“Chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore va laggiù”, recita un’antica filastrocca che abbiamo imparato da bambini. Non si fa la spia. Eppure tutti noi da ragazzini – e forse anche dopo, quando siamo cresciuti – abbiamo sognato di fare la spia. In tanti hanno immaginato di essere come James Bond, per poter guidare l’Aston Martin “truccata” da Q e naturalmente per le bondgirls. Personalmente avrei voluto essere George Smiley. Difficile immaginare due persone più diverse, eppure immagino che Smiley e Bond si siano incontrati diverse volte nei lunghi corridoi del MI6, ognuno di loro sa chi è l’altro, suppongo si salutino, magari qualche volta si sono scambiati le loro opinioni su delle situazioni particolarmente complesse oppure si sono incrociati all’ufficio personale, dove entrambi dovevano consegnare dei moduli per una malattia, ma quasi certamente non si sono frequentati fuori dal lavoro.
A noi italiani tocca comunque avere dei modelli di altri paesi, visto che le “nostre” spie sono per lo più personaggi da tenere alla larga, quando va bene corrotti faccendieri, per tacere di quelli che hanno messo le bombe, da piazza Fontana alla stazione di Bologna, di quelli che hanno ucciso Pasolini e Moro e tanti altri: insomma la lunga lista di crimini che dobbiamo imputare ai servizi segreti italiani.
Gli antichi aedi raccontavano che Odisseo, dopo essersi travestito da mendicante, riuscì ad entrare a Troia. Il suo obiettivo era scoprire dove fosse custodito il Palladio, perché i greci avevano saputo che la città assediata non sarebbe caduta fino a quando quella statua della dea Atena fosse stata all’interno delle mura. Elena, nonostante il travestimento, riconobbe il re di Itaca, ma preferì tacere e così Odisseo, probabilmente la prima spia della letteratura mondiale, riuscì a scoprire dove i troiani tenevano quel simulacro così prezioso. La notte successiva, insieme a Diomede, tornò in città e trafugò la statua. E sappiamo poi cosa è successo.
In qualche modo è rassicurante sapere che ci sono ancora le spie – e ci sono ancora le guerre di spie – anche se sono passati secoli dalla guerra di Troia e anche se il mondo è molto diverso da quello in cui operavano Smiley e Bond. Le guerre sono diverse, qualcuno immagina che possano esserci conflitti senza soldati, dove moriranno solo vittime civili, perché la tecnologia potrà sostituire gli uomini in questa funzione primaria di ogni società. Naturalmente continuano – e continueranno – a esserci le guerre dove muoiono anche i soldati insieme ai civili, anzi le forze del capitale faranno in modo che ci siano sempre paesi in cui combattano gli eserciti, perché così potranno vendere loro le armi, ma ci saranno paesi che potranno illudersi che i loro figli – e le loro figlie – non dovranno più combattere, perché lo faranno al loro posto droni e robot. Ovviamente la tecnologia renderà diverso anche il lavoro delle spie – lo ha già reso diverso, passando da Odisseo a Bond – ma evidentemente le spie serviranno sempre, perché servirà sempre un uomo – o una donna – capace di guardare e di capire. Il verbo spiare – da cui spia – deriva, attraverso l’antico germanico – una lingua a cui, non a caso forse, dobbiamo diversi termini legati alla guerra – dal latino specere, che significa guardare. La spia quindi è prima di tutto uno che guarda; ovviamente non basta guardare – quello siamo capaci più o meno tutti – bisogna anche sapere dove guardare e capire quello che si è guardato. E le macchine, per quanto potenti, non potranno mai sostituire gli uomini in questo compito, anche perché le macchine non potranno mai commettere gli stessi errori degli uomini.
Ovviamente mi piacerebbe che ci fosse un mondo senza guerre e quindi senza spie, ma siccome si tratta di un’opzione impossibile, preferisco sapere che a fare la spia c’è uno come Smiley, che guarda il mondo dietro le sue spesse lenti da miope.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…
Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...
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