Vittoria di sindaci e amministratori locali che in questi anni, mentre si aspettava la legge, hanno avviato i registri del testamento biologico nelle loro città o regioni, cercando di andare incontro alle richieste di tanti cittadini
È un giorno importante per il nostro Paese, un giorno importante per la tutela dei diritti di ognuno. Un giorno da ricordare per tutti noi, che d’ora in avanti potremo finalmente lasciare delle disposizioni sulle cure che intendiamo accettare se un giorno non saremo più in grado di esprimerci direttamente.
Da medico, mi sento di dire che è un giorno importante anche per medici e infermieri che quotidianamente si trovano a dover gestire situazioni difficilissime che riguardano la fine della vita.
Infermieri e medici che sono supportati dalla deontologia, dalla giurisprudenza degli ultimi anni, dalle convenzioni internazionali, ma che fino ad oggi hanno operato in assenza di una legge che garantisse serenità nella scelta più complicata. Perché se per un momento ci fermiamo e riflettiamo, quale scelta è più difficile del decidere come comportarsi di fronte a un uomo che muore?
Nel 2006, appena rientrato in Italia dopo due decenni all’estero impegnato nel mio lavoro di chirurgo dei trapianti, venni eletto presidente della Commissione Sanità del Senato ma confesso che non immaginavo che in Italia un paziente non avesse la libertà di scelta per le cure a cui sottoporsi. Per questo il mio primo atto da senatore fu di scrivere una legge che consentisse a una persona di indicare che voleva tutte le terapie esistenti ma anche che poteva rinunciare ad alcune di esse.
Sono trascorsi quasi 12 anni e finalmente oggi la legge sul testamento biologico approvata al Senato sancisce il diritto di ognuno di indicare in vita quali terapie intenda accettare e non accettare se un giorno si troverà nella condizione di non potersi esprimere. Indicazioni alle quali i medici dovranno attenersi. Ed è positivo che dopo un dibattito durato decenni (negli Usa, dove oggi ho ripreso il mio lavoro, una legge esiste dal secolo passato), anche il legislatore italiano abbia accettato ciò che riconosce unanimemente la scienza, ovvero che la nutrizione e l’idratazione artificiali sono delle terapie a tutti gli effetti e in quanto tali possono essere accettate o rifiutate nel momento in cui una persona scrive il proprio testamento biologico.
L’Italia è un Paese che avanza a passo di lumaca, soprattutto nel campo dei diritti, che arriva solo oggi a un importantissimo traguardo, oltre due decenni dopo l’inizio della drammatica vicenda di Eluana Englaro che, nel momento della sospensione delle cure, sconvolse l’intero Paese ma ebbe il merito di portare alla luce quale fosse, già allora, l’orientamento degli italiani in materia di fine vita. Un traguardo, quello di oggi, raggiunto grazie alle battaglie di persone come Pier Giorgio Welby, e di tanti che esponendo con umiltà la propria sofferenza ci hanno commosso e, con la loro testimonianza, ci hanno obbligato a riflettere sulla necessità di una legge per ottenere il riconoscimento di un diritto.
Oggi però non posso dire di essere felice. Tornato all’estero guardo il Paese dove sono nato da lontano e la cui classe dirigente mi appare così poco concentrata sulla vita reale delle persone, sulle sofferenze di tanti, sulle vite dei cittadini.
Ma voglio abbandonare questi pensieri uggiosi e scrivere solo che finalmente è un giorno di vittoria di tanti. Una vittoria di Beppino Englaro che, attraverso la tragedia della sua adorata figlia, ha condotto una battaglia civile e non solo personale. La vittoria di tante associazioni impegnate per mobilitare gli animi e incalzare la politica. Vittoria di sindaci e amministratori locali che in questi anni, mentre si aspettava la legge, hanno avviato i registri del testamento biologico nelle loro città o regioni, cercando di andare incontro alle richieste di tanti cittadini.
Non è stata approvata una legge che consente l’eutanasia: è stata approvata una legge che consente di scegliere le terapie. E’ quello che, nel 1948, è stato scritto nell’articolo 32 della nostra Costituzione che recita: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Per questo è una vittoria di tutti gli italiani che credono nella Costituzione e nella libertà di scelta.