di Nicolas J.S. Davies e Medea Benjamin  

Una versione più breve di questo articolo è stata originariamente pubblicata da The Hill.

Quando l’amministrazione Trump si è ritirata unilateralmente dall’accordo sul nucleare iraniano nel maggio del 2018 e ha annunciato che avrebbe reimposto sanzioni contro il paese, l’Unione Europea (UE) ha dichiarato il suo impegno a preservare l’accordo e a trovare modi perché le sue imprese aggirassero le sanzioni statunitensi. Oggi, otto mesi dopo, gli europei hanno finalmente annunciato la creazione di INSTEX (Strumento di Supporto agli Scambi Commerciali) come sistema alternativo di pagamento in modo che le imprese europee possano concludere affari con l’Iran. Questo meccanismo potrebbe essere troppo poco e troppo tardi per salvare l’accordo sul nucleare iraniano, ma segna una pietra miliare in una transizione inevitabile di proporzioni epiche: la fine dell’egemonia globale del dollaro.

INSTEX è un meccanismo complicato, registrato in Francia e diretto da un banchiere tedesco, con azionisti dei tre paesi europei firmatari dell’accordo sul nucleare iraniano: Francia, Germania e Regno Unito. Inizialmente sarà utilizzato per scambi non sanzionabili, come medicinali, cibo e apparecchiature mediche, ed è anche probabile che attirerà solo imprese minori, non grandi società con una considerevole esposizione nei mercati statunitensi.

E’ stato un parto difficile durato otto mesi perché nessun paese voleva assumersi i diritti di paternità per timore di rappresaglie statunitensi. In effetti gli Stati Uniti hanno minacciato di divorarlo prima che nascesse.

Anche se altri paesi usano sanzioni economiche come armi in dispute internazionali, gli Stati Uniti sono il solo paese che impone sanzioni secondarie contro cittadini e istituzioni di paesi terzi. Il governo degli Stati Uniti usa il ruolo del dollaro quale moneta internazionale di riserva e il ruolo centrale di banche e istituzioni statunitensi nel sistema finanziario internazionale per mettere imprese di paesi terzi di fronte a un’insidiosa scelta alternativa: tagliare i rapporti commerciali con l’Iran (o la Russia, la Corea del Nord, la Turchia, eccetera) oppure perdere gli affari più redditizi con gli Stati Uniti e rischiare pene finanziarie in tribunali statunitensi. Per la maggior parte delle imprese la scelta è chiara.

L’economia iraniana è stata devastata con dozzine di imprese europee che hanno abbandonato accordi commerciali e investimenti che erano ripresi dopo la firma dell’accordo sul nucleare.

Non sono solo le imprese europee a essere balzate a bordo. L’Iran ha ricevuto cattive notizie anche dalla Cina. Il 20 dicembre la Banca cinese di Kunlun, che sin qui ha elaborato la maggior parte dei pagamenti cinesi per il petrolio iraniano, ha annunciato che si adeguerà interamente alle sanzioni statunitensi e smetterà di elaborare i pagamenti quando la sua attuale esenzione dalle sanzioni scadrà a fine aprile. La banca, la cui maggioranza è di proprietà della Società Petrolifera Nazionale Cinese (CNPC) sembra dare priorità ai suoi affari con gli Stati Uniti rispetto alle sue relazioni con l’Iran.

D’altro canto la CNPC ha sborsato un miliardo di dollari per acquisire la quota della Total di un contratto per sviluppare il giacimento di gas naturale iraniano Pars Sud, il più vasto al mondo, dopo che la società francese ha ceduto alle sanzioni statunitensi. Come in altre aree delle relazioni USA-Cina, la Cina sta chiaramente prendendo decisioni calcolate e sfumate su come reagire al regime delle sanzioni statunitensi e alle sue conseguenze.

Per il popolo dell’Iran la recente inclusione della Parsian Bank nella lista di 50 banche iraniane sottoposte a sanzioni statunitensi è stata particolarmente devastante. La Parsian Bank, la più grande banca del settore privato in Iran aveva gestito i pagamenti della maggior parte delle importazioni di cibo, medicinali e altre forniture umanitarie all’Iran. Questi articoli sono ufficialmente esenti dalle sanzioni statunitensi, ma il Washington Post ha scritto il 17 novembre che l’iniziativa statunitense contro la Parsian Bank stava già “soffocando le importazioni di medicinali”.

Il ministro iraniano degli esteri Zarif ha pubblicato su Twitter quattro lettere da compagnie farmaceutiche europee che annunciavano che avrebbero terminato le loro attività in Iran. L’Iran ha una vasta industria farmaceutica, ma molte delle materie prime sono importate. Una donna di Teheran ha detto al Washington Post che il farmaco di suo padre per la degenerazione maculare – della Bausch & Lomb in Canada – era già diventato difficile da trovare e che il prezzo era salito da 7 a 70 dollari.

