Come sempre accade, la UE applica il ben noto metodo-Juncker. Anche la legge sul copyright – la direttiva liberticida presentata a luglio e bocciata causa le numerose e forti proteste dal mondo del web – viene riproposta con pochi cambiamenti cosmetici, finché non verrà approvata,  in barba alla logica e alla volontà popolare. La narrazione mainstream vuole che si tratti di regole per limitare lo strapotere delle major come Google e Facebook, nella realtà si tratta di burocrazia e di costi fissi che limiteranno la libera circolazione delle informazioni sulla rete facendo scomparire gli attori piccoli e medi – come anche noi di Voci dall’Estero. 

 

Di Rhett Jones, 

 

I membri del Parlamento Europeo oggi hanno votato a favore di una profonda revisione delle leggi sul copyright dell’Unione europea, compresi due articoli controversi che minacciano di mettere ancora più potere nelle mani delle aziende tecnologiche più ricche e, in generale, di compromettere internet.

 

Complessivamente, i Parlamentari hanno votato a favore della Direttiva UE sui diritti d’autore con una forte maggioranza, di 438 a 226. Ma il processo non è finito. Ci sono diverse altre procedure parlamentari da superare, e i singoli paesi dovranno poi decidere come intenderanno applicare le regole. Questo è in parte il motivo per cui è così difficile suscitare il pubblico interesse sulla questione.

 

Quest’estate era sorto un movimento di opposizione alla legge, culminato con la decisione del Parlamento di prendere in esame degli emendamenti nel mese di luglio. Molti pensavano che il peggio fosse scongiurato. Ma si sbagliavano – capitemi bene, il voto di oggi in favore della direttiva avrà pesanti conseguenze.

 

Le questioni più spinose della legge riguardano gli articoli 11 e 13, rispettivamente noti come la “tassa sul link” e il “filtro di upload” .

 

In breve, la tassa sul link dovrebbe limitare lo strapotere di piattaforme giganti come Google e Facebook, imponendo loro di pagare i mezzi di informazione per il diritto di linkare o citare gli articoli da loro provenienti. Ma i critici dicono che questa regola colpirà per lo più i siti web più piccoli che non possono permettersi di pagare la tassa, mentre i giganti tecnologici potranno facilmente pagarla o semplicemente decidere di non mettere il link al mezzo di informazione. Quest’ultimo caso si è già verificato quando questa regola è stata sperimentata in Spagna. Oltre a inibire la diffusione delle notizie, la tassa sul link potrebbe rendere quasi impossibile a Wikipedia e ad altre fonti di istruzione non-profit continuare con il loro lavoro, tutto basato su link e citazioni.

 

La parte della legge che riguarda il filtro di upload richiede che tutte le piattaforme, escluse le piccole e micro imprese, usino un sistema di content ID per prevenire che materiale protetto da copyright venga caricato sui siti. I siti dovranno affrontare eventuali penali di copyright nel caso in cui qualche materiale di questo tipo superi il filtro. Dal momento che perfino i migliori sistemi di filtro, come quelli di YouTube, sono tuttora scarsissimi, secondo i critici l’inevitabile conseguenza sarà un filtro eccessivo applicato a tappeto. Il riutilizzo e la condivisione di materiale di pubblico dominio e altri usi appropriati diverrebbero facilmente vittime delle piattaforme, che preferirebbero andare sul sicuro, escludere i contenuti dubbi, ed evitare le battaglie legali. I troll dei diritti d’autore potrebbero verosimilmente rivendicare in maniera fraudolenta la proprietà intellettuale di alcuni contenuti,  con pochi ricorsi da parte delle vittime.

 

Abbiamo analizzato più in dettaglio tutte le implicazioni della direttiva sul diritto d’autore, ma il punto fondamentale è che è talmente intrisa di espressioni vaghe e vicoli ciechi che ci è impossibile dire quali saranno le sue conseguenze. Joe McNamee, direttore esecutivo per l’associazione dei diritti digitali EDRi, ha dichiarato recentemente a The Verge: ”La norma è talmente complicata che venerdì il comitato per gli affari legali [del Parlamento europeo] ha twittato una valutazione errata di ciò che sta accadendo. Se non capiscono loro le regole, come possiamo sperare di farlo noi?”. Mentre ci accingiamo a vivere una vita parallela online, una legislazione di questo genere è molto pericolosa.

 

In una dichiarazione resa a Gizmodo, Julia Reda, membro del Parlamento europeo, ha dichiarato che “Sfortunatamente, tutte le preoccupazioni sollevate da accademici, esperti e utenti di internet che hanno portato alla bocciatura del testo lo scorso luglio, rimangono tuttora valide”. La Reda ha dichiarato che la UE si affida a delle “pie illusioni” anziché affrontare gli evidenti problemi della direttiva. La sua valutazione complessiva del voto è stata schietta: “La decisione di oggi è un duro colpo a un internet libero e aperto. Applicando nuovi limiti legali e tecnici a quanto viene inviato e condiviso online, il Parlamento europeo  mette i profitti delle multinazionali davanti alla libertà di espressione e abbandona i principi che per lungo tempo  avevano fatto di internet quello che è oggi”.

 

A gennaio è prevista una nuova votazione, ma la Reda crede che la decisione finale verrà presa la prossima primavera. Nel caso in cui la legge venisse confermata,  di sicuro sarà concesso un po’ di tempo alle piattaforme per la sua implementazione. Come abbiamo visto nel caso della legge UE GDPR sulla privacy, molte piattaforme importanti sono state oscurate quando questa è divenuta operativa, anche se avevano avuto due anni di preavviso. I cittadini UE che si oppongono a questa legge sbagliata non devono pensare che la questione è chiusa, ma rendersi conto che nei mesi a venire sarà necessaria moltissima pressione per risolvere questo pasticcio.

 

 

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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