Riceviamo e pubblichiamo
di Franco Astengo
In questi giorni sono stati resi pubblici da alcuni istituti specializzati i sondaggi elettorali riferiti al mese di luglio 2018: Potere al Popolo fa registrare una sicura crescita, attestandosi attorno al 2% e, in qualche caso, si registrano anche percentuali superiori.
Intanto appare evidente il calo di LeU che si trova più o meno appaiato a PaP, almeno nelle intenzioni virtuali di voto.
Su questi dati è apparso su “Contropiano” un commento di Salvatore Prinzi, commento dal quale traggo due punti a mio giudizio meritevoli di attenzione.
Il primo (in conclusione): La nostra vita, i nostri valori, i nostri bisogni hanno bisogno di un’altra politica!
Nulla di più condivisibile, almeno come sola chiosa possibile da parte di chi scrive queste brevi note.
Il secondo punto riguarda LeU:” Che infatti stanno per esempio portando LeU a fare ancora più schifo di quanto già facessero D’Alema e compagnia bella”.
Per entrare nel merito della prospettiva che si apre mi permetto allora tre elementi di premessa:
1) L’analisi del voto del 4 marzo 2018 aveva ben dimostrato come “Potere al Popolo” potesse considerarsi come forza in ascesa e LeU come forza declinante;
2) E’ necessario ricordare, però, che entrambe le formazioni esistono ancora come cartelli elettorali formati da diversi soggetti autonomi fra di loro (soggetti tra l’altro fortemente strutturati: penso da un lato a PCI e RC e dall’altro a SI) e non come soggettività autonome provviste di una propria identità;
3) Entrambi i cartelli sono stati presentati alle elezioni del 4 marzo 2018 come frutto di una diversa impostazione ma comunque derivanti dalla stessa matrice: quella dell’assemblea del Brancaccio, nel corso della quale fu sviluppato un tentativo unitario a sinistra, poi purtroppo non realizzatosi per diverse ragioni che non ho qui lo spazio sufficiente per analizzare a fondo.
Affermo subito che, nell’analisi di Prinzi, non mi sono piaciute due cose: l’affermazione “ancora più schifo …” di chiaro stampo M5S. Attenzione a non innestare un gioco di demonizzazione e di svilimento usando un linguaggio del tutto inopportuno che, alla fine, si può rivelare distruttivo per tutti e l’aver ignorato – appunto – la natura composita dell’alleanza che ha dato vita a “Potere al Popolo” attribuendo – probabilmente – alla disponibilità della sigla una sorta di automatico potere egemonico.
Di tutto abbiamo bisogno meno che della propaganda urlata.
Oggi che la crisi della democrazia sta raggiungendo punte – se possibile – ancora più acute rispetto a due anni or sono quando il voto popolare respinse il tentativo del PD di deformare la Costituzione Repubblicana, si riprestano per intero i temi della difesa della democrazia, dell’opposizione e dell’alternativa.
Il tema centrale è sicuramente questo: quale rappresentanza politica per l’opposizione che necessariamente dovrà porsi sul terreno della difesa della democrazia costituzionale in nome degli elementi più radicali di eguaglianza, di solidarietà, e di democrazia parlamentare che il testo del 1948 contiene?
Senza utilizzare banalmente la retorica dell’unità a sinistra appare necessario e indispensabile avviare un percorso di costruzione di soggettività che nessuno può considerare come esaurito nella propria identità, tanto più che questa oggettivamente si presenta come provvisoria e precaria.
Da considerare ancora due elementi per fare chiarezza:
1) Non è possibile riesumare la prospettiva del centro sinistra che non esiste proprio più nella prospettiva della vicenda politica italiana;
2) Il tema delle alleanze, in un quadro politico caratterizzato da un’estrema mobilità, potrà essere sollevato quando autonomia e identità del soggetto della sinistra potranno considerarsi se non acquisite almeno consolidate.
Sotto quest’aspetto si pone, sul piano dei contenuti, una grande questione: quella dell’inveramento programmatico (e nell’azione politica) della necessità d’immediatezza nella risposta ai bisogni emergenti da parte dei soggetti maggiormente esposti alla ferocia di questo ciclo capitalistico in atto e alla reviviscenza di una vera e propria barbarie culturale e sociale cui stiamo dolorosamente assistendo.
La stessa vicenda europea, apparentemente così divisiva a questo livello, non può che essere considerata proprio all’interno del quadro che si è cercato di descrivere d’intensificazione dello sfruttamento e della sopraffazione in dimensioni ben più allargate di quella che abbiamo storicamente considerato come “contraddizione Principale”.
Non mi pare ci sia, a sinistra, una grande volontà d’incontro su questo terreno e certe affermazioni un po’ avventate sicuramente non aiutano, soprattutto nel cercare di stabilire condizioni politiche adatte a fare crescere una ricerca posta sul piano dell’articolazione nella ricerca dell’unione del consenso.
Certo siamo lontani dal concetto gramsciano di egemonia:” il potere è basato sulla presenza contemporanea di forza e consenso: se prevale l’elemento della forza si ha dominio; se prevale il consenso si ha l’egemonia. L’egemonia, per Gramsci, è un’espressione di potere basata essenzialmente sul consenso, ossia sulla capacità di guadagnare, tramite la persuasione, l’adesione ad un determinato progetto politico e culturale”.