Foto: Sean Gallup / Getty Images

di Victor Grossman

Dieci giorni movimentati in Germania hanno fatto risuonare sempre più forti segnali d’allarme, i peggiori tra tutti nello stato tedesco orientale della Sassonia, ma anche a Berlino.

Nel primo episodio, in Sassonia, il movimento neonazista PEGIDA, che ha marciato a Dresda in molti lunedì dal 2014, si è affievolito con la crescita della più apparentemente rispettabile, più vincente ma ugualmente Alternativa per la Germania (AfD), che oggi con il 25 per cento alle urne in Sassonia, è il secondo partito più forte, con una notevole possibilità di vincere le elezioni statali dell’anno prossimo e di formare o almeno condividere il prossimo governo. Di fatto è prossima a sconfiggere i Socialdemocratici come secondo partito più forte in tutta la Germania.

Il 16 agosto i due rivali strettamente collegati di estrema destra, PEGIDA e AfD, si sono uniti in una solidarietà contro i migranti e contro i mussulmani per un’altra riunione di protesta a Dresda, la capitale della Sassonia.

In una manifestazione di PEGIDA sei settimane prima, quando una nave piena di salvati dall’annegamento nel Mediterraneo stava cercando disperatamente un porto, la folla aveva scandito: “Che affondi! Che affondi!” Per la manifestazione del 16 agosto un canale televisivo aveva mandato una squadra a filmare queste e altre simili vicende.

Improvvisamente un dimostrante dall’aspetto minaccioso con uno strano berretto dei colori della bandiera tedesca è corso di fronte alla telecamera urlando che lo stavano filmando senza il suo consenso, in tal modo violando la legge. I giornalisti gli hanno detto di semplicemente allontanarsi se non voleva essere filmato. Invece, dopo aver urlato rabbiosamente nella telecamera, ha chiamato la polizia e ha insistito che denunciasse i “violatori della legge”. La polizia lo ha soddisfatto e ha trattenuto la squadra virtualmente prigioniera per 45 minuti per “registrare l’identità” e verbalizzare le reciproche accuse. Ciò ha efficacemente bloccato le riprese, chiaramente quello che l’uomo aveva voluto.

The story La storia, con il volto rabbiosamente urlante, è arrivata ai media nazionali, accompagnata da accuse che la polizia aveva operato fianco a fianco con PEGIDA per ostacolare la libertà della stampa.

Il seguito è stato curioso: il ministro-presidente della Sassonia, un Cristiano Democratico di destra (il partito della Merkel) si è schierato non con la squadra televisiva bensì con la polizia per aver “fatto correttamente il suo dovere”. Sotto pressione ha promesso di “approfondire” il caso.

Poi è arrivata la grande rivelazione: la scoperta che il dimostrante rabbioso era egli stesso un dipendente delle autorità della polizia statale, “non in servizio, ma in ferie”. La polizia e PEGIDA sono sembrati in qualche modo in combutta!

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Due giorni dopo è stato il turno di Berlino. Ogni anno i nazisti, vecchi e nuovi, celebrano la morte nel 1987 del vice fuhrer di Hitler, Rudolf Hess, protagonista del famoso volo in Scozia il 10 maggio 1941 in un tentativo non riuscito di fare la pace con la Gran Bretagna sei settimane prima dell’attacco nazista all’URSS. Hess si è suicidato nel 1987 mentre scontava l’ergastolo in un carcere delle quattro potenze nel distretto Spandau di Berlino Ovest e anche se il carcere è stato abbattuto anni fa per evitare che diventasse un santuario, i nazisti si riuniscono comunque là. L’anno scorso sono stati superati in numero dagli antifascisti – 2.000 contro 800 – e così è stato loro impedito di attuare la marcia programmata.

Quest’anno hanno nuovamente convocato una marcia. Il ministro della città-stato di Berlino responsabile della legge e dell’ordine, un Socialdemocratico, ha dichiarato con rammarico che non poteva fare nulla per vietarla legalmente e ha dato il suo consenso. Così gli antifascisti hanno di nuovo organizzato una protesta, con chiese, gruppi di partito, sindacati e altri organizzando una grande contromanifestazione e, da parte di alcuni, un blocco del percorso della marcia nazista. Si sono presentati in circa 2.500. C’erano pochissimi nazisti, non hanno potuto tenere la dimostrazione e la battaglia è parsa vinta; le campane delle chiese hanno risuonato trionfanti e i leader politici locali erano giubilanti.

