Paola Di Lullo
Stamattina un drone israeliano, sganciato su Jabalya, ha ucciso Ayman Nafez Rabeej Al Najjar, 24 anni, e Muhannad Majid Jamal Hamouda, 24 anni, entrambi membri del PFLP, non di Hamas.
Sabato mattina era arrivata la notizia della morte del giovane Mo’men Fathi al-Hams,18 anni, deceduto all’European Hospital di Khan Younus. Venerdì, i cecchini dello stato ebraico gli avevano spappolato lo stomaco a Rafah.
Con loro, sono 157 i gazawi assassinati dall’illegale stato di occupazione, dal 30 marzo scorso.
I feriti, di cui alcuni in gravi condizioni ed altri a rischio amputazione, sono circa 17.000. Il tutto in 120 giorni di marce. Centoventi giorni di semplici rivendicazioni, da parte dei palestinesi, di diritti già acquisiti. Perché qui non si parla solo dell’illegalità dell’occupazione, dei crimini dell’apartheid, delle discriminazioni, della pulizia etnica, del presunto diritto all’auto protezione e difesa dello stato ebraico. Qui si parla della richiesta che, risoluzioni internazionali, nello specifico la Ris. ONU 194, venga fatta rispettare. Risoluzione approvata l’11 dicembre 1948, pochi mesi dopo la Nakba.
È davvero così assurdo manifestare, disarmati ma determinati, per chiedere il rispetto di una risoluzione vecchia di 70 anni? Più vecchia dei 157 palestinesi assassinati a sangue freddo.
Perché e di cosa gli ebrei hanno paura? Chi è nel giusto non teme, chi è nel giusto non agisce vigliaccamente, chi è nel giusto non rifugge dai confronti. Loro, invece, sparano, mirando alla testa, due volte solo venerdì scorso, all’addome, alla schiena, al collo. Insomma, sparano per uccidere, non per disperdere una folla disarmata che, nel suo paese, manifesta pacificamente. Sparano contro bambini, invalidi medici, paramedici r giornalisti. Nessuno è protetto, nonostante i giubbini di riconoscimento, nonostante la IV Convenzione di Ginevra, nonostante La Ris. ONU 2222 del 27 maggio 2015 (N1515380), che afferma “Gli Stati devono rispettare il diritto internazionale umanitario e assicurare la protezione dei giornalisti e del personale associato durante i conflitti armati, garantendo che i colpevoli di crimini contro i reporter siano puniti.” La risoluzione ha inoltre affermato che il lavoro dei mezzi di informazione liberi, indipendenti e imparziali costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica e contribuisce alla protezione dei civili nelle zone di conflitto.
Ed, onestamente, mi sto seccando di ripetere che manifestano pacificamente, quasi come se quasi a questi “terroristi” servissero giustificazioni. E no, signori miei, non ci sto più. Gaza è Palestina. Israele ha dichiarato di averla lasciata – nel senso che non sarebbe più occupata – nel 2005. Ed allora i gazawi dovrebbero poter fare a casa loro ciò che più gli aggrada e come gli aggrada. Invece no. Sono controllati via mare, terra e cielo. Ma davvero vogliamo credere che Israele abbia paura di quattro missili in possesso delle Brigate Qassam? Che si prenda la briga di bombardare periodicamente la Striscia per assassinare i leader dell’organizzazione terroristica meglio disarmata al mondo? Che continuino a voler fermare aquiloni e palloncini perché li temono?
Sì, Israele teme i palestinesi, palloncini ed aquiloni inclusi, e non per gli incendi di quattro sterpaglie.
Teme la loro determinazione, la loro capacità inventiva, il loro resistere, giorno dopo giorno, nonostante umiliazioni, vessazioni, atrocità. Teme il loro essere nel giusto, nonostante la comunità internazionale ed i paesi arabi abbiano loro vigliaccamente voltato le spalle. Teme il loro coraggio, la fierezza con cui vanno incontro alla morte, la morte dei giusti. Forse temono anche il loro stesso dio, posto siano davvero credenti. Perché se lo fossero, ce ne sarebbero di motivi per cui il loro dio dovrebbe essere incazzato e scatenare la sua ira divina. Ma io non ho nessuna stima, nessun rispetto, nessuna considerazione per gli israeliani. Anche la loro religione, come il loro ricordo dell’olocausto, altro non è che un’industria. Un’industria cui si piegano tutti i loro servi, ONU inclusa, che blatera,ma non agisce, in nome del vero dio, il denaro.
