Riceviamo e pubblichiamo

di Franco Astengo

Poche righe scritte per esprimere ancora una volta un personale moto dell’anima d’indignazione e la sensazione di distacco profondo che il rutilante mondo del sottobosco politico – affaristico dimostra nei riguardi dei nodi vita della vita quotidiana e delle sue drammatiche realtà.

Mentre si stanno consumando le ormai usuali schermaglie legate – appunto – ad affari e a lotte di potere all’interno dello schieramento del “governo di cambiamento” (pubblicità personale, parole a vuoto, cene, pranzi, tangenti, speculazioni propagandistiche sulla pelle dei più deboli e non solo verso i migranti: il tutto come da copione) esplode sempre più violento il dramma del lavoro.

Dramma del lavoro che si è espresso come nel caso dell’operaio del gruppo GEDI che si è tolto la vita all’annuncio della possibilità che il centro stampa dove lavorava fosse in procinto di essere chiuso da parte dei “cervelloni” che dirigono il maxi –gruppo editoriale.

Possiamo aggiungere questa vittima alle centinaia di morti sul lavoro già avvenute nel 2018 (nel 2017 furono 632) a suffragio e testimonianza del processo d’intensificazione dello sfruttamento, materiale e morale, che sta contrassegnando questa fase di feroce gestione del ciclo capitalistico.

Tutto questo avviene in un’Italia nella quale il tema del lavoro appare assolutamente trascurato e l’impoverimento generale crescente (7,3 milioni di cittadine e cittadini in stato di disagio economico) mentre i nuovi governanti esercitano la fantasia del reddito di cittadinanza e nulla viene pensato sia in relazione al rapporto tra innovazione tecnologica e posti di lavoro, sia al riguardo del deficit di industrializzazione nei settori decisivi (siderurgia, chimica, meccanica, agro alimentare) che l’Italia accusa almeno dal tempo dello scioglimento dell’IRI e delle privatizzazioni di quelle che furono le PPSS e ancora del ruolo dell’Italia nel processo di ristrutturazione della divisione internazionale del lavoro.

Se non ci si occupa di questo, se non si cerca di rappresentare la realtà dello sfruttamento, delle disuguaglianze, dell’assenza di lavoro, difficilmente si potrà risalire la china: per tutto ciò, vale la pena affermarlo in questo ennesimo momento di lutto, servirebbe ancora la “politica”, quell’attività capace di riflessione, proposta di soluzione, sentimenti collettivi di solidarietà.

“Politica” dell’esercizio della quale nel senso appena indicato si sono da tempo perse le tracce, sostituita dall’espressione di vanità individualistica che ormai sembra presiedere alla gestione del dimenticato interesse pubblico.

 Ho scritto questo per sommi capi allo scopo di esprimere un immediato “grido di dolore”: per le analisi sui massimi sistemi ci sarà tempo più avanti.

L’indignazione è forse in questo momento la migliore espressione possibile di un’idea pienamente politica.

Di AFV

Ancora Fischia il Vento è per un’altra informazione, una voce che prova a dare parola a chi parola non ne ha. Noi siamo contro il pensiero unico che ogni giorno ci viene propinato, e vogliamo, nel nostro piccolo, contribuire alla lotta per un’informazione d’alternativa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: