Indovina Chi, il gioco in scatola, è stato un grande protagonista della mia infanzia e, suppongo, anche di quella di molte altre persone. Il segreto era probabilmente la sua semplicità: scegliendo un personaggio dovevi sfidare il tuo avversario a scoprire per primo il viso selezionato. Per farlo bastano semplici domande a cui si risponde con un sì o con un no. Dopo l’infanzia mi ero completamente dimenticato del gioco, fino a ieri. Nella notte elettorale, infatti, ascoltando spogli ed exit poll incerti e non decisivi, mi si rincorreva in mente una sciocca frase: indovina chi governerà.
L’unica certezza infatti, sembra essere la mancanza di un vincitore certo, come potevamo aspettarci, Manca però la parità tra i tre blocchi più forti. La coalizione di centrodestra ed il Movimento 5 Stelle sono le prime due forze; con il blocco azzurro, forte di una prepotente affermazione leghista che guida a livello nazionale con il 37% circa di preferenze, seguito a stretto giro dai pentastellati che si attestano intorno al 33%. Difficile che l’Indovina Chi politico non abbia una di queste due forze, all’interno della cornice contenente il personaggio da indovinare. Deve invece registrare una sonora sconfitta il PD o, meglio, Matteo Renzi, segretario che ancora una volta, come già era avvenuto sia al referendum costituzionale da lui voluto nel 2016 sia nelle amministrative dello scorso anno, è stato bocciato dagli elettori in maniera netta, chissà che questa volta non capisca davvero che lo tollerano ormai davvero in pochi. La coalizione di centrosinistra si attesta intorno al 21 – 22% e il PD fa registrare il suo peggior risultato dalla fondazione, restando sensibilmente sotto il 20%. Lo scarto tra questa coalizione e le altre due è un abisso e il Partito non è riuscito a far eleggere neppure tutti i suoi big, simbolo di ciò è la bocciatura del kapo Marco Minniti nel collegio marchigiano di Pesaro, dov’è arrivato solo terzo al collegio uninominale. L’ex Ministro dell’Interno, già fortemente criticato da Gino Strada per le sue misure in tema d’immigrazione, ha basato gran parte della sua campagna elettorale sui numeri che attestavano la riduzione degli sbarchi. Peccato però che non abbia mai detto che quel 30% di immigranti in meno sbarcati nell’ultimo anno e mezzo è anche un 30% in più di disperati che vengono seviziati, torturati, stuprati ed uccisi nelle carceri libiche, dove subumani in divisa – spesso addestrati da militari italiani – scatenano le loro terribili voglie e vessazioni su famiglie in fuga dalla povertà più nera e/o da bombardamenti quotidiani. Probabilmente gli elettori di quella parte d’Italia hanno messo in conto questa sua bassezza, o forse la valanga M5S era semplicemente incontenibile per chiunque, dal momento che, nella regione Marche, tradizionalmente rossa, il Movimento ha superato il 35% delle preferenze. Non è andata meglio a Dario Franceschini, anche lui ex Ministro di primo piano, anche lui al tappeto.
Lo specchio politico dopo questa tornata elettorale, insomma, è molto chiaro nel non essere chiaro. Sicuramente gli italiani hanno abbandonato la nave PD e il suo timoniere di Rignano, il quale sarà probabilmente disperato dal non poter più essere perennemente in tv o in radio come ha sempre fatto in questi ultimi quattro anni, eccezion fatta per le settimane successive al referendum del 4 dicembre 2016, quando restò nell’ombra per un breve periodo. Sicuramente poi hanno voluto dare una possibilità alle forze di rottura, anti-sistema ed anti-establishment, nella totalità dei significati di queste due parole, connotate negativamente o positivamente a seconda delle convinzioni del lettore.
Che accadrà ora? Il presidente Mattarella si ritrova una bella patata bollente in mano, sta infatti a lui incaricare uno dei due vincitori di formare il prossimo Parlamento. Luigi Di Maio si è detto disposto a mediare ed ascoltare chiunque sia disposto a collaborare con il Movimento, e ciò è già una bella differenza con 5 anni fa, quando i pentastellati respinsero ogni possibile accordo con l’allora premier incaricato Pierluigi Bersani, resta ora da vedere se lo farà davvero. Matteo Salvini, dal canto suo,ha ribadito l’intenzione di voler formare il governo con la sua coalizione di centrodestra, prendendone il comando; ma ha anche lui il problema di non riuscire a raggiungere la quota del 40%, ovvero la maggioranza parlamentare. Non è dunque possibile prescindere da alleanze – che qualcuno chiama inciuci – se si vogliono dare al Paese due Camere in grado di svolgere il loro compito.
Per il momento, rispolverare la scatola di Indovina Chi non è certo una pessima idea.