di Riccardo Carraro
Il tanto atteso documento redatto da tecnici e scienziati e una sentenza senza appello contro l’alta velocità in Valsusa. «La battaglia inizia ora – commenta Daniele Brait, attivista no Tav – Sappiamo che la vittoria arriverà solo quando il cantiere sarà smantellato».
È stata resa finalmente pubblica la tanto discussa analisi costi/benefici del raddoppio ferroviario Torino-Lione. Il risultato è quello che il movimento NO TAV denuncia da quasi 30 anni. L’alta velocità in Valsusa non è utile per la collettività e la valutazione economica determina un negativo variabile tra i 6 e gli 8 miliardi di euro a seconda delle diverse stime di crescita del traffico merci e passeggeri lungo la linea transfrontaliera.
Il governo gialloverde durante questi primi 8 mesi di governo si è nascosto opportunisticamente dietro questa analisi per prendere tempo rispetto alle proprie ambiguità interne. È nota infatti la divisione tra la Lega, da sempre favorevole all’opera in quanto vicina all’imprenditoria del Nord, e il Movimento Cinque Stelle, che ha ribadito spesso negli anni la propria opposizione al progetto. Accettando la posizione leghista i pentastellati dovrebbero ancora una volta negare quanto promesso al proprio elettorato, come è già successo per Tav Terzo Valico e TAP.
Lo scenario che si apre ora è ignoto. Non c’è alcuna certezza sugli sviluppi della vicenda, i passaggi successivi a questa analisi non sono stati né definiti né annunciati da parte del MIT né tantomeno dal governo. Toninelli si cela dietro un “deciderà il governo” come se fosse un’entità estranea non di sua competenza, mentre Salvini (che difficilmente ha conosciuto l’esito della valutazione solo stamattina) due settimane fa aveva chiaramente cercato di imporre la posizione della Lega con la visita al cantiere di Chiomonte e le fiere dichiarazioni sulla necessità dell’opera.
Scontate invece le reazioni del resto della lobby pro TAV presente in parlamento, con le dichiarazioni di Mariastella Gelmini (Forza Italia) che definisce l’analisi una “balla spaziale” e del PD che con Martina parla di “furia ideologica”.
È chiaro quanto questo fronte prevedesse questo esito e abbia pertanto lavorato per preparare il terreno contro il risultato, basti pensare al sostegno dato allo “spontaneo” movimento delle madamin pro TAV che da novembre 2018 in poi ha varie volte manifestato nel capoluogo piemontese. Sui 30 anni di lotta lotta contro l’alta velocità del movimento, invece, era stato “casualmente” silente.
Confindustria minaccia una fantomatica perdita di 50mila posti di lavoro non si sa sulla base di quali stime, mentre almeno per oggi tutti devono rimanere in silenzio sulle famose penali per la non realizzazione. Il documento, infatti, nonostante spieghi che “i molteplici profili evidenziati non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento” ribadisce chedipenderà dai soggetti in campo determinarle (quindi gli enti pubblici) e le include comunque nella valutazione finale. Foietta, capo dell’Osservatorio e commissario governativo per la realizzazione dell’opera, parla infine di “analisi truffa”
In realtà, come riportammo a suo tempo anche su Dinamo, già il governo precedente aveva ampiamente ammesso l’inutilità dell’alta velocità attraverso documenti interni resi pubblici a febbraio 2018, a pochi giorni dalle elezioni politiche.
Ora questa inutilità è sancita da una commissione indipendente di scienziati.
Il documento, infatti, è stato redatto da un gruppo di tecnici (perlopiù docenti universitari) guidati dal prof. Marco Ponti. Quest’ultimo aveva già definito l’opera inutile ma al tempo stesso aveva detto di “non avere alcuna simpatia particolare per gli abitanti della Valsusa”. Il documento sostiene a più riprese che il famoso beneficio ambientale in termini di riduzione di C02, da sempre sbandierato dai favorevoli all’opera, è trascurabile. Già mesi fa in questo articolo lo scienziato Luca Mercalli, aveva dimostrato che opere di questo tipo e di questa grandezza hanno un impatto sul clima così devastante da superare il beneficio della riduzione del traffico automobilistico.