Invece credo che verrà il giorno in cui la narrazione, almeno quella, cambierà. Cambierà nei libri di storia, i nostri figli, i nostri nipoti, studieranno le nefandezze commesse dallo stato ebraico, ed allora, quel giorno, gli israeliani perderanno molto più di una terra che mai nessuno ha loro promesso.
Una terra che hanno rubato con la complicità degli inglesi, prima, dell’Europa tutta, degli USA e delle petromonarchie, dopo. Perderanno la loro credibilità, soldi o non soldi. Quel giorno è molto più vicino di quanto non si pensi e loro lo sanno.
Ecco perché hanno paura. Ecco perché uccidono. Ecco perché ad un palloncino rispondono con un colpo alla nuca. Ad un aquilone con un colpo all’addome.
Ed in queste settimane, e di ciò mi rammarico, mi sto soffermando solo su Gaza. Ma in Cisgiordania, le violazioni non sono da meno.
Giusto qualche notizia, naturalmente taciuta dai nostri media, della scorsa settimana.
Lunedì, 23/07, i soldati isareliani hanno fatto irruzione a Deheisheh Refugees Camp. Entrano come sempre, sfondando le porte, non devono mica bussare, loro. Cercavano Muhammad Adnan Abu Ayyash e Jamal Al – Sarawi, che sono stati arrestati. Ma per rendere più succulento il bottino, hanno ammazzato Thaer Mazhar, ha 15 anni. Hanno detto di averlo ucciso “durante gli scontri”. Chissà come mai questi “terroristi palestinesi” quando un esercito che occupa la loro terra e le loro vite, fa irruzione nelle loro case, osano protestare.
Venerdì mattina, altri due episodi, prima dell’inizio della marcia a Gaza.
Ahmad Tareq Youssef Abu Ayyush, 17 anni, del villaggio di Kobar, nel distretto centrale della West Bank di Ramallah, secondo fonti israeliane, sarebbe entrato nell’insediamento illegale di Adam ed avrebbe accoltellato un gruppo di coloni israeliani all’interno della loro casa, ferendone tre.
Secondo le medesime fonti, uno dei coloni sarebbe morto in seguito alle ferite. Ed ancora, quando Ahmad avrebbe provato ad accoltellare un quarto colono, sarebbe stato ucciso. Ahmad avrebbe adoperato un’ascia.
Qualcuno proverà a chiedersi perché un ragazzino che dovrebbe andare al mare, uscire con gli amici, la fidanzatina, giocare alla Play Station, pensi bene di andare ad accoltellare tre coloni? Sapendo di andare incontro a morte certa? Qualcuno proverà a capire che, a volte, si può preferire la morte ad una vita che tale non è, se privata di tutti più elementari diritti?
A Gerusalemme, invece, le forze israeliane hanno preso d’assalto l’ Al-Aqsa Compound ed hanno sparato bombe sonore subito dopo la fine delle preghiere del venerdì. Per costringere i fedeli ad uscire dalla moschea, hanno attaccato donne, giovani,ragazze ed anziani spingendoli e picchiandoli.
Cinque giovani palestinesi sono stati arrestati e le guardie di sicurezza allontanate con la forza.
Nel frattempo a tutti gli altri palestinesi è stato impedito l’accesso alla moschea di Al-Aqsa.
Qualche video :
https://www.facebook.com/eyeonpalestine2011/videos/2019769708045260/
https://www.facebook.com/eyeonpalestine2011/videos/2019776114711286/
https://www.facebook.com/eyeonpalestine2011/videos/2019748854714012/
Ieri, invece, a Betlamme, città palestinese a tutti gli effetti, la polizia di frontiera israeliana ha arrestato lo street artist napoletano Jorit, un suo amico italiano ed un palestinese, Mustafa al Araj, La notizia è rimbalzata nel pomeriggio, allertando non solo gli ambienti pro Palestina, ma destando scalpore, sdegno e partecipazione anche tra chi la causa palestinese non l’ha mai seguita da vicino. Sarà stato un passo falso? Il tempo ce lo dirà.
