In venti città gli attivisti di Potere al popolo contestano la liberalizzazione (imposta da Bersani e poi da Monti) degli orari dei centri commerciali
di Checchino Antonini
Lavorare per vivere, non il contrario: la questione del tempo di vita da sottrarre ai carichi di lavoro crescenti per chi ha un’occupazione ridiventa centrale nelle vertenze e, dalle vertenze, si riverbera sulla campagna elettorale che entrerà nel vivo non appena sarà ufficiale lo scioglimento delle Camere. Oggi, 26 dicembre, gli attivisti e le attiviste di “Potere al Popolo“, unica anomalia a sinistra nel prossimo scenario elettorale, sono fuori agli esercizi commerciali per opporsi alle aperture domenicali e nei festivi. Si tratta anche di un elemento visibile di polemica con chi ha imposto i dictat del neoliberismo (in questo caso le lenzuolata di liberalizzazioni) e poi si candida a ripararne i danni.
Il programma della lista è piuttosto esplicito quando chiede la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali, tanto più necessaria a fronte dei processi in atto di automazione delle produzioni e la riduzione dell’orario di lavoro nell’arco della vita, cancellando la controriforma Fornero.
In venti città (Reggio Calabria, Cosenza, Lecce, Napoli, Roma, Torino, Pescara, Genova, Pavia, Padova, Bergamo, Molfetta, Mantova, Salerno, Milano, Livorno, Termoli, Piombino, Castelli Romani, Grosseto) si sono svolti volantinaggi e speakeraggi fuori ai maggiori centri commerciali aperti (solo per nominarne alcuni: Ikea, Carrefour, Auchan, Coop, Conad).
Moltissimi clienti hanno consegnato alla cassa il volantino preparato per la giornata per dimostrare la solidarietà alle migliaia di lavoratori e lavoratrici costretti sul luogo di lavoro anche in un giorno festivo come questo, che dovrebbe essere dedicato alla vita, agli affetti, al riposo.
«E’ importante- scrivono i promotori – ricominciare a conquistare spazi e tempi per la socialità e gli affetti. In Italia il processo di liberalizzazione delle attività commerciali comincia con il decreto Bersani e continua con Berlusconi e Monti. La chiamano liberalizzazione ma la libertà è solo quella dei proprietari della grande distribuzione di tenere i centri commerciali aperti più a lungo, senza nuove assunzioni, senza pagare il lavoro notturno e tagliando il costo del lavoro. Chi va a fare la spesa di notte o nei festivi non lo fa per piacere ma spesso perchè sono gli unici momenti in cui può farlo, dovendosi barcamenare tra più lavori, precarietà e flessibilità crescente».
L’invito di oggi, quindi, è per costruire una campagna di opposizione consegnando alla cassa il volantino preparato per la giornata per dimostrare la solidarietà alle migliaia di lavoratori e lavoratrici costretti sul luogo di lavoro anche in un giorno festivo come questo, che dovrebbe essere dedicato alla vita, agli affetti, al riposo.
«Oggi – dichiara Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – siamo con la lista “Potere al popolo” davanti a tanti centri commerciali, a volantinare contro le aperture natalizie dei centri commerciali e in solidarietà con lavoratrici e lavoratori da 4 anni senza contratto. La liberalizzazione selvaggia delle aperture nel settore del commercio è stata un regalo dei governi Berlusconi e Monti alla grande distribuzione. Con il voto del Pd, diretto allora da Bersani, e del centrodestra di Berlusconi e Meloni si è consentito alle imprese della grande distribuzione organizzata, gdo, di spremere lavoratori 365 all’anno e di fare strage degli esercizi di vicinato che non possono competere. Nessun risultato sul piano della riduzione dei prezzi ma perdita del diritto al riposo e alla festa per lavoratrici e lavoratori, nonché ulteriore desertificazione dei nostri centri abitati.
Il far west del commercio – mentre in Europa a partire dalla Germania il settore rimane regolato – è uno dei tanti esempi di politiche condivise da centrodestra e centrosinistra. Quel che conta è il profitto e si può aprire non solo il 25 aprile o il Primo Maggio ma persino a Natale. Abolire la liberalizzazione del commercio e le leggi che hanno precarizzato lavoro, fermare dilagare grande distribuzione, restituire vita a città e paesi non è impossibile. I consumatori possono essere accontentati con una turnazione delle aperture regolamentata a secondo delle esigenze territoriali e salvaguardando diritti. Stiamo partecipando e promuovendo la lista “Potere al popolo” perché in Italia c‘è bisogno di un‘alternativa popolare alle politiche neoliberiste degli ultimi 25 anni».
«Avevamo detto che la nostra campagna elettorale sarebbe stata diversa – spiega Savatore Prinzi, del centro sociale Je so’ pazz, da cui è scoccata la scintilla che ha convocato le assemblee per la lista – che sarebbe stata una lotta, un dare voce a chi non ha voce, un fare apparire le esigenze di noi non-rappresentati. Quello che già facciamo ogni giorno, ma meglio. Per noi “vincere” in questa campagna elettorale vuol dire innanzitutto parlare a centinaia di migliaia di persone, imporre al paese, anche per un giorno solo, i nostri temi e le nostre soluzioni – invece di stare sempre a inseguire le stronzate reazionarie di PD, 5Stelle, fascisti… Eccoci qui. Non sappiamo nemmeno se raccoglieremo le firme in tutta Italia, ma già siamo nelle piazze e nei luoghi di lavoro».
Quelli di Potere al popolo già in strada: «Non si vive per lavorare!»