C’è poco da dire: i risultati parlano da soli, con drammatica evidenza.
Per molte cose non cambierà nulla: avremo un pessimo governo, ma avevamo già un pessimo governo. Avremo un governo che, al di là di qualche roboante dichiarazione di facciata, sarà al servizio delle forze del finanzcapitalismo, ma avevamo già un governo al servizio delle forze del finanzcapitalismo. Il passaggio dalla camicia bianca con le maniche arrotolate alla felpa è solo una questione di folklore: non cambia il senso di marcia, che è ben chiaro e segnato da tempo.
Preoccupa – e molto – che, ancora una volta, in Italia di fronte a una situazione come questa, le persone non riescano neppure a percepire che esiste uno sbocco diverso possibile. Nel nostro paese, a differenza di quello che sta avvenendo nel resto d’Europa, pare che le persone non vogliano neppure provare a dire che l’opzione possibile potrebbe essere la sinistra, radicale e comunista. Sapevamo che sarebbe stato così, e per questo non possiamo scoraggiarci e dobbiamo considerare queste elezioni per quello che valgono: un assestamento di classe dirigente di cui a noi poco importa, perché comunque chi tira le fila è sempre e comunque il nostro nemico di classe.
Saremo all’opposizione del prossimo governo, anche questo lo sapevamo già, anche a urne ancora aperte. Ma dovrà essere un’opposizione sociale: occorre gettare dei semi, perché anche in queste elezioni abbiamo visto che la terra è arida, che le condizioni atmosferiche sono avverse, che c’è qualcuno pronto a sradicare le piantine appena si fanno largo tra le zolle.
Eppure chi avrebbe detto che dalle lotte degli operai e dei contadini della metà dell’Ottocento sarebbe sorto un movimento come quello socialista, capace di caratterizzare una parte significativa della storia del secolo successivo? Certo noi abbiamo avuto la forza di distruggerlo dall’interno – e ne paghiamo le conseguenze – ma credo possa rinascere, ripartendo da associazioni, da gruppi spontanei, da forme di aiuto sociale, da strumenti di mutualità solidale, in sostanza dal provare a resistere a questo mondo così violento.
Non è finita, con il 4 marzo, anzi io sono uno di quelli che pensava che il 4 marzo non potesse proprio cominciare.
Oggi dovremmo provare a cominciare, facendo quello che possiamo, vigilando e stando all’opposizione.
Al lavoro e alla lotta!

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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