di Murtaza Hussein – 13 settembre 2018
Gli Stati Uniti non sono mai stati amici della Corte Penale Internazionale (ICC). Anche se le relazioni tra gli USA e la ICC sono altalenati nel corso di differenti amministrazioni, il governo statunitense si è costantemente rifiutato di compiere il passo degli altri 124 stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma e così di diventare membri dell’organismo legale internazionale. Il mandato dell’ICC di indagare crimini di guerra è stato così intralciato dall’indisponibilità della sola superpotenza mondiale a rimettersi all’organizzazione.
Recenti dichiarazioni dell’amministrazione Trump suggeriscono che gli Stati Uniti si stanno ora preparando a entrare in guerra contro la stessa ICC, motivati in larga misura da un tentativo di zittire indagini di presunti crimini di guerra statunitensi commessi in Afghanistan, nonché di presunti crimini commessi da Israele nel corso della guerra del 2014 nella Striscia di Gaza. In un discorso tenuto a un evento di lunedì a Washington della Federalist Society, il consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, John Bolton, ha accusato di “illegittimità” la ICC e manifestato in termini indubbi le sue intenzioni nei confronti dell’istituzione. “Non collaboreremo con la ICC”, ha detto Bolton. “Non offriremo assistenza alla ICC. Non aderiremo alla ICC. Lasceremo che la ICC muoia da sola. Dopotutto, a ogni fine, la ICC è già morta per noi”.
Oltre a questo augurio di morte alla corte, Bolton ha detto che gli Stati Uniti reagirebbero a indagini della ICC riguardo alle attività statunitensi sottoponendo a sanzioni i viaggi e le finanze di funzionari della ICC, anche minacciando di processarli in tribunali statunitensi.
Poiché coinvolge dirigenti statunitensi, al centro della campagna contro la ICC c’è un rapporto del 2016 dei pubblici ministeri della ICC che si occupa in parte della guerra in Afghanistan. Tale rapporto denuncia la commissione di diffusi crimini da parte dei talebani e delle forze governative afgane. Ma il rapporto formula anche accuse di gravi crimini commessi da forze militari statunitensi e dalla CIA, tra cui “torture, trattamenti crudeli, oltraggi alla dignità personale e stupri”.
I crimini in questione risultano essere stati collegati a programmi di detenzione condotti in Afghanistan durante i primi anni dell’occupazione statunitense. Anche se il rapporto non nomina gli individui responsabili né le loro vittime, indica che ci sono dozzine di casi in cui torture, trattamenti crudeli e aggressioni sessuali sono stati commessi da soldati statunitensi e da agenti della CIA in Afghanistan dal 2003 al 2004.
Il rapporto afferma anche che i presunti crimini “non sono stati gli abusi di alcuni individui isolati”, aggiungendo che “ci sono basi ragionevoli per ritenere che i presunti crimini siano stati commessi nel perseguimento di una politica o politiche mirate a ottenere informazioni, mediante l’uso di tecniche d’interrogatorio comportanti metodi crudeli o violenti, che avrebbero contribuito agli obiettivi statunitensi nel conflitto in Afghanistan”.
Considerati i reiterati rifiuti statunitensi di collaborare con le indagini della ICC, è improbabile che il documento del 2016 – un rapporto preliminare dell’ufficio dell’accusa – sarebbe riuscito a portare a processo a l’Aja dirigenti statunitensi. La campagna di Bolton pare dunque mirata a consolidare il fatto che gli Stati Uniti sono esenti dalle norme internazionali riguardo alle condotte circa i diritti umani, con addirittura sottoposti a minacce coloro che ne indagano le azioni.
Che l’indagine della ICC risalga all’era di George W. Bush, quando Bolton era ambasciatore presso le Nazioni Unite, risulta appropriato. Negli anni dopo le invasioni statunitensi di Afghanistan e Iraq, gli Stati Uniti hanno cominciato a finire sotto feroce esame per le loro politiche di detenzione in quei paesi. In aggiunta a casi di alto profilo di torture in carceri come Abu Ghraib, la CIA e l’esercito sono stati accusati di brutalizzare e persino di assassinare detenuti sotto la loro custodia in strutture di detenzione quali la base aerea di Bagram in Afghanistan.
Anche i contraenti civili che lavoravano per la CIA sono stati coinvolti in assassinii di detenuti afgani, tra loro David Passaro, che ha picchiato a morte un afgano di nome Abdul Wali, che si era rivolto alle autorità dopo essere stato accusato di complicità in un attacco di miliziani. Passaro è stato successivamente condannato a otto anni e mezzo di carcere da un tribunale statunitense. Dopo il suo rilascio è brevemente tornato sotto gli occhi del pubblico in interviste mediatiche a giustificare il suo coinvolgimento nell’omicidio.
A oggi Passaro, un civile, è la sola persona a essere stata chiamata a rispondere legalmente di torture e assassinio attuati nell’ambito del programma di detenzione della CIA, in Afghanistan o altrove. Questo nonostante uno storico Comitato del Senato sui Servizi d’Intelligence del 2014 che ha documentato, in atroce dettaglio, evidenze diffuse di torture e altre violenze attuate da agenti della CIA.
La riluttanza o incapacità dei tribunali statunitensi di indagare seriamente crimini di guerra attuati da cittadini statunitensi è in parte il motivo per il quale il mandato della ICC in Afghanistan è stato considerato un importante tentativo di introdurre un livello minimo di responsabilità nel conflitto. Lo scorso novembre il tribunale ha annunciato di avere in programma la prosecuzione delle indagini nate dal suo rapporto del 2016.
Reagendo alle minacce di Bolton la ICC ha affermato in una dichiarazione che “la ICC, come corte di giustizia, continuerà a fare imperterrita il proprio lavoro in conformità ai principi e all’idea superiore del primato della legge”.
Considerata l’intransigenza di lungo corso nei confronti della ICC era improbabile che gli Stati Uniti avessero mai collaborato alle sue indagini su crimini di guerra in Afghanistan, anche sotto un’amministrazione meno bellicosa. Ma le minacce dell’amministrazione Trump di attaccare specifici funzionari della ICC per le loro indagini su crimini di guerra apre un nuovo regno di ostilità contro la legge internazionale. La conseguenza potrebbe essere un ulteriore degrado delle norme internazionali già traballanti riguardanti i diritti umani in zone di conflitto.
“La ICC non sta intervenendo semplicemente al fine, come ha detto Bolton, di minare la sovranità statunitense. Questa è una vera sciocchezza. Interviene perché abbiamo mancato… gli Stati Uniti hanno mancato di far valere il primato della legge”, ha detto Jamil Dakwar, direttore del Programma per i Diritti Umani dell’ACLU, in un segmento televisivo su Democracy Now! martedì mattina a proposito dei commenti di Bolton. “Questa è la stessa amministrazione Trump che ha precedenti orribili riguardo ai diritti umani qui negli Stati Uniti e che sta cercando di incoraggiare altri paesi a imitarla”.
Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/u-s-goes-to-war-against-the-icc/
Originale: The Intercept
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.