di Ryan Mallett-Outtrim – 7 gennaio 2018
Non ci sono dubbi al riguardo: l’economia del Venezuela è in una situazione disastrosa e non esiste alcuna soluzione semplice. Gli sforzi del governo Maduro sono stati sin qui un miscuglio, concentrati su evitare a ogni costo l’insolvenza tentando contemporaneamente di alimentare programmi di welfare popolari ma privi di logica e di lanciare un mega progetto minerario altamente discutibile. Superfluo dirlo, c’è una quantità di critiche da formulare, particolarmente quando si tratta di alcune delle sue proposte più strampalate. Analogamente non c’è bisogno di dire che il governo Maduro è in una posizione tosta e la situazione che affronta è complicata, per dire il minimo.
Fortunatamente l’ex economista capo della Banca Interamericana di Sviluppo, Ricardo Hausmann, ha una soluzione semplice a quella che definisce una “crisi umanitaria”. Tale affermazione è parecchio difficile da giustificare, considerato che seri esperti della materia concordano largamente che la regressione del Venezuela non è per nulla prossima al livello di “crisi umanitaria”. Ciò nonostante le cose vanno male in Venezuela; così male che Hausmann si è spinto a evocare un riferimento alla seconda guerra mondiale, chiedendo un “D-Day per il Venezuela”.
Prima di dedicarmi al succo della questione vorrei congratularmi con Hausmann per il suo spassoso paragone con il D-Day; sapete di essere in procinto di uno spasso quando la legge di Godwin è già stata sottoposta a una blitzkrieg prima di aver superato il titolo. Presumibilmente il lettore riempirà gli spazi vuoti concludendo che il “D-Day” da Hitler a Hausmann è Maduro.
Non esattamente il più intellettualmente formidabile degli inizi, ma sentiamo Hausmann, che ne dite?
L’approdo di Hausmann al D-Day
“Quanto alle soluzioni, perché non considerare la seguente: l’Assemblea Nazionale potrebbe incriminare Maduro”, ha suggerito Hausmann, partendo da un tono relativamente moderato.
“L’Assemblea potrebbe costituzionalmente nominare un nuovo governo che a sua volta potrebbe chiedere assistenza militare a una coalizione di volenterosi, compresi paesi latinoamericani, nordamericani ed europei. Questa forza libererebbe il Venezuela allo stesso modo in cui canadesi, australiani, britannici e statunitensi liberarono l’Europa nel 1944-1945”, ha sostenuto.
“La mia ipotesi è che nella maggior parte di questi casi l’esercito venezuelano si tirerà indietro perché sa di essere del tutto inferiore, dunque non ha alcun senso combattere”, ha detto in un’intervista seguente.
Ancor meglio, ha sostenuto che il piano potrebbe aggirare la necessità dell’approvazione delle Nazioni Unite poiché le forze militari straniere sarebbe state tecnicamente invitate dal regime appena insediato.
Suona tutto così semplice, fino a quando non ci si rende conto che il piano di Hausmann creerebbe indubbiamente un disastro umanitario che farebbe apparire l’attuale regressione economica decisamente deliziosa.
Il modello Panama: piccolo paese, grande costo umanitario
Cercando di giustificare l’intervento straniero, lo stesso Hausmann ha guardato come modello all’intervento statunitense del 1989 a Panama.
“Sarebbe simili agli Stati Uniti che liberarono Panama dall’oppressione di Manuel Noriega, inaugurando la democrazia e la crescita economica più rapida dell’America Latina”, ha affermato.
Una curiosità: un numero a scelta tra poche centinaia e 4.000 panamensi non combattenti fu ucciso durante l’intervento. Dopo la violenza persino i cagnolini di Washington presso Human Rights Watch non poterono trattenere il loro orrore per il comportamento delle forze statunitensi.
“[Stime del pedaggio in morti civili] rivelano che l’’operazione chirurgica’ delle forze statunitensi ha inflitto un pedaggio in vittime civili che è stata almeno di quattro volte e mezzo superiore a quello delle perdite militari del nemico e da dodici e tredici volte più elevato delle perdite subite dalle truppe statunitensi”, ha segnalato HRW in cupo rapporto del 1991.
Il rapporto proseguiva: “Di per sé questi rapporti suggeriscono che la regola della proporzionalità e il dovere di minimizzare i danni ai civili, quando farlo non comprometta un obiettivo militare legittimo, non sono stati fedelmente rispettati dalle forze statunitensi d’invasione”.
