Come migranti italiani/e all’estero ci sentiamo di rispondere alla dichiarazione di ieri dell’onorevole Luigi Di Maio. “Marcinelle insegna che non bisognerebbe migrare”.
“Ci sembra che questa dichiarazione non solo ignori le cause storiche e politiche di quello che è accaduto, ma responsabilizzi l’individuo senza tenere in considerazione i motivi profondi delle migrazioni nonché la dimensione di classe di tale fenomeno. Il ricco imprenditore che delocalizza non viene certo considerato come il minatore italiano, come il/la bracciante o ancora come la domestica che pulisce le vostre case. Né le loro ragioni, interessi e necessità sono le stesse.
Gli/Le italiani/e morti/e a Marcinelle sono gli/le immigrati/e che muoiono ogni giorno nei campi per mano del caporalato italiano quando sono riusciti/e a scappare alla morte per guerre o in mare, vittime di razzismo istituzionale e non, costretti/e a vivere in condizioni marginali, senza alcun diritto, invisibili eppure indispensabili per l’economia italiana.
Marcinelle ci insegna che – ieri come oggi – l’immigrazione di stranieri/e è utilizzata da Stati e padroni per arricchirsi ai danni dei/lle lavoratori/trici, che morire per due euro l’ora nei campi così come ieri nelle miniere non è una scelta individuale ma frutto di politiche che ti costringono ad abbandonare tutto per trovare delle condizioni migliori.
Marcinelle ci insegna quindi che non dovremmo migrare per rischiare la vita sul posto di lavoro, per essere sfruttati/e o anche solo per lavorare nei fastfood, nelle pizzerie e nei ristoranti ma ci insegna anche che non possiamo restare senza avere di che vivere, senza prospettive nel presente e nell’avvenire, senza poter immaginare di costruire una famiglia o essere precari/e e sfruttati/e nel proprio paese.
Caro Luigi Di Maio, la responsabilità non è dei/lle giovani o del padre o della madre che emigrano per poter sfamare i/le propri/e figli/e, ma piuttosto delle vostre politiche che- oggi come ieri- ci costringono ad allontanarci da quello che abbiamo di più caro. Fermare le migrazioni è impossibile, considerare buone e giuste le migrazioni dei/lle giovani imprenditori/trici italiani/e e cattive quelle di chi rifugge da guerre, carestie, disastri naturali, o la disoccupazione è classista e disumano”