Era il 15 maggio del 1970 la legge 300/1970 venne approvata la legge nota come Statuto dei Lavoratori. Conosciuta anche come “Norme sulla tutela e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”,.
Legge che nasceva dalla necessità di applicare quanto sancito dalla costituzione anche con l’articolo 1 ovvero la centralità del Lavoro per la Repubblica Italiana.
Nel contesto socio politico del dopo guerra era molto rischioso lottare per i propri diritti.
Nei primi anni della Repubblica le disposizioni previste dalla Costituzione rimasero a lungo lettera morta.
La Polizia, guidata in quegli anni dal ministro dell’Interno Mario Scelba, attuò una dura politica antisindacale di repressione degli scioperi e delle agitazioni operaie, lasciando spesso sul terreno numerosi morti e feriti come avvenne, ad esempio, con la strage di Modena del 1950.
Il clima all’interno delle fabbriche era all’epoca molto duro, e per gli operai politicizzati e sindacalizzati c’era il serio rischio di essere mandati a casa senza la possibilità né di un indennizzo economico né del reintegro. Delle aziende schedavano i lavoratori più attivi nel difendere i loro diritti, per poi licenziarli.
Il fondatore e segretario generale della Cgil Giuseppe Di Vittorio, propose sin dal congresso del 1952 l’approvazione di uno Statuto con il fine di «portare la Costituzione nelle fabbriche» e di rendere così effettivi tutti quei principi di libertà in materia di lavoro previsti dalla Carta Costituzionale ma rimasti in sostanza inapplicati.
Furono anni di lotta ed il conflitto sociale ebbe il suo apice fra il settembre e il dicembre 1969 in concomitanza al rinnovo di molti contratti collettivi di lavoro.
Si arrivò quindi finalmente all’approvazione dello Statuto Dei Lavoratori (legge 300 il 20 maggio del 1970) .
La legge sanciva principi importanti come ad esempio la libertà d’opinione (art.1) ed inoltre poneva un freno allo strapotere dei datori di lavoro che avevano un controllo assoluto sui propri dipendenti attuato anche tramite l’uso di guardie giurate ed impianti audiovisivi (art. 2 art.4).
C’era anche l’importantissimo art.18, norma che prevedeva il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.
Da quel lontano 20 maggio 1970 si è assistito ad un costante e progressivo attacco dei diritti dei lavoratori culminato nell’attuazione del Jobs Act che fra le altre cose ha sancito l’abolizione dell’art.18.
Il lavoro non più visto come strumento di emancipazione sociale e realizzazione delle proprie aspettative di vita ma bensì come strumento di asservimento alla sistema economico in una società dove le disuguaglianze sono la regola.
Una società dove il lavoratore è “merce” senza diritti privata anche di avere un sogno.
Quel sogno che i nostri padri e nonni avevano.
Sogno che perseguivano con i tanti sacrifici del proprio lavoro per consentire ai propri figli di pigiare il pulsante dell’ascensore, quell’ascensore sociale che consentiva di aspirare con merito a qualcosa di più (vedi art. 3 della Costituzione).
Adesso dopo le ultime elezioni abbiamo un Governo, Governo del cambiamento costituito dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega.
Questo esecutivo è la naturale conseguenza della cattiva politica attuata dal Governo precedente, quello cool, quello dei giovani del PD che però dentro erano solo vecchi reazionari , quello che si proclamava di centro sinistra ma che in realtà era la versione riveduta e corretta di Forza Italia.
Hanno sbagliato TUTTO.
Non era mica facile, ma ci sono riusciti, hanno distrutto il PD ma non la sinistra intesa come ideale di giustizia sociale e uguaglianza.
Certi ideali vanno oltre una sigla politica.
La sinistra c’è anche se non è al momento associabile ad alcun partito.
La sinistra c’è nel concreto quando determinate azioni politiche attuano “robe” di sinistra.
In definitiva secondo me al momento gli ideali di sinistra trovano la possibilità di esprimersi in modo trasversale andando oltre l’appartenenza dei singoli ai vari partiti.
La dimostrazione di ciò è la recente approvazione del Decreto Dignità che sancisce un’inversione di tendenza dopo decenni di attacchi ai lavoratori ed allo Statuto dei Lavoratori.
Dignità, che bella parola.
La dignità di chi lavora onestamente e chiede solo di non essere sfruttato e ricattato.
Quella stessa dignità che molti “prenditori” non hanno quando si tratta di de localizzare o di chiedere aiuti di Stato fingendo crisi aziendali.
Dignità persa dal sindacato oramai impegnato più ad erogare servizi che a tutelare i lavoratori.
Dignità persa dai tanti lavoratori che sperando nel rinnovo contrattuale subiscono di tutto e di più.
Dignità persa da ha non ha più il lavoro e deve chiedere aiuto a parenti e amici.
Dignità persa da chi fruga nella spazzatura per sfamarsi.
Dignità a cui spesso non rinuncia chi arriva purtroppo a togliersi la vita.
E qui mi fermo …. l’elenco non ha forse fine.
Ascoltando gli interventi in aula di molti esponenti dei partiti di governo riguardanti il Decreto Dignita’ sono rimasto spiazzato.
Mai avrei immaginato di sentire quelle parole di sinistra, quella rabbia, quella voglia di tentare di dare finalmente dignità al mondo del lavoro ed alle persone che lo compongono.
Parole che segnano un’importante inversione di tendenza.
Parole che per troppi anni non si erano sentite, parole che danno il senso di un malessere sociale che finalmente ha trovato modo di essere rappresentato in parlamento.
Anche se onestamente restano forti dubbi riguardo altri temi questo provvedimento trova il mio plauso che deriva da una mia valutazione oggettiva scevra da ogni appartenenza partitica.
Il distacco dai problemi reali e la spocchia irriverente prima o poi si pagano …..e se sbagliare è umano perseverare porta al 10% !!!!!
By Peter
Non si sono ascoltati i sindacati e i lavoratori che evidenziavano i rischi per l’occupazione. Salvini in materia economica in questo caso ha lasciato mano libera ai Cinque Stelle, che stanno dimostrando tutta la propria inadeguatezza con una impostazione ideologica, ricevendo lo stesso “favore” in materia di immigrazione. Purtroppo a rimetterci per le conseguenze di questo patto scellerato non saranno Di Maio o Salvini, ma quei lavoratori a cui non verrà rinnovato il contratto a tempo determinato o che magari saranno nuovamente assunti a nero.