Francia, i ferrovieri spianano la via. Scioperi anche ad Air France e Carrefour. Per vincere servono autorganizzazione e unità

di Robert Pelletier

L’inizio dello sciopero dei ferrovieri offre la possibilità di imporre una battuta d’arresto alle politiche di regressione sociale praticate da decenni.

Martedì 3 e mercoledì 4 aprile la mobilitazione dei ferrovieri ha avuto un’ampiezza raramente eguagliata, con un 40 % di scioperanti ufficialmente riconosciuti, fra i quali la quasi totalità dei controllori e dei deviatori e oltre i tre quarti dei conduttori.

Dopo aver tempestato per settimane contro i ferrovieri, il potere e i suoi accoliti inaspriscono i toni. Per il deputato de La République en marche [il partito di Macron] Gabriel Attal «l’importante sarebbe magari uscire dalla scioperocultura»; per Élisabeth Borne, ministro dei Trasporti, «il governo non cederà»; di fronte all’eccezionale mobilitazione dei dirigenti, Guillaume Pépy [amministratore delegato della SNCF, le FFSS francesi] ha promesso un premio di 150 euro a coloro che sono abilitati a sostituire i conduttori. La CGT [Confédération générale du travail, la CGIL francese] denuncia la possibilità di un eventuale ricorso a «ferrovieri del Regno Unito» o di «requisire ferrovieri, per esempio dalla linea D della RER [la rete suburbana dei treni parigini]». E, come ciliegina, la direzione della SNCF ha detto che considererà i giorni di riposo come giorni di sciopero.

Non sono isolati. Ma i ferrovieri non sono isolati. Lo sciopero per aumenti salariali del 6 % ad Air France è arrivato al suo quarto giorno, con dei preavvisi di scioperi per il 7, il 10 e l’11 aprile. Per la difesa del servizio publico dell’energia e contro la sua liberalizzazione si sono mobilitati i lavoratori dei settori fornitori di elettricità e gas. Nell’Île-de-France [la regione parigina], a Marsiglia e in numerose altre località i netturbini sono in sciopero perché venga riconosciuta «la dannosità» del loro lavoro, per uno «statuto unico» pubblico/privato e per il «pensionamento anticipato». I salariati delle EPHAD [case di riposo e cura per anziani dipendenti] e degli ospedali pubblici sono in agitazione e la mobilitazione sta investendo le università. Ed è significativa della collera che sta montando anche nel settore privato l’alta adesione allo sciopero alla Carrefour, per aumenti salariali e contro la soppressione di posti di lavoro.

Una battaglia su più fronti. Le direzioni sindacali devono far fronte alla volontà di Macron di renderle marginali, nella più liberistica delle logiche. La confederazione francese dei lavoratori cristiani (CFTC), la CFE-CGC [sindacato dei quadri dirigenti] e la Confederazione francese democratica del lavoro (CFDT) rifiutano lo scontro per preservare le loro prerogative nel dialogo sociale. Il fallimento della mobilitazione contro la legge El Khomri ha convinto la direzione di Force Ouvrière (FO) a rinunciare a ogni scontro importante. E se Solidaires non ha di questi problemi, che concernono i sindacati più integrati, questo non è il caso della CGT, attraversata da aspri scontri interni e la cui strategia è piuttosto incerta ed esitante. Ma un ennesimo fallimento nei confronti del piano Macron rimetterebbe in discussione l’intero sistema della rappresentanza sindacale.

Al di là dell’ostentazione di intransigenza, l’obiettivo che è al centro dell’apparato governativo è la conquista dell’opinione pubblica. Una conquista che farebbe leva sulle difficoltà incontrate dagli utenti dei servizi pubblici, e che sarebbe facilitata da un indebolimento del movimento, e in particolare dalla defezione, auspicata, dei sindacati più propensi a trattare.

Quale la strategia per vincere? Le assemblee generali dei lavoratori hanno quasi sempre votato all’unanimità lo sciopero di mercoledì [4 aprile]. In queste assemblee e nella base sindacale si sta discutendo delle modalità dell’organizzazione della lotta decise dalle direzioni sindacali sia nella SNCF che negli altri settori.

A fronte della dichiarata volontà governativa di andare fino in fondo, la lotta dei ferrovieri non può trionfare che a due condizioni. La prima di queste, essenziale, è l’autorganizzazione della lotta, la sola in grado di superare ogni divisione e di coinvolgervi il maggior numero possibile di lavoratori. La seconda è quella di costruire, a partire da questa lotta, un fronte di mobilitazione esteso a tutti i salariati attorno alla volontà non solo di salvaguardare i servizi sociali ma anche di combattere la precarizzazione e il degrado del lavoro, i licenziamenti. Discutendo ovunque per decidere a breve termine la centralizzazione delle mobilitazioni e delle manifestazioni.

Il governo vuole infliggere ai ferrovieri la più cocente sconfitta non solo per poter procedere alla privatizzazione della SNCF, e mettere la pietra tombale sullo statuto dei ferrovieri, ma anche per poter proseguire nell’opera di totale demolizione dei servizi pubblici e, su questa scia, accelerare le sue controriforme: indennità di disoccupazione, apprendistato, formazione professionale e pensioni.

Di fronte a queste sfide, l’unità e la solidarietà sono decisive. Un collettivo unitario – formato da Nouveau parti anticapitaliste (NPA), Parti communiste français (PCF),Generation.s, gruppo parlamentare de La France insoumise, Alternative libertaire(AL), Europe Écologie Les Verts (EÉLV), Ensemble, Gauche démocratique et sociale, Nouvelle donne, Parti communiste des ouvriers de France (PCOF), Parti de gauche, République et socialisme – ha rivolto un appello per costruire collettivi in sostegno delle mobilitazioni nella SNCF e nei servizi pubblici.

La costruzione di questi collettivi è un passo che tutti dobbiamo fare nei prossimi giorni. Nei luoghi di lavoro dobbiamo discutere, tutti insieme, su come costruire questo grande movimento che, approfittando della “locomotiva” dello sciopero dei ferrovieri, può far fare marcia indietro a questo governo.

Francia, lo sciopero dei ferrovieri prova a battere Macron

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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