Despite the adverse weather conditions, protesters restored and rebuilt barricades under the snow in Maidan square. Kiev, Ukraine. December 12, 2013.

Quattro anni fa, questo fine settimana, il governo ucraino democraticamente eletto, sebbene profondamente corrotto, venne rovesciato da un colpo di Stato appoggiato dall’Occidente, che scatenò una reazione a catena di eventi, lacerando uno dei più grandi paesi europei.

Il movimento “Euromaidan” si impegnò a cancellare la corruzione, migliorare gli standard di vita e integrare l’Ucraina nell’Occidente, ma ha fallito miseramente su tutti i fronti.

Nel 2014, i redditi ucraini erano già esigui. Ma oggi, non solo il paese [in inglese] compete con la Moldavia per la discutibile distinzione di avere i salari [in russo] più bassi in Europa, il suo PIL pro capite è ora inferiore a quello di El Salvador e Libia, ed è incuneato tra Laos e Vietnam in termini di dollari grezzi. Tuttavia, nonostante queste difficoltà, è riuscita a salire [in inglese] di quattro posizioni nella classifica Doing Business 2018 della Banca Mondiale.

Allo stesso tempo, l’Unione Europea è sempre più frustrata per le mancate riforme in Ucraina. In effetti, solo questa settimana, Bruxelles ha scartato un piano da 29 miliardi di euro per costruire posti di controllo [in inglese] sul confine a causa del rancore per il fallimento di Kiev nel mantenere certe promesse. La mossa è arrivata dopo che è emerso che un’impresa specializzata nell’installazione di unità di ventilazione aveva ottenuto il contratto per ragioni sconosciute.

Rubare liberalmente

E questo ci porta al problema principale dell’Ucraina: la corruzione. Il Maidan ha promesso di inaugurare una nuova era di trasparenza. Ma, in realtà, il conseguente collasso finanziario non ha frenato la fame dei suoi famelici politici e dirigenti d’impresa. Al contrario, dopo un breve interregno in seguito al cambio di potere, si sono semplicemente presi una fetta [in tedesco] più grande della torta più piccola. Quindi, i danni sono stati fatti ai cittadini comuni, mentre le élite continuano a godere gli alti standard di vita a cui sono abituate.

Ad esempio, a Capodanno, mentre l’ucraino medio faticava ad organizzare una festa col suo magro salario, l’élite ha festeggiato in grande stile. Invece di mostrare empatia nei confronti delle vittime del disastro economico che ha contribuito a creare, il presidente Petro Poroshenko “ha trascorso una vacanza [in inglese] natalizia segreta molto costosa, una settimana alle Maldive”, secondo il Kyiv Post [in inglese]. Il giornale ha affermato che l’oligarca ha speso 500.000 dollari per una vacanza di sette giorni per dieci persone. Una somma equivalente a oltre 189 anni paga per il lavoratore medio del suo paese.

Dicono che il pesce puzzi dalla testa, e il pessimo esempio di Poroshenko ha fatto rapidamente scuola, con il Procuratore Generale Jurij Lucenko che sembra [in inglese] abbia pagato almeno 65.000 dollari per un viaggio alle Seychelles nello stesso periodo. Con stupore degli osservatori, Lucenko ha affermato che la sua vacanza “non è stato nulla di eccessivo”, aggiungendo “questo è un qualcosa che qualsiasi tipico ucraino della media borghesia può permettersi”. Inoltre, il costo del viaggio di Lucenko ammontava a quasi il doppio dei suoi 36.000 dollari di reddito annuale dichiarato.

Certamente, la stravaganza dell’élite ucraina non è una novità. Ed è stato ben documentato come il presidente esautorato Viktor Yanukovich si sia costruito un palazzo [in inglese] vicino a Kiev, con tanto di struzzi domestici e un campo da golf.

Ma il Maidan avrebbe dovuto cambiare [in inglese] questa situazione. E l’intero movimento era basato sulla convinzione quasi messianica che avrebbe posto fine al peccato originale della corruzione in Ucraina. Eppure, nonostante questi nobili ideali, i leader che ha generato hanno più in comune con i Borgia che con San Francesco d’Assisi.

