Per il lavoro che ho fatto, per il ruolo che ho avuto nel partito che era il proprietario di quel giornale, mi considero responsabile di quel fallimento. Naturalmente posso invocare moltissime attenuanti: siamo in tantissimi a condividere questa responsabilità e certamente la mia è molto minore di quella di altri che, essendo stati dirigenti per molti più anni e con incarichi molto più importanti del mio, potevano capire cosa stava succedendo e cosa si poteva fare per non arrivare a questo punto. A mia parziale discolpa posso dire che quello che ho fatto io l’ho fatto per salvare l’Unità, anche se questo comportava sostenere piani di risanamento quanto meno fantasiosi e iniziative che invece hanno avuto un risultato ben diverso da quello che ci attendavamo, e di cui abbiamo convinto compagne e compagni, che hanno avuto fiducia in noi.
In nome di questa responsabilità faccio una proposta. Noi che abbiamo una qualche colpa, piccola o grande, e che siamo ancora vivi, siamo tantissimi, perché quel partito in cui abbiamo militato ha avuto una lunga storia e un gruppo dirigente vasto e ramificato. Ora non militiamo più nello stesso partito, quelli che fanno ancora politica hanno preso strade diverse, spesso contrapposte, in tanti abbiamo smesso. Capita sovente che ci guardiamo con ostilità, perché ci conosciamo bene. Se facessimo uno sforzo, anche minimo, e ciascuno di noi mettesse una piccola somma in un fondo, potremmo forse ricomprare l’Unità. Io ci starei. A un patto però, che noi nuovi proprietari consegnassimo questa testata alla storia. Non deve più nascere un giornale chiamato l’Unità, è un’esperienza finita, ma di cui noi dobbiamo preservare la memoria, affinché un giornale con questo nome non rinasca in altre forme, magari come un foglio scandalistico – come è successo a l’Avanti! – o perché non diventi l’organo di un qualche gruppo di destra. Compriamo tutti insieme il giornale e consegniamolo a un notaio con l’impegno a non farlo più nascere. Magari chiediamo che venga fatta una legge “salva Unità”, che vieti l’impiego di quel nome per far un giornale. Per l’eternità.
E’ uno sforzo economico? Magari per qualcuno di noi lo sarebbe anche, ma credo che sarebbe il modo per ripagare quello che il partito ha fatto per noi, quello che ci ha insegnato, quello che ci ha fatto diventare. Far parte di una comunità quando si ricordano i momenti belli è semplice, bisogna farlo anche quando ci sono dei problemi. Poi torneremo a votare in maniera diversa, torneremo a litigare, torneremo a guardarci con astio e a non parlarci. Appunto perché ci conosciamo bene. Ma almeno avremo onorato la memoria di un paio di generazioni di donne e di uomini del Partito Comunista Italiano, che hanno fatto la storia di questo paese, quella migliore. E di cui noi siamo stati così indegni eredi.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…