Intanto, si apprendeva che Jorit ed i suoi amici erano stati trasportati al di là del muro, dalla parte israeliana, erano in attesa di interrogatorio. La loro colpa? Presumibilmente il ritratto, sul muro della vergogna, di Ahed Tamimi, giovane palestinese in carcere israeliano, in attesa di rilascio. Immediata la reazione del Coordinamento Napoli Palestina che, sempre per oggi, ha indetto un presidio a Piazza Municipio. Un modo come un altro per comunicare che non siamo tutti disposti a cedere, che non tutti crediamo alla falsità della narrazione sionista. Che non ci fermeremo, finché non si fermeranno i palestinesi. Che crediamo ancora, forse utopisticamente, nel rispetto del diritto internazionale e lotteremo affinché anche lo stato più fuorilegge al mondo venga costretto a rispettarlo.
Allertati il consolato italiano e la Farnesina.
Immediata anche la presa di posizione, via Facebook, del Sindaco Luigi De Magistris : “Sul muro dell’apartheid dei nostri giorni un muralista napoletano ha disegnato il volto di Ahed Tamini, la ragazzina palestinese arrestata da minorenne per aver manifestato il legittimo disprezzo contro l’esercito occupante della sua terra. #Jorit viene da Napoli, dalla prima città d’Europa che ha visto il proprio popolo sollevarsi contro l’esercito più crudele della storia dell’umanità. Non potrà mai essere un torto raffigurare il bel volto di una giovane eroina palestinese, il torto è invece averla voluta prigioniera, tenere assediato il suo villaggio di provenienza, aver costruito quel muro che separa popoli e crea ingiustizie. Jorit deve tornare subito a Napoli. La sua libertà è questione di democrazia, riguarda tutti. Lo aspetto anche perché abbiamo del lavoro programmato da portare a termine a San Giovanni a Teduccio.”
Posto che le informazioni siano corrette e che l’arresto sia avvenuro proprio a Betlemme e non in qualche villaggio limitrofo, la domanda spontanea è come sia potuta entrare la polizia di frontiera israeliana in una città della Zona A, senza il necessario consenso, secondo gli Accordi di Oslo, dell’ANP.
A proposito, il presidente Abbas, mentre venerdì l’IOF massacrava i gazawi, ha effettuato controlli medici in ospedale. Ci riferiscono che sta bene, ergo può continuare la sua collaborazione con gli israeliani. La facciata non regge proprio più. Vedremo se reggerà quella del neo eletto governo italiano, ma nutro seri dubbi. Restiamo in attesa di notizie su Jorit ed i suoi collaboratori.
https://twitter.com/DaysofPalestine/status/1023448510941863939
Ma oggi è la giornata proprio di Ahed Tamimi e di sua madre. Sono state liberate dopo otto mesi di carcere, intorno alle 9,00, ora di Ramallah. Una liberazione che ha un gusto amaro, perché si lascia alle spalle gli altri 400 bambini detenuti nelle carceri israeliane, le loro famiglie, le loro vite spezzate. Ma non sono simboli della Resistenza, loro. Ahed sì. O forse è vero il contrario. In ogni caso, bentornata a casa, Ahed.
https://www.facebook.com/ShehabAgency.MainPage/videos/2838142096228192/
Ed oggi, occhi e riflettori puntati anche sull’Al Awda, la nave guida della IV Freedom Flotilla, che proverà a raggiungere il porto di Gaza per rompere, anche se solo simbolicamente, l’illegale embargo imposto da Israele sulla Striscia ormai dodici anni fa.
Spero di poter dare buone notizie, ma non mi faccio troppe illusioni…
Aggiornamento: in serata Jorit, Salvatore e il palestinese Mustafa Al Araj sono stati liberati
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-jorit_e_ahmed_israele_ha_paura/13944_24887/