi climatiche esasperano il numero, già senza precedenti, di persone che fuggono dai conflitti e dalla disperazione. […] Una delle prove più importanti del nostro tempo è se riusciremo a essere all’altezza delle aspettative dello spirito e delle parole della Convenzione sui Rifugiati del 1951. Il suo principio chiave era semplice: proteggere i rifugiati. E invece sono dieci paesi, che insieme rappresentano il 2,5% dell’economia globale, a ospitare più della metà dei rifugiati del mondo.
È tempo che i paesi più ricchi facciano un passo avanti e mostrino la nostra comune umanità. Il fallimento equivale a milioni di siriani sfollati all’interno della loro terra natia e rifugiati al di fuori. I rifugiati rohingya tornati in Birmania senza una garanzia di cittadinanza o di protezione dalla violenza di Stato e i rifugiati trattenuti a tempo indefinito in campi inadatti agli esseri umani come in Papua Nuova Guinea o a Nauru. E i rifugiati africani venduti come schiavi nella Libia devastata dalla guerra.
Tutto questo dovrebbe offendere il nostro senso di umanità e di solidarietà.
I paesi europei possono, e devono, fare di più, mentre il numero di morti fra i migranti e i rifugiati che attraversano il Mediterraneo continua ad aumentare. E dobbiamo mettere in campo azioni più efficaci contro i trafficanti di esseri umani. Ma bisogna essere chiari: la risposta a lungo termine è una genuina cooperazione internazionale basata sui diritti umani, che affronti alla radice le cause di conflitti, persecuzioni e disuguaglianze.
Per la pace Ho passato la gran parte della mia vita, assieme a molti altri, difendendo la diplomazia e il dialogo come la scelta migliore rispetto alla guerra e ai conflitti, incontrando spesso ostilità. Ma rimango convinto che è l’unico modo per garantire una sicurezza vera e duratura per tutti. E pure dopo le disastrose invasioni e occupazioni degli ultimi anni, c’è una rinnovata pressione a favore dell’intervento militare. […]
Mentre il governo del Regno Unito difende alcune questioni relative ai diritti umani, su altre è silente, se non complice, quando questi vengono violati. Troppi hanno chiuso testardamente gli occhi di fronte agli abusi dei diritti umani, plateali e su larga scala, che stanno avvenendo adesso in Yemen, alimentati dalle vendite d’armi all’Arabia Saudita per miliardi di sterline. […]
La nostra credibilità quando parliamo della pulizia etnica dei musulmani rohingya è pesantemente indebolita visto che il governo britannico fornisce supporto all’esercito birmano.
E i nostri governi sostengono a parole la soluzione dei due popoli due stati al conflitto israelo-palestinese, ma non fanno nulla per usare il potere contrattuale che hanno per mettere fine all’oppressione e alla spoliazione del popolo palestinese. […] Dovrebbero prendere esempio dai movimenti pacifisti israeliani come Gush Shalom e Peace Now e chiedere che venga messa fine alle continue violazioni dei diritti umani che i palestinesi affrontano quotidianamente. La continua occupazione e gli insediamenti legali sono violazioni del diritto internazionale e sono barriere contro la pace.
L’annuncio del presidente degli Stati Uniti che la sua amministrazione riconoscerà Gerusalemmecome la capitale d’Israele, inclusi i territori palestinesi occupati, è una minaccia alla pace a cui è stato giustamente risposto con una travolgente condanna internazionale. […]
E non è nemmeno il momento di rifiutare l’accordo iraniano sul nucleare, una conquista importante raggiunta fra l’Iran e un gruppo di potenze mondiali per ridurre le tensioni. Questo minaccia non solo il Medio Oriente, ma anche la penisola coreana. Che incentivi ha Pyongyang a credere che il disarmo porterà dei vantaggi quando gli Stati Uniti abbandonano il loro accordo sul nucleare con Teheran? […]
È opinione diffusa che la guerra e la violenza non risolvano i problemi del mondo. La violenza genera altra violenza. Nel 2016 quasi tre quarti di tutte le morti per il terrorismo appartengono a cinque stati: Iraq, Afghanistan, Siria, Nigeria e Somalia. Quindi difendiamo le vittime delle guerre e del terrorismo e rendiamo realtà la giustizia internazionale.
Chiediamo anche che i principali esportatori d’armi si assicurino che tutte le esportazioni rispettino non solo le obbligazioni legali, ma anche quelle morali. Questo significa basta licenze per l’export d’armi quando c’è un chiaro rischio che saranno utilizzate per commettere violazioni dei diritti umani o crimini contro l’umanità. […]
Lo Yemen è una disperata catastrofe umanitaria con la peggiore epidemia di colera di sempre. La comunità internazionale dovrebbe far sentire il proprio peso a coloro che supportano la guerra saudita in Yemen. […]
Se siamo seri nel nostro sostegno alla pace, dobbiamo rafforzare la cooperazione internazionale e il peacekeeping. […]
Possiamo vivere in un mondo più pacifico. Il desiderio di contribuire a creare una vita migliore per tutti brucia dentro di noi.
I governi, la società civile, i movimenti sociali e le organizzazioni internazionali possono tutte aiutare a raggiungere questo obiettivo. Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per creare un sistema di regole globali che si applichi a tutti e funzioni per i molti, non per i pochi.
[…] Insieme possiamo:
– Costruire un nuovo sistema sociale ed economico fondato sui diritti umani e sulla giustizia.
– Garantire la giustizia ambientale e un modo migliore per vivere insieme su questo pianeta.
– Riconoscere l’umanità dei rifugiati e offrire loro un posto al sicuro.
– Lavorare per la pace, la sicurezza e la comprensione.
La sopravvivenza della nostra comune umanità non richiede nulla di meno. […]
Grazie.
—
Qui il video integrale dell’intervento:
—
(Foto di copertina: Jeremy Corbyn | EPA)