Naturalmente Panama non è paragonabile al Venezuela. Innanzitutto chiunque abbia familiarità con la geografia non può non rendersi conto che Panama è assolutamente minuscolo; nel 1989 aveva una popolazione di meno di 2,5 milioni. Il Venezuela del 2018, d’altro canto, è più di dodici volte più vasto con una popolazione di più di 31 milioni. Dunque se supponiamo che l’intervento di Hausmann sia attuato a un livello di relativa brutalità simile a quello di Panama il conto delle vittime potrebbe essere facilmente di migliaia.
Interventismo occidentale: un bagno di sangue dopo l’altro
C’è un motivo per il quale Hausmanm ha dovuto guardare indietro di tre decenni per trovare un esempio di un intervento militare che gli piacesse; in effetti gli interventi militari occidentali recenti sono solitamente più brutali di quanto abbiano subito i panamensi. Sinora l’invasione dell’Iraq (un paese con una popolazione più paragonabile al Venezuela: 37 milioni di abitanti) e la successiva epoca di infinita violenza ha lasciato morti tra il 180.000 e i 201.000 civili. Nel frattempo l’ugualmente interminabile guerra in Afghanistan ha inflitto un costo umano complessivo di 173.000 morti nel paese e nel vicino Pakistan. Persino l’intervento meno brutale nella memoria recente, quello in Libia, ha visto le forze della coalizione massacrare direttamente dozzine di civili senza riuscire a fermare la morte di fino a 20.000 persone nella guerra civile di quel paese. Oggi la Libia è nella sua seconda guerra civile dopo l’intervento, con circa 6.000 vittime sinora, mentre sono spuntate in tutto il paese aste di schiavi quali raggelante illustrazione della catastrofe dell’intervento occidentale. Merita di essere segnalato che la Libia è stata spacciata al pubblico come un intervento leggero, senza soldati a terra e con un esplicito mandato dell’ONU di proteggere i civili. Ovviamente l’intervento proposto da Hausmann non avrebbe tale mandato e comprenderebbe l’invio di soldati nelle strade di Caracas. Se avete mai passato del tempo a Caracas allora probabilmente saprete già che si tratta di una ricetta per un disastro. Non so voi, ma io non vorrei essere sorpreso in tenuta da combattimento gringo in un barrio fedelmente chavista. In realtà, indipendentemente da quale sia la parte dello spettro politico cui apparteniate, penso che tutti conveniamo che una fetta considerevole della popolazione venezuelana non tollererebbe mai una simile occupazione straniera e una feroce insurrezione capitalista sarebbe inevitabile.
A chi piacciono le guerre civili infinite?
Questo mi porta al mio punto successivo. Come può aver notato il lettore perspicace, c’è uno schema comune negli interventi occidentali: sono tutti seguiti da anni – se non decenni – di orrendi conflitti e instabilità interni. Qualsiasi osservatore razionale supporrebbe che lo stesso varrebbe per il Venezuela, un paese profondamente diviso con una situazione politica estremamente complessa. Lo stesso Hausmann dovrebbe essere consapevole di questo, considerato il suo impressionante curriculum.
Ex ministro venezuelano della pianificazione è oggi professore di economia presso la Kennedy School di Harvard e direttore del Centro per lo Sviluppo Internazionale presso l’Università di Harvard. Superfluo dirlo, le sue credenziali accademiche e la sua familiarità con il Venezuela indurrebbero a supporre che egli dovrebbe già capire tutto ciò che ho menzionato qui. Lo stesso si potrebbe dire di virtualmente tutte le voci di spicco che sollecitano un intervento diretto in Venezuela. Con decenni di dati sulla nostra groppa collettiva la questione se un intervento militare possa essere o no condotto umanamente è decisamente risolta. Intervento è solo un termine educato per omicidio di massa.
Chiudendo il cerchio riguardo all’aggressione del nostro impudente alleato alla più sacra delle leggi di Mike Godwin, è probabile che l’intervento suggerito da Hausmann non abbia alcuna somiglianza degna di nota con la liberazione dell’Europa dall’incubo nazista. In realtà dimenticatevi del tutto il “D-Day del Venezuela”: confronti più appropriati con la seconda guerra mondiale avrebbero nomi come Fall Rot, Fall Weiss, Barbarossa e Fall Gelb.
Ahimè, dovrebbe essere chiaro che suggerire un intervento armato in Venezuela è tanto adulto quanto tentare di costruire una tesi basata su un’allusione intellettualmente sciatta al nazismo. Pensate di lui quel che volete, ma Maduro non è Hitler e il D-Day del Venezuela sarebbe un bagno di sangue di una portata che il paese non vede da moltissimo tempo (se mai l’ha vista).
Dunque per quanto riguarda il Venezuela non c’è altra soluzione che la pace. Chiunque affermi altro deve essere contestato per quello che è: pericolosamente ignorante, al meglio, e, al peggio, guerrafondaio.
Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/just-bomb-everyone/
Originale: Venezuelanalysis.com
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.