Sta arrivando la buriana. O meglio sta arrivando buran, come ci raccontano i giornalisti e gli esperti che invadono le nostre vite, perché usare una parola straniera – finanche russa – fa sempre più fine. Mia nonna diceva che arrivava la buriana, e un esperto non può certo parlare come mia nonna.
Sta venendo freddo, molto freddo: succede in inverno. Peraltro per noi che a casa guardiamo la televisione e gli esperti di meteorologia non è poi un gran problema: basta mettere un panno di più a letto, indossare un maglione più pesante, accendere un po’ più a lungo il riscaldamento, e magari evitare di uscire per fare cose inutili. La buriana è un problema molto serio per chi non ha una casa e neppure un televisore su cui seguire ora dopo ora l’andamento delle temperature: ma tanto loro sono poveri, non è un nostro problema.
C’è stato un tempo – molto lontano – in cui i venti erano dei, come ogni altro fatto della natura. Ed erano dei antichissimi, non come quegli dei “moderni” – quelli della generazione di Zeus, per intenderci – che sarebbero venuti dopo a rappresentare la giustizia, la bellezza, l’amore e tutte quelle robe lì. No, quegli dei antichissimi erano la forza della natura, una forza che gli uomini dovevano temere, ma da cui sapevano anche di essere nutriti e protetti. Tra questi dei antichi c’era Borea, un uomo barbuto con due grandi ali e una coda di serpente al posto delle gambe, figlio, come i suoi fratelli Austro e Zefiro, del titano Astreo e di Eos, l’aurora. Borea, Austro e Zefiro erano rispettivamente i venti del nord, del sud e dell’ovest. Austro portava il caldo e la pioggia, Zefiro portava la primavera, mentre Borea portava il freddo. Tutti e tre erano a un tempo temuti e attesi, perché di tutti e tre gli uomini sapevano di aver bisogno.
Gli ateniesi avevano una particolare venerazione per Borea perché, anche grazie a lui, era stata sconfitta la flotta persiana nella battaglia del capo Artemisio. Ma c’era anche un più antico legame tra il dio e la città. Borea vide Orizia, la figlia del re di Atene Eretteo, mentre raccoglieva dei fiori lungo il corso dell’Ilisso e se ne innamorò. Era primavera, il poeta racconta che la ragazza scivolò nel fiume, ma il vento che la vide così bella dal fiume la portò sopra una stella. Non so se, come ci assicura il poeta, questa è la storia vera, ma si sa che i poeti hanno il sacro diritto di raccontarci delle menzogne, per dirci delle verità che altrimenti non vorremmo ascoltare.
E Borea continua, nonostante tutta la nostra modernità, a portarci il freddo e troppe donne, come Orizia e come Marinella, continuano a vivere solo un giorno come le rose.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…