L’appoggio del Vicepremier Luigi Di Maio al movimento francese dei “gilet gialli”, che da diverse settimane sta agitando la Francia chiedendo le dimissioni del Presidente francese Emmanuel Macron, rappresenta forse la punta massima di ipocrisia raggiunta dal movimento pentastellato. M5S e Lega hanno infatti recentemente approvato un decreto “sicurezza” che reintroduce e inasprisce le pene contro chi protesta e contro i blocchi stradali, la principale forma di lotta con cui i “gilet gialli” hanno bloccato la Francia. Forse Di Maio non li ha informati ma i gilet gialli col governo gialloverde si beccherebbero 12 anni di galera. Nonostante la pluralità e la eterogeneità delle norme contenute nel decreto, è possibile “appezzare” una sua coerenza interna, del tutto in sintonia con la scelta governativa di orientare e direzionare il disagio sociale, indotto dalla crisi e dai tagli alla spesa sociale, verso specifiche categorie di soggetti, i migranti, gli occupanti di case, chi protesta per le strade.

Nelle pieghe del decreto, infatti, recuperando lo spirito di un paio di proposte di legge presentate da alcuni parlamentari del centro-destra nella scorsa legislatura, vi sono anche delle norme che si occupano del blocco della circolazione su strade e autostrade. Viene reintrodotto il reato di blocco stradale (che era stato depenalizzato nel 1999), sanzionato, se il fatto è commesso da più persone, con la pena della reclusione da 2 a 12 anni. Di Maio (o meglio la Casaleggio), ha offerto ai rivoltosi francesi anche la famigerata piattaforma Rousseau, per aiutarli a sviluppare un vero e proprio movimento politico in vista delle prossime elezioni europee (il M5S infatti, dopo l’uscita dei nazionalisti di Ukip dall’europarlamento in seguito alla brexit, è alla disperata ricerca di nuovi alleati con cui costituire un nuovo gruppo parlamentare). Peccato che la repressione che pure questo movimento sta subendo in Francia è poca cosa rispetto a quella che subirebbe, sotto il punto di vista legislativo, un omologo movimento italiano che usasse le medesime modalità di protesta, alla luce degli ultimi provvedimenti voluti dal governo giallo-verde

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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