Il 28 luglio 1914 scoppiò la prima guerra mondiale.
C’è una riflessione lucidissima di Antonio Gramsci, scritta nel ’21, che racconta bene cosa è stato quel conflitto, chi l’ha voluto e chi ne ha tratto vantaggio e che fa capire quello che è accaduto negli anni successivi, perché la terribile stagione dei totalitarismi fascisti deriva da quella guerra. Quel conflitto è stato in Europa – e in Italia – una delle fasi dello scontro delle forze della reazione contro quelle del progresso, della guerra di classe che queste forze hanno dichiarato contro gli strati più poveri della società, guerra di classe dei ricchi contro i poveri che è continuata in tutto questo secolo e che continua ancora, purtroppo, anzi adesso in maniera più violenta e sfrenata che mai.
Poi quando i potenti decidono – per i loro motivi inconfessabili, per difendere i propri interessi e per arricchirsi – di cominciare una guerra, trovano sempre dei servi capaci di giustificare quel conflitto, di ammantarlo di nobili ideali, di convincere i popoli che quella guerra viene fatta nell’interesse di tutti. E capaci di “inventarsi” un nemico. Allora erano gli austriaci e ci dissero che avremmo dovuto combattere per Trento e Trieste, poi sarebbero state la perfida Albione e le altre “democrazie plutocratiche e reazionarie”, poi i comunisti, gli integralisti islamici, i marziani e così via, passando di nemico in nemico. Mentre il nostro vero nemico è sempre quello: il capitale.
La Grande guerra è stata per tutta l’Europa – e per l’Italia in particolare – una strage, pagata a caro prezzo da migliaia di contadini e di operai strappati dalle loro terre e dalle loro case per combattere nelle trincee. E’ stata il primo grande crimine contro l’umanità.
E se dobbiamo trovare una pagina che racconti davvero la partecipazione dell’Italia in quel conflitto, che rappresenti il nostro paese, non dovremmo ricordare né il Piave né il bollettino di Diaz, ma Caporetto. La stupidità e l’incompetenza degli alti comandi dell’esercito, l’atteggiamento sprezzante con cui questi mandarono al macello i loro soldati, i tanti disertori e renitenti uccisi dai plotoni di esecuzione perché si rifiutavano di avanzare o perché cercavano giustamente di lasciare quel fronte: ecco la pagina di storia che racconta meglio l’Italia, perché in fondo siamo sempre lì, a un’eterna Caporetto, per colpa dell’arroganza e dell’incapacità delle nostre classi dirigenti. Il vero pericolo per tanti giovani italiani non erano i nemici che si trovavano di fronte, ma i capi che erano alle loro spalle. E la storia purtroppo si è ripetuta troppe volte: quante altre volte in questo paese i cittadini non hanno potuto aver fiducia nelle istituzioni, che li hanno usati, ingannati, traditi.
Quindi ammainiamo le bandiere, evitiamo di sventolarle stupidamente e senza capire che vergogne nascondono. Quei morti meritano il nostro ricordo, ma soprattutto ci chiedono di non abbandonare la lotta, di continuare a combattere per la nostra libertà e per i nostri diritti, e per la pace, contro quelli che, facendoci combattere per difendere i loro interessi, ci tolgono libertà e diritti.

 

 

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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