Nei giorni scorsi Roberto Saviano ha scritto – anche in maniera piuttosto efficace, lo devo riconoscere, seppur a malincuore – un appello rivolto a “scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber”, affinché prendano posizione contro il governo italiano, in particolare contro le idee e le pratiche razziste della Lega. Io, nella mia triplice veste di blogger, filosofo e cuoco – da piccolo avevo anche il sogno di diventare un ballerino come Fred Astaire, ma poi ho dovuto rinunciare per ragioni di forza maggiore – non potevo far finta di nulla.
Ovviamente, caro Roberto, non basta essere napoletani per diventare Benedetto Croce.
La mia prima tentazione è stata – come credo avrete capito – il pernacchio, come codificato con maestria da Eduardo, in un tempo in cui gli intellettuali erano un’altra cosa, ma poi ho deciso di prendere sul serio quello che scrive Saviano: davvero, nonostante lui, il tema che pone è troppo importante per essere eluso.
Io, pur essendo senza condizioni e senza cedimenti all’opposizione di questo governo, pur detestando i suoi uomini e le loro idee, non firmerò mai un appello insieme a Saviano, insieme agli intellettuali “organici” a Repubblica, insieme a tutti questi difensori dei buoni sentimenti a buon mercato. Né con Salvini né con Saviano, per dirla in breve.
So bene qual è la critica che subito mi faranno le lepri marzoline del capitalismo: se tutti avessero fatto come te in Italia ci sarebbe ancora il fascismo, perché la forza della Resistenza è stata quella di mettere da parte le proprie le proprie idee e i propri obiettivi, in nome dell’antifascismo, perché gli uomini di quella stagione seppero privilegiare le poche cose che li univano rispetto alle tante che li dividevano. Intanto non è andata esattamente così, nessuno allora rinunciò alle proprie idee, Togliatti non fu meno comunista, Croce non fu meno liberale, perché stavano dalla stessa parte o perché, successivamente, partecipavano allo stesso governo, anzi lo furono di più, se possibile, proprio in quella fase, perché, certi della vittoria, volevano che alla fine le proprie idee fossero quelle che avrebbero prevalso. Ma per sperare che le proprie idee vincano, prima bisogna averle. E qui crolla l’appello del pernacchiato napoletano.
In fondo è quello che abbiamo vissuto in questi ultimi venticinque anni, nel campo di quello che definivamo allora centrosinistra. Abbiamo fatto tutto il possibile per stare uniti, ci siamo inventati coalizioni e partiti, ma l’unica idea che siamo riusciti a esprimere è stata l’antiberlusconismo. Naturalmente so che era giusto essere contro Berlusconi – non mi pento delle manifestazioni, dei girotondi, delle polemiche anche aspre contro l’uomo di Arcore e i suoi complici – ma non doveva essere sufficiente, e invece ci bastò. E infatti, quando Berlusconi, per ragioni fisiche più che politiche, ha cominciato ad affievolirsi, quel centrosinistra è sparito del tutto, con il paradosso che mentre Berlusconi è riuscito a resistere e fa ancora luce, per quanto sempre più fioca, noi invece non ci siamo più. Per una breve stagione qualcuno ha creduto che allo stesso modo bastasse dirsi antirenziani, che è una specie di ossimoro: come si fa a essere contro il nulla? E adesso siamo all’antisalvinismo – perdonate l’orrendo neologismo, almeno tanto brutto quanto il personaggio eponimo.
Nell’appello di Saviano, per quanto lungo e ricco di citazioni, non c’è un’idea, e non può esserci. Perché non è permesso averla. L’unica idea che adesso potrebbe provare a battersi contro il risorgere del fascismo – perché è questo che stiamo vivendo, anche nei suoi aspetti più violenti, come le uccisioni e i pestaggi contro i “diversi” – è il socialismo, ossia l’idea di costruire una società radicalmente diversa nei rapporti di produzione, l’idea di una redistribuzione rivoluzionaria della ricchezza, l’idea che dovremo anche noi combattere la guerra di classe che da sempre i padroni hanno ingaggiato contro di noi. Sinceramente non possiamo pretendere che un giornale dei padroni come Repubblica o uno come Saviano diventino comunisti. Potranno essere al massimo badogliani 2.0.
Per sconfiggere i fascisti ci si può anche alleare con i badogliani, ma con la consapevolezza che questi rimangono nostri nemici di classe. Purtroppo non siamo a questo punto: mettere la nostra firma sotto l’appello di Saviano significa soltanto arrendersi al nemico. Ancora una volta.
Il fatto che continueremo a essere ostinatamente contro quelli che ci hanno portato a questo punto, contro il pd, contro i padri e i nonni del pd – anche contro noi stessi, visto che nella nostra storia politica portiamo questo peso – non significa però essere indulgenti con i “nuovi”. In politica non deve valere la regola che il nemico del mio nemico è mio amico. No, il mio nemico continua a esserlo, perfino quando mi dà ragione, come ad esempio sulla Tav; perché in politica non conta solo l’esito finale, ma anche il percorso come ci sei arrivato. E capita a volte di arrivare allo stesso punto, ma partendo da punti diversi, facendo strade diverse, e quelle strade diverse devono pesare, quei punti di partenza diversi devono rimanere lì.
Come sapete sono molto pessimista sul nostro futuro. Mussolini per riuscire a vincere dovette uccidere Giacomo Matteotti e ridurre al silenzio Antonio Gramsci, solo per citare due tra i più grandi. Noi dobbiamo avere paura di Salvini – che in un’altra epoca sarebbe stato accolto con un pernacchio – perché non deve uccidere nessuno, non deve incarcerare nessuno. Perché non c’è nessuno da uccidere e nessuno da incarcerare. Non ci sono donne e uomini che facciano vivere un’idea diversa.

 

 

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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