«Contestiamo da sempre le politiche del Pd come il Jobs act: non possiamo riconoscerci in categorie usurate». Dialogo con la portavoce del movimento nato nei centri sociali
Sul braccio ha tatuato un verso in greco antico: «Preferirei cento volte combattere che partorire una sola», recita Medea nella tragedia di Euripide, parlando dell’ingiustizia della condizione femminile – donne in casa, uomini liberi di scoprire il mondo.
Femminista, 37 anni, ricercatrice all’Orientale di Napoli (ultima pubblicazione: “Frantz Fanon – dalla liberazione dei popoli alla liberazione dell’Uomo”) Viola Carofalo è la portavoce di “Potere al Popolo”. Quando finiamo di parlare insiste perché il nuovo soggetto politico non venga chiamato partito, «è un movimento. E io di tessere non ne ho avute mai», anche se fa politica da quand’era alle medie, prima nei collettivi, poi con i centri sociali, fino all’ex Opg occupato di Napoli.
Va bene, non partito. Forza elettorale resta. Come è stato il salto dalle occupazioni alla caccia ai voti?
«Io non votavo. Ho votato alle amministrative, ai Referendum, mai alle Politiche. Però quando scendevo in piazza a 18 anni contro la guerra, ci facevamo sentire anche nel Palazzo. Oggi a chi lo gridi, il dissenso? A chi arriva la spinta dall’esterno dentro le istituzioni? Ci siamo resi conto che non potevamo più accontentarci di rimanere fra di noi. Per questo abbiamo scelto di candidarci».
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