Su gentile concessione dell’autrice 

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Secondo le autorità carcerarie, a fine novembre 2017 Israele deteneva oltre 300 minori palestinesi. Di questi, 180 in detenzione preventiva in attesa di un processo da condurre in un tribunale militare. Aveva scritto la deputata britannica Sarah Champion  dopo aver presenziato a un’ udienza: “Non ho potuto sapere, poi, di cosa era accusato il ragazzo. Non so se era colpevole o innocente. Quello che so è che, anche se fosse un atroce reato, mettere i ceppi a un bambino, negargli l’istruzione, costringerlo a trascorrere due anni senza verdetto non è un modo giusto, democratico o morale di comportarsi da parte di uno stato.”
Bambini e adolescenti incarcerati da anni: trend in aumento, trattamento talvolta in condizioni crudeli, tuttavia solo ora l’arresto di un’adolescente diventa notizia virale. Perché?

Tale deprecabile situazione complessiva non ha mai attirato l’attenzione dei media internazionali e le denunce degli osservatori per i diritti umani o degli attivisti palestinesi sono state ignorate; lo stupore è comprensibile davanti all’improvviso clamore per l’arresto di Ahed Tamimi e la campagna di sostegno nei social media, ripresa da grandi testate internazionali.
E’ un simbolo, dicono, ma un simbolo efficace non oscura, al contrario illumina nell’ampiezza del suo significato. Il nome di Ahed avrebbe dovuto tirar la volata agli altri 300 verso il traguardo dei titoli dell’informazione  internazionale. Così non è.

In quest’epoca le immagini emotive sono più potenti delle parole emotive”  perchè le parole esigono pensieri, mentre le immagini influenzano direttamente e provocano immediata risposta emotiva. Lo abbiamo visto accadere con il corpicino di Aylan sulla spiagga. Un simbolo dei migranti, si disse, ma sulle migrazioni dalle zone di guerra l’attenzione non è decollata, svanendo quando l’icona ha perso la sua novità. 

Perché dunque Ahed? Cresciuta mascotte dell’attivismo famigliare e dei 500 abitanti di Nabi Saleh, da 13enne che mostrava il pugno al soldato ha, per così dire, fatto carriera. Nel 2012 ha ottenuto il visto per Istanbul – in piena crisi turco-israeliana per l’incidente della nave Mavi Marmara – dove le è stato conferito un premio “per il coraggio”. Innumerevoli sono i video che la mostrano compiere gesti provocatori contro impassibili – verso di lei – soldati israeliani o nell’atto di rilasciare interviste, fino al giorno documentato in questo video in cui scalcia e schiaffeggia un soldato preso a “simbolo” della Potenza Occupante.  L’esercito ha deciso di farne l’incidente dell’ adesso basta.
ahed-tamimi-ragazzi-palestinesiFine del trattamento di favore che la rendeva diversa da tutti quei ragazzini che da lontano tirano una pietra contro un tank e vengono arrestati. Inizio della campagna nei social media che ha raggiunto talvolta toni grotteschi: la nuova Giovanna d’ Arco! Il nuovo volto della resistenza, l’angelo vendicatore dalla chioma d’oro. Si sfiora l’adorazione dell’icona. Non mancano gli articoli agiografici nei siti femministi. La cugina Nour che con lei scalciava il soldato è detenuta, ma di lei nessuno parla. E anche questo è singolare.

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Razan Abu Sal

Un’altra adolescente sta emergendo dall’anonimato, senza strappare il primato mediatico di Ahed sebbene le sue siano ragioni assai più fondate:  Razan Abu Sal è 13enne ed è stata condannata a 45 giorni di prigione per aver tirato pietre!

 

Giova alla “causa” palestinese tutto questo? Del tutto ininfluente. Occorrerebbe vivere in Cisgiordania per sapere che cosa pensano realmente gli abitanti, soprattutto i famigliari degli altri ragazzi incarcerati e negletti, ma l’icona dalla chioma fluente ha galvanizzato i supporter palestinesi da tastiera che troppo spesso adottano una persona o una fazione, suscitando la sgradevole impressione che – più che sostegno per i Palestinesi – sia uno sfogare l’odio verso la controparte. 
Certamente in negativo, l’influenza si è verificata ponendo in secondo piano la situazione drammatica in cui versa Gaza, per la cui soluzione si esprime e impegna – tragico paradosso – proprio il governo israeliano che l’ha provocata.

In quale modo Israele è toccata da questa campagna per Ahed?  Se ne discute, sono nate polemiche fra il Ministro della Difesa e l’IDF dopo che alla radio dell’esercito una qualche celebrità ha assurdamente paragonato la ragazzina ad Anna Frank; si è detto che una commissione Knesset indaga sui Tamimi,  se siano reali o attori appositamente ingaggiati; in un accesso d’ inappropriatezza ha dedotto dall’aspetto fisico di Ahed delle ascendenze ebraiche. 
Certamente utile all’esercito d’Israele questa campagna lo è stata, contribuendo a mantenere sottotono le reazioni sul palestinese 17enne ucciso con un colpo alla testa da un soldato. Forse ha anche un po’ ha distratto dalla scoperta di una registrazione compromettente Netanyahu, sotto indagine per corruzione.

Quel che è fatto per superficiale strepito raramente consegue l’obiettivo proposto, e tale obiettivo, voglio continuare a credere, era un trattamento in linea con i diritti dei bambini e degli adolescenti.
Convenzione_diritti_infanzia_1

Articolo 1

Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile.

Articolo 2

1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.

2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fan- ciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di san- zione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

300 ragazzi prigionieri ignorati e frenesia per un’icona. Cui bono?

 

Di AFV

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