Poi è trapelato che si trattava del posto sbagliato! I nazisti si erano evidentemente accordati con la polizia per lasciar perdere Spandau e spostare la loro marcia in un’area di sinistra dei Berlino Est, una parte della quale nota per cosiddetti giovani “autonomi” portati all’azione, le cui azioni antifasciste comprendevano spesso lanci di bottiglie e di sassi. Unità della polizia, parte dei 2.300 poliziotti messi insieme quel giorno, a quel punto marciavano accanto a circa 700 nazisti dal loro luogo di partenza (oggi Piazza Nazioni Unite, nei giorni della DDR era stata Piazza Lenin) lungo l’intero percorso, proteggendoli da piccoli gruppi, organizzati frettolosamente, di antinazisti, tra cui pochissimi lanciatori di bottiglie e sassi del genere mascherato dei “black bloc” che i media di massa amano evidenziare. Erano state comunicate alcune regole per la marcia: niente scarponi, niente uniformi, nessuna citazione del nome di Rudolf Hess. Invece il grande striscione in prima fila lo citava a caratteri cubitali: “Non mi pento di niente”.

Nel frattempo il principale gruppo antifascista a Spandau, all’esterno della periferia occidentale della città, stava cercando di tornare in città per opporsi adeguatamente ai nazisti. Ma la polizia ha prima impedito loro di raggiungere la stazione ferroviaria e, quando molti sono riusciti a intrufolarsi, la polizia ha impedito loro – e ad altri passeggeri – di lasciare le stazioni ferroviarie più vicine alla marcia nazista e ha addirittura fermato un treno che li avrebbe portati più vicino alla manifestazione nazista.

La polizia ha così potuto vantare, in generale, che pace e ordine erano stati mantenuti. I nazisti hanno potuto vantare di aver attuato quello che avevano programmato. Quanto all’amministrazione cittadina, una fragile coalizione di Socialdemocratici, Verdi e anche di LINKE (Sinistra), non ha avuto nulla di cui vantarsi; in effetti non ci sono state dichiarazioni udibili di alcun genere.

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Pace e ordine sono stati paurosamente assenti il fine settimana successivo a Chemnitiz (dopo Lipsia e Dresda la terza maggiore città della Sassonia). Una festa cittadina del sabato sera è stata improvvisamente interrotta da un omicidio; un giovane trentacinquenne è morto accoltellato dopo una rissa. Sono stati arrestati due giovani immigrati, un siriano e un iracheno. La testata giornalistica di massa BILD ha rapidamente diffuso la storia che era stato ucciso mentre difendeva una donna tedesca molestata dagli stranieri. La storia, una totale invenzione, si è diffusa come un incendio su Facebook e su altri media sociali; il fatto che il padre della vittima fosse cubano e il retroscena della rissa restasse un segreto non ha avuto alcuna importanza; la vittima era “un tedesco uccido da stranieri richiedenti asilo armati di coltello”. Domenica sera una marcia commemorativa al luogo della sua morte, con fiori e candele, si è rapidamente trasformata in caccia selvaggia da parte di 800 fascisti contro chiunque apparisse “straniero”, contro quelli che invitavano alla calma e contro tutti i giornalisti, considerati nemici, e contro il contingente pietosamente piccolo di poliziotti che cercavano di separare i gruppi avversari. Lunedì sera i fascisti – con sostenitori da tutta la Germania – hanno schierato una folla di circa 7.000 teppisti che fondamentalmente hanno sequestrato e controllato il centro cittadino. La polizia, anche se certamente preavvertita, aveva assegnato solo un piccolo contingente di 600 poliziotti con due cannoni ad acqua, che si sono dimostrati totalmente inefficaci. Gli attacchi feroci della sera precedente si sono moltiplicati contro giornalisti ma specialmente contro i coraggiosi 1.000 o 1.500 che portavano striscioni che dicevano “No al razzismo e alla violenza” o “Chemnitz – libera dai nazisti”, e che erano solo parzialmente protetti dalla polizia. Fortunatamente, eccesso un naso rotto, solo pochi sono rimasti feriti, ma ciò è stato meno un risultato della “separazione” da parte della polizia che della risolutezza degli antifascisti.