L’analisi nel complesso conferma quanto il movimento aveva dimostrato attraverso infiniti supporti di tipo tecnico, scientifico e tecnologico in tutte le fasi di lotta di questi anni.
«La prima cosa che mi viene da dire è che la battaglia inizia ora – commenta Daniele Brait, attivista valsusino – Sappiamo che la vittoria arriverà solo quando il cantiere sarà smantellato, la valle sarà liberata dalla militarizzazione e il progetto sarà cestinato affinché nessun governo futuro possa riprenderlo in mano. Lottare per raggiungere tutto questo subito, senza nessuna esitazione, senza nessuna delega alla politica è il nostro obiettivo primario ora».
I media mainstream sono sempre stati i più grandi sostenitori della TAV. Soprattutto del quotidiano torinese La Stampa, sempre pronto a diffamare il movimento, e della Repubblica, che in questi mesi ha dato enorme visibilità alle madamin. Oggi anche questi organi di stampa devono riportare il parere di cinque scienziati che hanno lavorato per mesi all’analisi. Alcune testate cercano di fare dei distinguo, o sottolineano che uno dei sei scienziati che originariamente formavano la commissione non ha firmato il documento finale, ma sono comunque costrette a diffondere la notizia con un contenuto così netto e tagliente da non lasciare spazio a ombre.
«Fa sorridere vedere tutti questi giornali riportare finalmente le verità che noi sosteniamo da anni ma che loro hanno sempre negato in modo spudorato. Allo stesso tempo ridurre il tutto a una valutazione di impatto economico non può lasciarmi soddisfatto – continua Daniele – Ci sono gli impatti sociali, culturali, ambientali in senso lato che la valutazione economica non considera, dalla drammatica riduzione delle falde acquifere e la diffusione di amianto nell’aria a causa del tunnel, fino alle case che sarebbero distrutte se fosse costruita la ferrovia. Se ci siamo opposti all’opera è stato anche per difendere tutto questo.
Comunque è importante che finalmente venga reso pubblico che quell’opera non danneggia solo noi che viviamo in questa valle ma anche il cittadino siciliano che paga le tasse e vede sprecare i propri soldi in un’opera inutile e devastante che serve solo ad arricchire lobby e mafie».
«Va poi ricordato che in Valsusa in questi anni abbiamo costruito una comunità resistente, che sostiene le lotte dei migranti che vogliono andare in Francia, che si è organizzata per appoggiare la resistenza dei curdi in Rojava, che ha conosciuto personalmente chi lotta contro l’occupazione in Palestina – conclude Daniele – Questa comunità ha agito con metodi di lotta popolare che le hanno permesso di allargarsi e di essere inclusiva. Questa comunità ha imparato a vedere la propria lotta come parte di una resistenza molto più grande che va ben oltre i confini della valle e del paese. Per queste ragioni è difficile non rimanere scettici rispetto ai prossimi passi di un governo che si è dimostrato autoritario violento e reazionario nel suo attacco a chi è diverso, alle donne, ai migranti, a chi lotta per difendere i diritti».
I prossimi passi il movimento No Tav li ha già definiti dallo scorso novembre, lanciando una grande manifestazione nazionale unitariacontro le grandi opere e per la giustizia climatica che invaderà la città di Roma il 23 marzo.
La sfida sarà quella di scansare l’attendismo o la presunzione di essere “in salvo” e invece costruire reti e sinergie resistenti contro l’attacco predatore ai territori da parte dell’economia capitalista che il “governo del cambiamento” non sta minimamente mettendo in discussione. Quell’attacco ai territori, dicono nel documento di lancio del corteo del 23 marzo, contribuisce anche in modo significativo al riscaldamento globale che potrebbe mettere fine alla vita su questo pianeta. Anche per questo va fermato al più presto.