di Giuliano Balestreri

 

Sulla carta sono tutti d’accordo a mettere fuori legge l’elusione fiscale chiudendo per sempre la porta ai tax ruling; nella pratica, invece, la politica preferisce scendere a patti con le grandi multinazionali. Tre anni dopo lo scandalo LuxLeaks che mise a nudo i rapporti fiscali segreti tra governi e colossi industriali, il numero di accordi in essere continua ad aumentare: secondo l’ultimo rapporto della Commissione europea sono cresciuti dai 1.252 del 2015 ai 2.053 del 2016. A nulla, dunque, è servita la maxi multa comminata all’Irlanda per aver favorito Apple. D’altra parte anche l’Unione europea ha le mani legate: può intervenire – ex post – solo quando le intese fiscali segrete si rivelano aiuti di Stato tali da condizionare la liberaconcorrenza.

 

Certo, il parlamento europeo è impegnato in una battaglia serrata per mettere fine agli abusi, ma la strada è tutta in salita. Anche perché le grandi multinazionali hanno schierato l’artiglieria pesante: con il trucco degli accordi fiscali riescono a strappare condizioni da paradisi fiscalinel cuore del Vecchio continente. Fare un conto esatto di quanto valga l’intero impianto, ma nel 2013 l’economista britannico di “Tax Research”, Richard Murphy, aveva calcolato che l’evasione fiscale all’interno del Vecchio continente ammonta a circa 850 miliardi, mentre l’elusione vale altri 150 miliardi di euro. Alla fine del 2016, tra le note del Def, il ministero dell’Economia aveva calcolato che solo all’Italia mancano almeno 31 miliardi di base imponibile. Tradotto, con un tassazione media per le imprese del 30% mancano 10 miliardi di gettito fiscali: lo 0,6% del Pil. Una cifra sufficiente a finanziare buona parte del reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle o a evitare l’aumento dell’Iva l’anno prossimo.

 

Con i tax ruling, le multinazionali possono concordare il trattamento fiscale che potrebbe essere loro riservato per un periodo di tempo predeterminato, in realtà sono lo strumento che permette alle multinazionali di ridurre drasticamente il proprio carico fiscale globale. Dal punto di vista formale, lo schema è sempre lo stesso: le grandi multinazionali promettono investimenti e occupazione in cambio di tassazioni agevolate, poi una volta stabilitesi spostano i profitti da una controllata all’altra per ridurre al minimo le imposte. Un meccanismo utilizzato già da AppleFiatAmazon, Google, Starbucks e anche McDonald’s. In Italia gli accordi segreti sono 78, l’Espresso ha rivelato che tre riguardano Michelin, Microsoft e Philip Morris.

 

E sono proprio questi accordi ad aver fatto di Lussemburgo lo snodo centrale della finanza europea: molte imprese versano al Granducato un’aliquota effettiva inferiore all’1% degli utili dichiarati. L’Ue è intervenuta quando è riuscita a dimostrare che gli accordi hanno permesso alle multinazionali firmatarie di godere di un trattamento fiscale privilegiato, conseguire forti benefici fiscali e mantenere un considerevole vantaggio competitivorispetto alle piccole e medie imprese domestiche, distorcendo la concorrenza nel mercato unico europeo.

 

“I cittadini-contribuenti e altri attori economici, come le piccole e medie imprese, avrebbero tutto il diritto di conoscere e giudicare i trattamenti fiscali che le autorità nazionali riservano alle grandi corporation” ha commentato Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia che poi ha aggiunto: “Sempre più spesso i ruling segreti dei Paesi Ue si rivelano come un tassello fondamentale per la pianificazione fiscale aggressiva delle multinazionali, facilitandone il profit-shifting verso giurisdizioni dal fisco amico e garantendo un trattamento fiscale ad hoc ai grandi colossi che vedono ridursi considerevolmente le proprie aliquote effettive”. “I ruling segreti pongono seri interrogativi sul fairplay fiscale – ha aggiunto Tove Maria Ryding, coordinatore del team di giustizia fiscale del netwrok europeo Eurodad – Le decisioni confidenziali assunte da un Paese hanno impatti sulla contribuzione fiscale in tanti altri Paesi. E spesso si tratta dei Paesi più poveri e dei contesti più vulnerabili al mondo”.

 

Bruxelles è da tempo al lavoro per armonizzazione la base imponibile dell’imposta societaria all’interno della Ue, ma le resistenze sono tante. Da un lato ci sono grandi paesi, come l’Italia, che per mantenere il loro livello di spesa pubblica hanno importanti esigenze di gettito fiscale, dall’altro c’è chi usa la leva fiscale e attirare nuovi investimenti. Con un sacrificio che spesso è inferiore ai benefici: in Italia – il Paese dove le imprese pagano le tasse più alte – il gettito fiscale delle aziende arriva al 14% del totale. Tradotto: se uno sconto sulle tasse si traduce in più investimenti e posti di lavoro, la ricaduta sul Paese è positiva con un aumento dei consumi e del Pil, ma se ciò non accade il danno è doppio

 

Link articolo: 2.053 accordi segreti tra governi Ue e multinazionali per non pagare le tasse: l’Italia perde 10 miliardi

da http://megachip.globalist.it/kill-pil/articolo/2018/03/17/governi-e-multinazionali-2021148.html

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: