Le autorità hanno iniziato a demolire questa settimana centinaia di abitazioni e negozi nella più grande baraccopoli del Kenya, Kibera, situata a ovest della capitale, Nairobi. I residenti, però, non sono stati avvertiti. Si stima che circa «30mila persone perderanno la casa». Le prime distruzioni sono cominciate lunedì notte. Le ruspe hanno sollevato intere baracche e costretto la gente che le abitava a raccogliere i bagagli e a evacuare subito l’area. È qui che vive la fascia meno abbiente di Nairobi, costituita però da persone che contribuiscono alla maggioranza del «lavoro informale» di cui si nutre la città. Camerieri, spazzini, operai, molti senza un contratto regolare e pagati poco, vivono da decenni a Kibera, una delle più vaste baraccopoli del continente nero.
Sebbene non ci siano cifre precise, Kibera ospita almeno 400mila «non-cittadini» keniani considerati dal governo come invisibili perché responsabili di occupazione abusiva. «Ci avevano promesso almeno qualche soldo in cambio della nostra evacuazione – hanno riferito diversi residenti –, invece non abbiamo ricevuto nulla».
La demolizione di una parte di Kibera è stata lanciata a più riprese durante gli ultimi mesi per far spazio a una strada che collegherà il centro con la periferia ovest di Nairobi. Mentre le precedenti operazioni erano state rese note agli abitanti, questa volta non ci sono stati avvisi. «Le demolizioni sono in corso in uno spazio lungo 600 metri e largo 60 tra le strade di Langata e Ngong – ha spiegato ieri Ibrahim Mwathane, esperto keniano di temi legati ai terreni –. Tale operazione potrebbe spingere adulti e bambini senza tetto verso altre aree già sature di Kibera».
PubblicitàIl centro di Nairobi è da anni molto trafficato. Per questo le autorità hanno avviato la costruzione di strade, ponti e cavalcavia con l’obiettivo di rendere più rapidi gli spostamenti. Ma come sta succedendo in molte altre regioni del Paese, sono i più poveri a subirne le drammatiche conseguenze. «Oltre ad essere illegale il comportamento dello Stato – ha denunciato ieri Houghton Irungu, direttore di Amnesty International in Kenya –, queste demolizioni prive di un accordo tra le parti tradiscono la fiducia della popolazione».