Chemnitz ha una storia varia. Città industrializzata specializzata in macchine utensili pesanti, era fortemente di sinistra prima dell’ascesa al potere di Hitler. Fu colpita pesantemente da bombardamenti in guerra. Nel 1953, nei giorni della Repubblica Democratica della Germania dell’Est fu ribattezzata Karl Marx Stadt, con l’approvazione di una parte della popolazione e la muta disapprovazione dell’altra. Dopo l’unificazione tedesca del 1990 il 76 per cento votò per tornare al nome di Chemnitz. Ma parte della sua eredità comprendeva un grande busto di bronzo di Karl Marx, eretto nel 1971, alto sette metri e con il suo piedistallo di granito 13 metri. Forse sorprendentemente gli abitanti di Chemnitz deciso di tenere tale monumento, che affettuosamente chiamavano “nischel”, un termine in dialetto simile a “crapa”. Divenne una delle principali attrazioni della città, con repliche souvenir persino di cioccolata. Offerte di acquistarlo da parte della Germania Ovest e degli Stati Uniti furono rifiutate. Dietro di esso, in grandi lettere di pietra, ci sono le parole del Manifesto Comunista “Lavoratori di tutto il mondo unitevi” in tedesco, inglese, francese e russo.

Foto: Flickr.com

Lunedì scorso la folla ha circondato il busto di Marx. Non l’ha danneggiato fisicamente, ma riprese mostrano teppisti che urlano dal piedistallo con un uomo che alza il braccio nel saluto hitleriano legalmente vietato! Gli slogan, scritti o gridati, erano in tono. Lo striscione più grande diceva, in dialetto locale: “Vogliamo essere tedeschi – e liberi”. Molti urlavano lo slogan “Noi siamo il popolo”, usato dalle folle anti DDR nel 1989 ma ora diretto contro stranieri, Merkel, LINKE, la stampa, chiunque salvo i fascisti.

Come è potuto succedere? Anche se l’unificazione (o “annessione”) è avvenuto 28 anni fa – sarà di nuovo celebrata il 3 ottobre – i salari in Sassonia sono di circa un quarto più bassi che a livello nazionale in Germania, anche se gli orari sono in media più lunghi. Il tasso di disoccupazione nazionale è del 5,1 per cento, ma è del 7,3 per cento a Chemnitz, con un’alta percentuale di lavori “precari” distruttori di speranza. Molti qui sono arrabbiati, e fuorviati, e c’è una varietà di gruppi razzisti e fascisti, che si uniscono tutti insieme.

La fascista Alternativa per la Germania, sebbene sempre denigrata dagli altri partiti, ha ricevuto un trattamento sorprendentemente generoso da parte della maggior parte dei media che, anche se i fascisti li attaccano come filo-immigrati, hanno di fatto enfatizzato ogni atto criminale di immigranti e altri “non tedeschi”, spesso per settimane e mesi, nel contempo a malapena citando, o rapidamente rimuovendo, innumerevoli aggressioni contro persone di colore o che indossano turbanti o con altre caratteristiche “non tedesche”.

Il partito della Merkel, la CDU, nonostante il suo “torcere il naso” contro le manifestazioni di folla, condanna quasi sempre entrambi gli “estremisti di destra e di sinistra” ma spesso enfatizza i primi, che sono solitamente i più attivi e spesso il solo segmento che davvero combatte la minaccia nazista. In Sassonia anni recenti hanno visto molti attacchi violenti, ma difficilmente puniti, contro immigrati e spesso hanno rivelato collegamenti e collusioni sospette tra istituzioni governative conservatrici a molti livelli e la folla fascista, in modo più allarmante nel caso dell’Ufficio della Difesa della Costituzione (Verfassungsschutz) che è molto simili allo FBI. Che cosa succederà se in stati come la Sassonia la AfD condividerà o persino guiderà un governo statale? Déjà vu 1932?

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I fascisti hanno marciato di nuovo giovedì sera, ma una grande contromanifestazione antifascista è prevista a Chemnitz sabato 1° settembre. Altre grandi proteste sono programmate a Berlino e ad Amburgo a settembre e ottobre. Un nuovo grande tentativo di respingere questo attacco allarmante sarà lanciato il 4 settembre; Aufstehen – in piedi! – spera di creare non un nuovo partito, bensì un movimento che unisca Socialdemocratici, Verdi, la LINKE e altri in uno sforzo congiunto di conquistare successi per i lavoratori: case accessibili e affitti controllati, salari e pensioni migliori, tasse ai super-ricchi, sindacati più forti e pace nel mondo. Questo e altri tentativi costituiscono speranze di contrattacco. Il loro successo potrebbe essere cruciale in tutta Europa, in effetti in tutto il mondo.

 

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/nazis-on-the-march-in-germany/

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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