La morsa repressiva del governo Al Sisi è sempre più pesante contro chiunque si opponga alla dittatura e contro chi difende attivisti e movimenti, mentre imprese straniere e italiane, Eni in primis, fanno lauti profitti con le ricchezze del paese
La dittatura di Al Sisi è sempre più violenta e repressiva. In questi giorni il caso più eclatante è quello dell’avvocata Mahienour el-Massry e del sindacalista Moatasem Medhat, condannati a due anni di carcere da un tribunale egiziano per aver violato una legge sulle adunate pubbliche, imposta dall’autorità coloniale inglese nel 1914.
Il loro caso, qui in seguito riassunto, è raccontato in dettaglio dal sito Egypt Solidarity Initiative, fonte importante per comprendere la situazione nel paese.
Mahenour e Moatasem sono in carcere già da Novembre e la loro sentenza di appello sarà il 13 Gennaio. I capi di imputazione si riferiscono ad una manifestazione durante l’ondata di proteste contro il trasferimento delle isole Tiran e Sanafir dall’Egitto all’Arabia Saudita, ma è chiaro che l’obiettivo reale è fermare difensori che mettono a rischio se stessi per proteggere chi è perseguitato dal regime.
Mahienour è una avvocata per i diritti umani, molto famosa per il suo lavoro di difesa di attivisti, sindacalisti e rifugiati siriani perseguitati dalle autorità. È già stata arrestata nel 2015 in seguito alle proteste per la scarcerazione del poliziotto accusato dell’omicidio di Khaled Said, ragazzo di Alessandria la cui morte è stata la scintilla del movimento di protesta che ha aperto la strada alla rivolta del 2011. In prigione è stata insignita del prestigioso Ludovic Trarieux International Human Rights Prize, per il suo lavoro di difesa delle vittime dell’oppressivo sistema giudiziario egiziano. Anche in carcere ha continuato a lottare per i diritti delle compagne di cella, molte delle quali donne di classe bassa, incarcerate per debiti che non potevano pagare.
Il sindacalista Moatasem Medhat è invece membro del partito Pane e Libertà, persona di rilievo all’interno della Conferenza dei Lavoratori di Alessandria, una federazione regionale di sindacati indipendenti. Attraverso la federazione ha lottato per cambiare le leggi egiziane sul lavoro e il sindacato, e ha contribuito a organizzare una campagna per salvare lavori nell’industria tessile.
Sempre Egypt Solidarity Initiative racconta che Mahienour e Moatasem sono solo due delle migliaia di detenuti in base a false accuse dal regime autoritario di Al Sisi. Amnesty International ha denunciato che le autorità egiziane usano «detenzioni di massa arbitrari per sopprimere manifestazioni e dissenso, arrestando giornalisti, difensori di diritti umani e attivisti, e hanno ristretto le attività di organizzazioni per i diritti umani» così come, le stesse autorità sono accusate di tortura ed esecuzioni extragiudiziarie.
Gli attivisti radunatisi a supporto degli imputati di fronte al tribunale il 30 Dicembre, per ascoltare la sentenza, sono stati attaccati, picchiati e tre di loro arrestati.
Intanto l’Europa tace e acconsente, anzi, fervono ottimi rapporti diplomatici ed economici con Il Cairo: l’Egitto è ritenuto paese amico perché aiuta a bloccare i flussi di migranti e perché “combatte il terrorismo” incarcerando chiunque sia vicino ai Fratelli Musulmani. Se poi all’interno di questa intensa attività arresta o condanna a morte avvocati, attivisti di sinistra e dei movimenti sociali, pazienza, è il prezzo da pagare, e la “nostra” Federica Mogherini chiude tutti gli occhi.
Anzi, fa molto di peggio: nell’ottobre 2017 la Mogherini ha promosso un nuovo partenariato economico UE-Egitto per tre anni, 2017-2020, con priorità tra il ridicolo e l’indegno «supporto per le riforme strutturali ed economiche, forte cooperazione contro terrorismo e immigrazione illegale, Egitto partner fondamentale nella regione anche per i conflitti nel Medio oriente e difesa dei diritti umani e dello Stato di diritto nel Paese».
La posizione dell’Italia in particolar modo è vergognosa.
La gestione del caso Regeni ha superato i limiti della decenza la scorsa estate, come ricostruisce in questo approfondito articolo Lorenzo Declich, con una serie di falsità e ipocrisie prodotte dai nostri governi per nascondere la loro sudditanza al governo di Al Sisi. Nel frattempo, guarda caso, l’Eni continua a fare affari con recenti profitti strabilianti, grazie a cosa? Proprio grazie allo sfruttamento di Zohar, un’immensa zona di estrazione di petrolio e gas naturale in acque egiziane.
Vale la pena ricordare che dal 1 luglio 2015 è Vicepresidente di Eni Lapo Pistelli, con delega ad analisi strategiche e business development.
Pistelli, (Partito Popolare, poi Margherita e poi PD) è stato dal 2013 fino alla sua nomina all’Eni viceministro degli esteri, quasi a simboleggiare, con la sua triste traiettoria politica, l’assoggettamento della politica estera italiana all’insaziabile fame di profitti della azienda petrolifera. La forte crescita delle estrazioni riportata nel 2017 e la costante espansione geografica avvengono nonostante l’azienda si sia macchiata di uno dei più grandi scandali di corruzione al mondo, in Nigeria. A fine dicembre è stato deciso che i suoi vertici saranno rinviati a giudizio nel processo nato in seguito dell’inchiesta indipendente di alcune ong internazionali tra cui ReCommon. Ancora una volta la questione, di gravità inaudita, è passata quasi sotto silenzio da parte dei media mainstream, complice il clima natalizio.
Non rimane che constatare che per il governo italiano “la tangente del secolo” non è rilevante, né la verità sull’assassinio di Giulio Regeni ha valore, solo il bieco profitto dei dirigenti Eni va tutelato, business as usual.
Per sosteneere la campagna per la liberazione di Mahienour, segui la pagina: FreeMahienour
https://www.dinamopress.it/news/egitto-la-dittatura-amica-delleuropa/