Il conteggio dell’orrore

Anche il costo umano del Maidan è stato straordinario. Dato che il regime post-golpe/rivoluzione era dominato dagli ucraini occidentali, è iniziata un’insurrezione nell’Est e nel Sud, con la popolazione etnica russa che temeva che la loro cultura sarebbe caduta vittima dei nazionalisti. Così, sostenute con vari gradi di aiuti da Mosca, la Crimea e parti della regione di Lugansk e del Donbass si sono separate dall’Ucraina. E mentre la prima (dove migliaia di soldati russi erano già legalmente di stanza) ha goduto di un regolare divorzio, la seconda coppia ha sopportato una guerra orribile, che finora ha fatto oltre 10.000 morti [in inglese]. Sembra che non ci sia una fine in vista, visto che Kiev rifiuta di adempiere ai suoi obblighi in base agli accordi di pace di Minsk e Mosca mostra pochi segnali di attenuazione della sua posizione su come l’accordo debba essere pienamente attuato.

Il caos ha portato disillusione e difficoltà. Oggi, circa il 60% degli ucraini vive al di sotto della soglia di povertà [in inglese]. Nel frattempo, oltre un milione [in inglese] (per lo più giovani) si sono trasferiti in Polonia dopo il Maidan e, a partire dallo scorso novembre, 427.240 [in inglese] hanno richiesto asilo in Russia. Questi si aggiungono ai 2,6 milioni [in inglese] di ucraini già presenti in Russia, metà dei quali “lavoratori ospiti”.

Nota stonata: tre anni fa Vice News ha riferito [in inglese] che molti dei principali attivisti che hanno inflitto il Maidan al popolo ucraino avevano già lasciato il paese dopo dodici mesi dal disastro che avevano commesso, evidentemente non disposti a pagare per quello che avevano contribuito a distruggere.

La triste verità

Eppure, se cerchiamo le cause profonde del Maidan e delle turbolenze politiche che ancora attanagliano l’Ucraina (questa settimana l’attivista dell’opposizione Mikheil Saakashvili è stato bandito [in inglese] dal paese per tre anni), dobbiamo prima di tutto guardare oltre le etichette come filo-occidentale o filo-russo, perché Poroshenko , Yanukovych e compagnia sono più filo-sé stessi che ogni altra cosa, e perché la maggior parte degli ucraini ordinari non si preoccupa davvero da dove i loro governanti prendano i soldi, da Mosca, Washington o Bruxelles, o da tutte e tre.

In parole povere, la ragione centrale del tumulto ucraino risiede nella disintegrazione degli standard di vita a partire dall’indipendenza. Secondo [in inglese] la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, ogni singolo lavoratore ucraino sta peggio oggi di quanto non stesse sotto il comunismo sovietico nel 1989. Finché questo non cambierà, il paese precipiterà dall’anarchia alla dissoluzione, e poi di nuovo nell’anarchia.

Molti ingenui occidentali credono che le “riforme”, per quanto spietate possano essere, alla fine trasformeranno l’Ucraina in un’oasi della trasparenza. Tuttavia, questi ignoranti, per lo più ben intenzionati, sono troppo accecati dall’ideologia per comprendere la realtà: la corruzione non è solo il problema dell’Ucraina, è il sistema stesso. L’intero ordine sociale è basato sul patrocinio, sulle raccomandazioni e su “un cenno e un occhiolino”. E l’unica possibilità per riabilitarsi sarebbe quella di distruggere tutto e ricominciare da capo.

Qui è dove il Maidan ha prevedibilmente fallito. Gli “amici” americani del movimento hanno scelto [in inglese] leader che in precedenza erano coinvolti col vecchio regime, e anche l’attuale presidente era egli stesso un membro del gabinetto di Yanukovych (prima come Ministro degli Esteri, poi è passato al commercio).

Il Maidan è stato un errore, così è come quasi ogni mossa che l’Ucraina ha fatto dal 1991. Aspettatevi molti altri passi falsi in futuro.

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Articolo pubblicato da Bryan MacDonald il 22 febbraio 2018 su Russia Today.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

http://sakeritalia.it/ucraina/quattro-anni-dopo-leuromaidan-la-corruzione-regna-ancora-in-ucraina/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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