Il pretesto statunitense per le sanzioni contro la Parsian Bank è una catena tortuosa di relazioni che collegherebbero la Parsian con la Basij, un’organizzazione paramilitare che opera da corpo di riserva e da forza di polizia sotto il comando del Corpo della Guardie della Rivoluzione iraniana (IRGC). La Basij controlla le dimostrazioni in Iran e alcuni suoi membri hanno combattuto con la forza d’élite Quds dell’IRGC in Siria. La Basij è meglio nota fuori dall’Iran per aver reclutato bambino anche dodicenni durante la guerra Iran-Iraq negli anni ’80 per lanciare un’”onda umana” di attacco contro le forze irachene. Oggi gruppi quali Human Rights Watch denunciano che recluta profughi afgani hazara (sciiti) anche di quattordici anni per combattere in Siria.

In un comunicato stampa intitolato “il Tesoro sanziona una vasta rete finanziaria di supporto alla forza paramilitare iraniana che recluta e addestra bambini soldato” il Dipartimento del Tesoro statunitense ha esposto la sua tesi per sanzionare la Parsian Bank come “parte del conglomerato economico della Basij”. Ma la Parsian Bank è solo esilmente collegata alla Basij attraverso uno dei suoi azionisti, la società d’investimento Andisheh Mehvaran, che il Tesoro afferma indirettamente di proprietà della Basij. Questo è come affermare che una società statunitense è colpevole ogni volta che uno dei suoi azionisti è accusato di un reato.

Anche se le sanzioni colpiscono gli iraniani comuni, i dirigenti statunitensi affermano che sono mirate a costringere il governo iraniano a tornare al tavolo per negoziare un accordo che vieti per sempre le armi nucleari, ponga fine a suo programma missilistico balistico e al suo sostegno a gruppi armati quali Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen. All’interno e all’esterno dell’Iran, tuttavia, le sanzioni statunitensi sono considerate parte di una più vasta strategia di cambiamento di regime, qualcosa di cui membri chiave dell’amministrazione Trump, tra cui il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, parlano apertamente.

Questa vittoria di breve termine dell’aver creato caos economico, tuttavia, non sta creando la scena per nuovi negoziati o provocando il collasso del governo. Tuttavia sta contribuendo a una crescente frustrazione internazionale per il fatto che gli USA possano usare il potere del dollaro e i loro sistemi finanziari e giudiziari per dire alle imprese di altri paesi con possono e con chi non possono fare affari. Questa imposizione della sovranità e del controllo statunitense su persone e aziende di paesi terzi provoca un profondo risentimento all’estero.

Come ha dichiarato a Business Week l’economista Jeffrey Sachs: “Europa e Cina hanno banche. Uno di questi giorni gli Stati Uniti rimuoveranno il dollaro dal suo ruolo internazionale”.  Già 87 paesi, compresi molti tradizionali alleati degli Stati Uniti, hanno aderito alla Asian Infrastructure Investment Bank a guida cinese, che opera indipendentemente dal sistema finanziario basato sul dollaro.

Il nuovo meccanismo dell’Europa per aggirare le sanzioni statunitensi può funzionare o no, ma la portata extraterritoriale delle sanzioni statunitensi contro l’Iran e altre nazioni sta certamente affrettando il giorno in cui il resto del mondo svilupperà un sistema finanziario multipolare che nessun paese possa usare come strumento illegittimo di potere imperiale. Questo costringerà gradualmente gli Stati Uniti a trovare un nuovo posto in un modo post-imperiale multipolare che non potrà dominare con la forza militare o la guerra economica.

Mentre i nostri illusi leader intensificano la loro guerra economica contro altri paesi, non ultimi Cuba e il Venezuela, è un buon momento perché gli statunitensi comincino a riflettere su come invece possiamo collaborare con tutti i nostri vicini a una transizione dolce, pacifica a un mondo multipolare sostenibile.

Medea Benjamin è cofondatrice di CODEPINK: Women for Peace e autrice di Inside Iran: The Real History and Politics of the Islamic Republic of Iran. Seguitela su Twitter @medeabenjamin.

Nicolas J S Davies è l’autore di Blood On Our Hands: the American Invasion and Destruction of Iraq. E’ ricercatore per CODEPINK: Women for Peace e giornalista indipendente per media indipendenti non industriali. 

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  https://zcomm.org/znetarticle/cia-in-venezuela-7-rules-for-regime-change/

Originale: Salon.com

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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