Alla fine dell’Ottocento l’etimologista senese Ottorino Pianigiani definiva così la parola bambola: “Un fantoccino vestito ordinariamente da donna, che serve di trastullo alle bambine e ai bambini.”
Per inciso quel vecchio conservatore sabaudo era molto più moderno di tanti nostri politici, preti e intellettuali che credono che i maschietti che giocano con le bambole diventino omosessuali.
Voglio parlarvi di altre bambole, che invece sono il trastullo non dei bambini, ma dei loro padri. Giorni fa abbiamo letto su Repubblica e La Stampa una dettagliata “marchetta” – quando un giornalista si prostituisce bisogna pur dirlo – in cui si annunciava l’imminente apertura a Torino di una “casa” in cui i clienti avranno a disposizione una decina di “bambole”, da utilizzare nel modo che preferiscono. Il giornalista marchettaro ci ha spiegato che i titolari dell’attività garantiranno al massimo la riservatezza e l’igiene.
Ho letto nei commenti che qualcuno la considera una buona cosa. Le bambole quando nessuno ci “gioca” vengono chiuse in una stanza e non fanno come le puttane che se stanno in strada a rendere degradate le vie dove abitano i puttanieri e le loro famigliole.
Credo che queste ludoteche del sesso dovrebbero essere vietate e i loro gestori arrestati.
In una società come la nostra, così pericolosamente maschilista e sessista, in cui i corpi delle donne sono considerati merci da vendere e comprare, la diffusione di questi bordelli tecnologici è un ulteriore attacco alle donne e alla loro dignità e un pericolo.
L’articolo, fingendo di fare cronaca, spiega che ci sono bambole di forme diverse, per soddisfare i gusti dei tanti potenziali clienti. C’è anche un uomo – perché i “veri” maschi non disdegnano neppure questo – e una donna incinta. E naturalmente il cliente può servirsi di quelle bambole come vuole, da solo, in coppia, con gli amici – pare sia un’originale idea per l’addio al celibato. Praticamente il porco – pardon, il cliente – può sfogare su queste bambole ogni propria perversione, le può picchiare, violentare, uccidere perfino. Poi può rivestirsi, ritornare dalla propria bella famiglia, rigorosamente tradizionale, andare a messa e firmare petizioni per “ripulire” il suo quartiere dalle puttane. Ma poi qualcuno di questi “bravi” padri di famiglia rimarrà deluso dal fatto che quelle bambole non piangono, non soffrono, non muoiono, e deciderà di tornare a essere violento “alla vecchia maniera”, picchiando e stuprando la propria moglie, la propria figlia, o magari una puttana trovata sotto casa. Costa anche meno.
E poi queste bambole sono già oggetti: quanto è più soddisfacente per il “vero” uomo far diventare un oggetto una donna vera.
In una società in cui avremmo bisogno di insegnare ai maschi come gestire il sesso, come rapportarsi con le donne, non serve avere luoghi in cui fare scatenare i loro peggiori istinti, in cui possano diventare stupratori. Limitandosi a pulire tutto quando hanno finito.

 

 

 

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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