Pochissime minoranze nel mondo, soprattutto nel Medio Oriente, hanno visto il proprio antico sogno di indipendenza territoriale sperimentare così tanti alti e bassi, speranze e angosce, come i curdi. Se i vurdi hanno la loro parte di responsabilità nella propria frustrazione, dovuta a frammentazione, conflitti interni, diffidenze e alleanze e affiliazioni controverse, è anche vero che molti fattori, piani e interessi locali, regionali, nazionali e, a volte, internazionali, hanno ostacolato o addirittura bloccato la formazione di uno Stato curdo indipendente.
Con una popolazione stimata tra i 26 e i 28 milioni di persone in Kurdistan, 12 milioni in Turchia, 6 milioni in Iraq, quasi due milioni in Siria e 35 milioni nel resto del mondo – a milioni sono emigrati e si sono stabiliti soprattutto negli Stati scandinavi ed europei – il sogno curdo di un Kurdistan indipendente sopravvive, nonostante le ricorrenti battute d’arresto, le delusioni e il crescente sentimento, a volte sfociato in paranoia, di abbandono.
Il maggior risultato, finora, è stato lo sventurato referendum per l’indipendenza dall’Iraq del 25 settembre 2017, tenutosi nel cosiddetto Kurdistan iracheno. Questo tentativo è stato stroncato sul nascere a causa delle pressioni derivanti da diversi Paesi, dalla Turchia e dall’Iran in primis. La Corte Suprema Federale dell’Iraq ha invalidato il referendum a novembre 2017, ha decretato che la mossa curda era incostituzionale e così il più ambizioso passo verso l’indipendenza della provincia curda nel Nord dell’Iraq è miseramente fallito.
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